Libia. Se per lavorare servono tre passaporti…

di Vanessa Tomassini

Il continuo intercambio di governi in Libia dopo la guerra civile del 2011, oltre a causare i problemi che tutti sappiamo dal punto di vista della legalità e sicurezza, ha causato ai cittadini non poche difficoltà anche dal punto di vista burocratico.
È il caso della moglie di un dirigente di un istituto finanziario arabo. La signora che abbiamo deciso di chiamare Sofia per tutelare la sua privacy è nata in Siria, ma per ragioni di lavoro vive in Libia ed è costretta a viaggiare spesso per lavoro.
Se c’è chi si ritrova, magari per ragioni politiche o di inimicizie, a non avere un visto o un passaporto valido, beh la signora Sofia ne possiede ben tre. Il primo è stato rilasciato dal ministero degli Affari Esteri all’epoca del governo di Zidan nel 2014, con scadenza nel 2018. Con l’ascesa del nuovo Congresso nazionale è stato necessario richiedere un nuovo passaporto, che è stato emesso nel 2015 e scadrà a maggio del 2019.
Il congresso nazionale è stato sostituito nel 2016 dal governo di Accordo nazionale, ed è per questo che quest’anno Sofia ha ottenuto il suo terzo passaporto diplomatico, valido fino al 2021.
Non sappiamo se i passaporti le siano stati ritirati, o annullati, considerando il fatto che una persona che abbia più passaporti potrebbe rappresentare un grosso problema in termini di sicurezza internazionale e anti-terrorismo. Ad ogni modo la signora siriana è già pronta a richiedere il suo quarto passaporto, dal momento che nel 2018 si dovrebbero tenere in Libia nuove elezioni.
A causa di questi problemi di protocollo, lo scorso 25 settembre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per la sicurezza nazionale ha vietato ai cittadini libici di far ingresso nel Paese. In questo quadro, anche la maggior parte dei Paesi arabi, ad eccezione della Tunisia, ed africani hanno introdotto il visto d’ingresso per il popolo libico, facendo così venir meno quell’idea di “pan-Africa” fortemente sostenuta dal defunto rais Muhammar Gheddafi nella sua teoria delle masse, che promuoveva l’abolizione dei cosiddetti “confini artificiali”.