Libia. I Fratelli Musulmani faranno parte del nuovo processo politico? Lo abbiamo chiesto al leader Mohamed Sowan

di Vanessa Tomassini

Il Partito Giustizia e Costruzione, o Partito di Giustizia e Sviluppo, rappresenta la Fratellanza Musulmana in Libia. Il gruppo che sembrerebbe abbracciare l’islamismo, ossia rifarsi alla legge islamica della Sharia, è stato fondato ufficialmente il 3 marzo 2012, a Tripoli. Il ramo dei Fratelli Musulmani era già presente nell’ex colonia italica dal 1949, ma non ha mai potuto operare realmente fino alla guerra civile del 2011, che portò alla caduta del regime. Il portavoce dei Fratelli Musulmani, Mohamed Gaair, aveva dichiarato l’anno dopo la morte del rais Muhammar Gheddafi che il partito era nato, malgrado mancasse una giurisdizione che regolamentasse l’istituzione di partiti politici, dopo una conferenza alla quale parteciparono 1.400 rappresentanti di oltre 18 città libiche. A capo del gruppo fu scelto l’ex prigioniero politico Mohamed Sowan, di Misurata, che ancora oggi ne tiene le redini. All’epoca Misurata, era un vero e proprio focolaio di violenza e rappresentò una delle maggiori città ostili a Gheddafi durante la guerra civile. Tutt’oggi la sua gente è considerata diffidente verso le istituzioni del governo centrale, dopo la richiesta di un governo separato della ricca regione petrolifera della Cirenaica. Durante il periodo della Jamahiriya Araba Libica molti dei leader della Fratellanza Musulmana, come Sowan, sono stati imprigionati nelle carceri gheddafine o mandati in esilio. È per questo che tra i suoi sostenitori ci sono diversi ribelli e ricchi espatriati libici, che sono tornati in patria solo dopo le rivoluzioni. Nel 2012, Giustizia e Costruzione ha corso alle elezioni del Congresso nazionale generale lLibico raccogliendo il 10% di voti ed ottenendo 17 posti in congresso su 80, affermandosi di fatto come il secondo partito nazionale, preceduto solamente dalle Forze del Fronte Nazionale. Malgrado la Fratellanza Musulmana sia considerata un’organizzazione terroristica dai governi di Bahrein, Egitto, Russia, Siria, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, il partito di Giustizia e Costruzione in Libia si propone – almeno ufficialmente – come riformatore e moderato. Nei recenti discorsi alla stampa il Rappresentante speciale della Missione delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL), Ghassan Salamè, parlando della nuova “road-map” per giungere alla stesura di una nuova costituzione e di conseguenza a legittime elezioni entro il 2018, ha affermato che il processo politico è aperto a tutti, ad eccezione delle forze islamiste che abbracciano la violenza, che si autoescludono. Così per capire quale sarà il ruolo dei Fratelli Musulmani in questo processo, lo abbiamo chiesto direttamente a Mohamed Sowan.

– Signor Sowan, come valutate le relazioni tra la Libia e l’Italia?
L’Italia è un Paese molto vicino e molto legato alla Libia, con una serie di relazioni grandi e profonde, che potranno avere l’occasione di evolvere in futuro. La stabilità della Libia è troppo importante per l’Italia e per i Paesi della zona. Abbiamo notato un forte impegno italiano per la stabilità della Libia e ci aspettiamo un ruolo ancora più grande per uscire dalla crisi”.

– Che cos’è la Fratellanza Musulmana? Che rapporti ha con Daesh ed al-Qaeda?
La Fratellanza è un movimento moderato riformatore che crede nel processo politico e democratico, nell’accettazione dell’altro e nella pacifica convivenza tra civiltà e religioni. È sbagliato confonderlo con movimenti così radicali”.

– Quali sono oggi i suoi alleati politici?
Per il momento siamo ancora in una fase costruttiva di un processo politico competitivo che fino ad oggi non è stato avviato correttamente, per questo motivo stiamo lavorando con tutte le forze politiche per raggiungere gli obiettivi generali comuni e per avviare tale processo”.

– Crede che correrete per le elezioni?
Quando arriverà il momento di partecipare, vedremo cosa deciderà il partito. Per ora, come le dicevo, siamo impegnati a porre fine alla divisione politica, a porre fine ai combattimenti per il raggiungimento della stabilità”.

– Qual è il vostro programma politico?
In passato, non abbiamo avuto modo di assumere il governo del Paese. Lavoriamo attraverso la nostra partecipazione al processo politico come il più grande gruppo al Consiglio supremo di Stato e attraverso la nostra partecipazione al Consiglio Presidenziale di Tripoli. Come leader del partito ho creduto nel successo della firma dell’accordo di Skhirat. Attraverso questo, stiamo lavorando per smettere di combattere, per l’abbandono delle armi e spingiamo per l’adozione del dialogo, che crediamo sia l’unica opzione per uscire dalla crisi e, in linea di massima, siamo riusciti con il resto delle parti a raggiungere questo obiettivo”.

– Qual è la vostra opinione sul generale Khalifa Haftar?
Haftar ha danneggiato il processo politico annunciando il congelamento della dichiarazione costituzionale ed è emerso di recente il suo coinvolgimento in esecuzioni sommarie che lo rendono colpevole di crimini di guerra. Il suo progetto è la militarizzazione dello Stato, con il sostegno di quei Paesi della regione, che sono ostili alla democrazia come l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti”.

– Ha un programma per risolvere la situazione nel sud? Ma soprattutto come crede si possa fermare l’immigrazione clandestina?
Il sud necessita della fornitura di servizi essenziali come sicurezza e lotta contro il contrabbando e l’immigrazione illegale, si può raggiungere questo lavorando insieme, vediamo che bisogna contare e dare appoggio ai comuni e alle amministrazioni locali, evitando la centralità per distribuire i servizi e sviluppare le zone di confine. È necessario usare la tecnologia per controllare l’immigrazione e i trafficanti, la Libia è un Paese di passaggio e non può assumersi da sola la responsabilità per la crisi migratoria”.

– Come valuta la nuova “road-map” proposta dal rappresentante speciale Unsmil, Ghassan Salamè?
Innanzitutto l’accordo politico richiede la sua esecuzione e non la modifica. Tutti, compresa anche la comunità internazionale, sanno che c’è una piccola parte del Parlamento ostracizzante e questo gruppo di parlamentari sta con il generale Haftar e approfitta dell’appoggio egiziano e degli Emirati. La nuova road-map, proposta da Salamè, non deve assolutamente soddisfare questa parte del Parlamento. A parte questo, credo che le idee di Salamè siano positive, a condizione che trovino tutto l’appoggio necessario per essere applicate senza escludere nessuno e la cosa più importante è procedere velocemente nel progetto della costituzione e giungere quanto prima al voto per uscire dalle successive fasi transitorie”.