Libia. Necessari 150mila militari ed aiuti economici indiretti per stabilizzare il paese

di Marco Pugliese

La situazione libica ha ormai intrapreso una piega assolutamente catastrofica. Missioni come quella italiana e altre minori operazioni da parte di Francia, Gran Bretagna ed Usa non sembrano essere in grado di capovolgere l’instabile “scatolone di sabbia”. La Libia, cosi come la conosciamo, fu creata a tavolino dagli italiani. Dopo aver sconfitto i turchi nel 1912, l’Italia cercò di riunire le tribù libiche, assai anarchiche anche durante il dominio ottomano.
Il fascismo cercò di ricomporre il puzzle libico tramite una riconquista militare, e dopo la guerra arrivò Italo Balbo. Con il nuovo governatore si tentò una vera e propria costruzione d’infrastrutture che permettessero alla colonia d’essere una “piccola Italia”. Il piano di costruzione venne interrotto dalla guerra. Dopo il 1945 sulle infrastrutture italiane il nuovo stato libico ebbe la possibilità d’emanciparsi per gradi e sempre forte rimase la presenza italiana. Con la Rivoluzione verde di Gheddafi cambiò tutto, italiani cacciati e creazione d’un regime che si cibava di sentimenti anti coloniali.
In realtà però il leader libico utilizzò questo genere di campagna per essere forte sul fronte interno. I rapporti con l’estero invece misero l’Italia al primo posto, gli interessi italiani, petroliferi ed energetici rimasero immutati. Cambiarono le formule. Gheddafi infatti barattava infrastrutture per greggio e gas. La commedia tra alti e bassi, tensioni con gli Usa ed accordi con l’Italia si concluse nel 2011. Da quel momento la Libia divenne un non paese a rischio divisione, politica e militare. Qualcuno ipotizza una divisione tra Italia, Francia e Gran Bretagna. Una soluzione rischiosa e forse perfino controproducente per il nostro paese. Svariati esponenti politici italiani, tra cui Fini e Casini hanno proposto un piano per riportare la Libia ad essere paese. Una sorta di piano Marshall di ricostruzione. Come attuare ciò? Il progetto in realtà non sarebbe di facile attuazione: sarebbe necessaria una presenza militare in loco (stimati circa 150mila uomini) ed una efficiente gestione amministrativa (governatori civili, responsabili economici e sistema di polizia).
Il modello iracheno e afgano non hanno portato a grandi successi, in questo caso il coinvolgimento libico dovrebbe essere più sinergico. Perchè 150mila uomini? Strategicamente servirebbero per disarmare la miriade di tribù libiche, in seconda battuta sarebbero necessari per occupare e gestire i porti. A questo andrebbe aggiunto un pattugliamento dei confini occidentali del paese, fondamentale per bloccare i flussi migratori provenienti dall’Africa Occidentale (e in questo caso la Francia dovrebbe intervenire seriamente). Dal disarmo al blocco dei traffici illegali d’esseri umani passando da una completa rinegoziazione dei contratti energetici e petroliferi. Una percentuale andrebbe in ricostruzione.
Questa la diversificazione con il piano Marshall: non aiuti economici diretti ma indiretti ed in grado di sviluppare una struttura paese. Chi dovrebbe occuparsi di questa transizione? Quale dei due governi ora in carica dovrebbe cedere il passo? Il nodo è questo. Gli occidentali devono svincolarsi dai due rappresentanti governativi e proporne un terzo, che rappresenti la trasversalità delle costellazioni tribali libiche. Senza questo passaggio il paese rimarrà instabile ed in piena balia tribale, che di fatto controlla anche il traffico d’esseri umani che poi si riversa nel Mediterraneo. In questo momento la tensione tra Francia ed Italia nel paese è altissima, forse in cuor loro i governi auspicano una Libia divisa in controllo militare. Ma lo stallo a cosa è dovuto? A Parigi come Roma la questione è elettorale. In Italia lo spartiacque è il referendum, per agire in Libia ci vuole un governo forte ed opinione pubblica convinta, in Italia in questo momento il malcontento è elevato ma non riconducibile alla Libia. In Francia la situazione è simile, si aspetta la primavera che porterà nuove elezioni. Nel frattempo è possibile le cifre dei flussi aumentino, l’attività sulle coste libiche appare intensificata. I prossimi mesi e le prossime chiamate elettorali saranno decisive anche per lo scenario libico, apparentemente in binario morto, in realtà al centro delle future politiche d’Italia e Francia.