Libia. Ancora problemi per il settore petrolifero tra milizie, furti e mancanza di liquidità

di Vanessa Tomassini

Il presidente della National Oil Corporation (NOC), Mustafa al-Sanallah, ha confermato ieri che l’istituto sta facendo del suo meglio per evitare perdite per il settore petrolifero, a causa del ritardo nella sua offerta di liquidità che mette a rischio i piani di sviluppo della compagnia libica nazionale. Martedì in una riunione con il capo dei Porti e dei Trasporti marittimi, Omar Aljouachi, e con il capo del Dipartimento delle dogane, Mohammed Nouri, ha spiegato che la NOC sta cercando di rafforzare la cooperazione con tutte le stazioni portuali per salvaguardare gli interessi della società dopo le proteste nei giorni scorsi delle guardie degli impianti petroliferi, Paetroleum Facility Guard (PFG) nella Libia meridionale, che hanno comportato lo spegnimento degli impianti di El Feel. Tuttavia la mancanza di liquidità e le proteste della PFG per il mancato pagamento dei salari da parte del Governo di Accordo Nazionale, non sarebbero gli unici problemi a cui la compagnia deve far fronte.
Secondo alcune nostre fonti infatti il capo della NOC, Mustafa al-Sanallah, avrebbe recentemente contattato l’ambasciatore canadese chiedendo assistenza per dare alla compagnia petrolifera libica un impulso attraverso un contratto milionario con la società canadese Walton, che aveva presentato alcune offerte, rifiutate precedentemente. Ciò sarebbe avvenuto non solo nel tentativo di salvaguardare gli interessi dei libici, ma anche in seguito ad alcune minacce da parte di alcune milizie riconducibili ad Haitham al-Tajouri e Hashim Bishir ad un membro del Consiglio di amministrazione del colosso petrolifero.
Secondo la stessa fonte, che preferisce rimanere anonima per ovvi motivi, gli stessi gruppi guidati da al-Hadi Ouaynat, Omar Jarnaz e Mohammed al-Bakbak avrebbero recentemente rapito il ministro dei Trasporti, Milad Matouk, per impedirgli di portare avanti un contratto firmato con un gruppo di società italiane che mira alla riapertura dell’aeroporto civile di Tripoli, forzandolo a contrattare, invece, con la società Injaz. Il consigliere di stato Abdulrahman al-Shater ha dichiarato che i contratti dei progetti a Tripoli vengono siglati usando la forza delle armi. In un commento sul suo account Twitter ha scritto che “I file dei contratti sono aperti con le pistole e coloro che hanno il potere sono in grado di cancellare i contratti in conformità con la legge e attraverso gli organismi di regolamentazione statale”. Un membro del Consiglio di Stato ha interrogato il capo del Consiglio presidenziale, Fayez al-Sarraj, sul perché il progetto del terminal aeroportuale di Tripoli non era ancora stato lanciato nonostante il contratto fosse stato firmato otto mesi prima e sarebbe potuto essere completato già due mesi fa.
Infine a mettere ancora di più in difficoltà il settore petrolifero è il furto e contrabbando di olio e gas. Proprio ieri le pattuglie del 139mo battaglione di al-Jafra hanno sequestrato una grande quantità di carburante ed oltre 400 bombole di gas da cucina su di un camion diretto verso sud. Il battaglione hanno notato il mezzo pesante all’altezza della porta orientale della città di Dan, le bombole erano nascoste da mattoni ed altro materiale. Il contrabbandiere, che è stato immediatamente fermato, ha confermato che la merce sequestrata era destinata non solo nel profondo sud, ma anche oltre il confine meridionale. Anche la procura di Catania lo scorso ottobre aveva rivelato una maxi inchiesta riguardante furto di petrolio dalla Libia rivenduto in Italia ed Europa.