Libia. C’è ancora troppo da fare nel sud

di Vanessa Tomassini – 

“La Libia meridionale è una terra desertica e montuosa con molte buone e potenziali opportunità di investimento e occasioni attraenti per l’espansione e l’investimento. Il sud ha tantissime risorse minerarie grezze e rappresenta una buona opportunità per lo sviluppo sostenibile, per il petrolio, il gas e le rotte commerciali verso l’Africa e viceversa. Queste possibilità sono state trascurate ed il suo totale abbandono è iniziato già molto tempo fa, durante gli anni del precedente regime”. A dirci questo è Osama al-Wafi, giornalista libico e portavoce del Sebha Medical Center, l’unica struttura ospedaliera presente nel sud della Libia di cui Notizie Geopolitiche aveva già parlato per il suo ruolo fondamentale nelle rotte migratorie del Mediterraneo centrale.
“Non ci sono posti di lavoro, ad eccezione di quelli statali, nell’esercito o nella polizia. Non ci sono investimenti esteri o nazionali. Non ci sono altre opportunità di lavoro, per questo tante persone devono partire ed andare a vivere lungo la costa per lavorare lì. Non ci sono luoghi di intrattenimento per i giovani, per donne e bambini, i giacimenti petroliferi sono spesso gestiti da compagnie europee che non si preoccupano dello sviluppo dell’area”. Ci spiega Osama, aggiungendo che “le persone vivono senza i mezzi necessari, abbandonate sia dal precedente regime, sia dai governi successivi che hanno speso milioni nel sud della Libia, ma senza risultati netti. Molti giovani qui rifiutano la realtà, promuovendo il traffico di droga, il contrabbando e facendo abuso di alcol, anche se molti restano fedeli alle loro tribù e alla loro patria”.
L’Iom, l’agenzia delle Nazioni Unite per i migranti, sta cercando di risolvere questo tragico scenario, trovandosi spesso ad operare in totale assenza di sicurezza. Basti pensare che di recente i media locali parlavano del rapimento di due operatori dell’associazione umanitaria, poi rilasciati. In questo quadro, Iom ha costruito tre campi da calcio nei distretti di Sabha e Al Qatroun, consegnati agli inizi di gennaio, per fornire spazi pubblici più sicuri e accessibili ai giovani e ai bambini. Dall’inizio della crisi nel 2011, l’insicurezza è stata dilagante nell’area del Fezzan, dove la situazione instabile è aggravata dalla carenza di servizi di base, dalla mancanza di stato di diritto dal vuoto lasciato dalle istituzioni.  Attraverso incontri locali, le comunità di Sabha e al-Qatroun hanno sollevato la necessità di spazi pubblici dove i giovani possano praticare sport in sicurezza, indipendentemente dal loro background etnico o tribale. È noto a tutti infatti che gli spazi ricreativi e lo sport rappresentano una grande risorsa per il sostegno psicosociale ai giovani in conflitto, contribuendo anche a combattere la radicalizzazione. Il calcio è uno degli sport più popolari in Libia, ma la maggior parte dei quartieri nei distretti di Sabha e Qatroun sono privi di impianti sportivi. Ad esempio, i giovani del Tayouri in Sabha, incluso il gruppo etnico di Tibu e Tuareg, sfollati interni e migranti, solitamente erano costretti a percorrere lunghe distanze su rotte altamente insicure attraverso aree ancora pesantemente colpite dal conflitto in corso per raggiungere il club sportivo più vicino. Ora secondo quando riporta Iom, più di 5.000 giovani sono in grado di godersi una partita di calcio in sicurezza, vicino a dove vivono, nei tre nuovi campi. Tuttavia, molto resta ancora da fare. Per quanto riguarda la salute, ad esempio, il portavoce del Sabha Medical Center ci ha spiegato: “continuiamo a lavorare in situazioni di non sicurezza, con conflitti e incendi”. “La nostra amministrazione ha lavorato molto per non chiudere il centro – ha aggiunto – continuiamo a lavorare per 500.000 cittadini, così come per i migranti e i residenti di altre nazionalità. Riceviamo supporto dalle organizzazioni internazionali, ma ci auguriamo che questo supporto, anche economico, possa aumentare in quanto un gran numero di cittadini non può andare in cliniche private perché non ha le risorse necessarie”.
La Libia a causa dell’inadeguatezza delle sue istituzioni, risulta sempre più una realtà tribale, dipendente dai suoi distretti e governi locali che stanchi della corruzione e della criminalità diffusa non chiedono altro che unità e riconciliazione. Basandosi sulle attività dello scorso anno, il 2018 secondo Iom e le altre organizzazioni umanitarie vedrà una crescente attenzione all’impegno dei giovani e agli eventi sociali a loro indirizzati con l’obiettivo di riunire varie tribù, famiglie e origini a sostegno della coesione e della stabilità della comunità nella Libia meridionale.