a cura di Vanessa Tomassini –
Resta difficilissima la situazione a Tripoli, con scontri continui di milizie che cercano di contrastare il governo riconosciuto dalla comunità internazionale. La situazione è a tal punto compromessa che lo scorso 13 gennaio il ministro della Difesa del Governo di Accordo Nazionale, al-Mahdi al-Barghathi, è scampato ad un attentato terroristico presso la sua abitazione. Non sono tempi ottimali per ricoprire un ruolo di governo oggi in Libia, e chi accetta di assumersene l’onere e l’onore lo fa a rischio della propria vita e della propria reputazione, in questo caso per gli attacchi politici che arrivano a 360 gradi. Lo stesso al-Barghathi era stato sospeso di recente dal suo incarico per un suo ipotetico coinvolgimento nel massacro di civili nella città Barak al-Shati, nel sud della Libia, ma a Notizie Geopolitiche ha spiegato che “Sono stato nominato ministro della Difesa, che includeva l’accordo basato sulle quote che erano state fatte per rappresentare la forza militare che combatteva a Bengasi sul campo. Sono un membro della tribù al-Awaqir, ma questa forza proveniva da tutte le aree della Libia e ha combattuto il terrorismo in circostanze difficili, mentre i carri armati della Brigata 204 hanno preso d’assalto il battaglione Rafallah al-Sahati e il campo di Quaresh supportati dalla corrente islamista. Ho accettato questa posizione per preservare l’unificazione del suolo libico e l’istituzione militare. Nonostante le difficoltà e malgrado il governo di riconciliazione non fosse riconosciuto nella regione orientale, sono andato a Tripoli per dimostrare a tutti che il governo include tutti Libici. Riguardo alla sospensione come ministro sullo sfondo del massacro di Barak Shati, deve sapere che è stata istituita una commissione di inchiesta legale, comprendente sia il ministro della Giustizia, che il ministro degli Interni. Il lavoro del comitato è durato solo due settimane dalla data di costituzione. Sfortunatamente, fino ad oggi, i risultati dell’indagine non sono stati ancora annunciati. Questo è ciò che fa nascere domande alla gente, e quindi ho chiesto al ministro della Giustizia una lettera ufficiale in cui vengano dichiarate quali siano le mie responsabilità. Ci tengo a precisare che io non ho nulla a che fare con quel massacro, quello che è stato detto è soltanto una macchinazione politica. Noi, al ministero della Difesa, stiamo combattendo contro il terrorismo e non contro la nostra stessa gente, in nessuna circostanza“.
– Sappiamo anche che ha guidato personalmente le forze del governo di riconciliazione a Sirte e Bengasi contro il sedicente Stato Islamico di Siria e Iraq, ci può raccontare questa esperienza?
“Sì, la battaglia a Bengasi ha portato i nostri figli arruolati negli apparati militari e il nostro popolo a schierarsi nella lotta contro il terrorismo, per la quale sono morti i migliori giovani della Libia. Sono stato il più grande sostenitore della sala operativa di Sirte per eliminare l’organizzazione terroristica, Sirte era la più grande roccaforte di Daesh in Libia! Abbiamo rotto le loro baracche a Bengasi e poi a Sirte. Le Nazioni Unite stanno attualmente lavorando per smilitarizzare e rimpatriare le persone sfollate nelle loro città“.
– Stando a quanto riportato da diverse fonti lei ha anche fatto parte di al-Karama (Operazione dignità, ndr.) nel 2014 con il generale Khalifa Haftar. Cosa è successo con lui?
“L’operazione dignità vedeva partecipi tutti i nostri giovani sotto la guida delle nostre tribù. Era per autodifesa dopo che gli estremisti assassinarono molti giovani arruolati nell’esercito e nelle forze di sicurezza, al-Karama è stato il nucleo della lotta al terrorismo in Libia finché i militari non hanno iniziato ad occuparsi di politica. Questo non ha impressionato il sistema militare né tantomeno i leader a Bengasi, quindi sono stato scelto perché sono un compagno d’armi e sono stato con loro nelle circostanze più difficili“.
– Dopo tutte queste esperienze pensiamo che lei conosca molto bene il suo paese: come vede le prossime elezioni?
“Penso che alla luce di questo peggioramento della situazione della sicurezza, della divisione politica e della disintegrazione delle istituzioni, senza una legge elettorale o una legge sui partiti e senza che il popolo si esprima sulla Costituzione, le elezioni possano aggiungere solamente sale alla ferita. Penso che il signor Ghassan Salamè (Inviato speciale della Missione in Libia delle Nazioni Unite, ndr.) possa accertare la situazione dei libici nella regione occidentale, nel nord e nel sud in qualità di istituzione nazionale che non si occupa di questioni politiche e il cui compito è quello di proteggere il paese e le frontiere, essendo sotto la leadership civile e sostenendo la completa riconciliazione nazionale.
Consiglio al signor Salamè di utilizzare i vecchi ufficiali dell’establishment militare, da tutte le regioni della Libia, come un organo consultivo per l’unificazione dell’esercito libico per quello che chiamano il rispetto e la disciplina, in modo che la costruzione dell’esercito sia sana e patriottica. L’esercito libico è un’istituzione di vecchia data, c’è lealtà e rispetto da parte di tutti i suoi figli. Ma le agende politiche internazionali e gli interventi stranieri lo hanno portato a battaglie collaterali non necessarie; l’unica sfida per l’esercito è quella di combattere il terrorismo e proteggere i confini dopo la sua unificazione e organizzazione sotto la supervisione delle Nazioni Unite e dei leader dei giovani del sistema militare“.
– Continuiamo a vedere questo flusso incontrollato di migranti dai paesi sub-sahariani, di cui la Libia è la prima vittima. Cosa sta facendo l’esercito libico?
“Il punto è la mancanza di sostegno finanziario internazionale al ministero della Difesa, ma la crisi migratoria è un problema internazionale in quanto la Libia è solamente terra di passaggio. Ha bisogno di sforzi internazionali, di sicurezza, di sviluppo e di un accordo tribale complessivo che lo risolva all’origine attraverso soluzioni di accoglienza come un alloggio temporaneo che ne riduca l’impatto. Tuttavia gli scontri e i gravi conflitti tra le istituzioni, ma soprattutto la loro incoerenza, minerà ogni sforzo da parte del ministero della Difesa. Pertanto la riconciliazione globale e lo sviluppo dello stato sono la soluzione a tutti i problemi. Nonostante tutte queste condizioni, la sofferenza e la mancanza di riconoscimenti, ho seguito personalmente le attività di manutenzione delle imbarcazioni libiche danneggiate (della Guardia costiera, ndr.) utilizzate per prevenire l’immigrazione verso i paesi europei via mare“.