Libia. Viavai di armi nonostante l’embargo. E c’è chi lo vorrebbe togliere

di Vanessa Tomassini

Il ministero dell’Interno del Governo di Accordo Nazionale ha emesso ieri una nota in cui afferma che “il fenomeno della proliferazione delle armi in Libia rappresenta una grande minaccia per lo svolgimento pacifico della vita civile, alla luce degli scontri tra milizie che si ripetono di volta in volta”. “Questo fenomeno – aggiunge il Ministero – porta ad un deterioramento della situazione di sicurezza, all’instabilità contribuendo all’alimentazione dei conflitti, che rappresentano la più grande minaccia per la vita dei civili”. La nota ha poi spiegato che alcuni cittadini si sono rifiutati di consegnare le loro armi alle forze di sicurezza dello stato, contribuendo di fatto alla continuazione del conflitto, trascinando il paese verso l’instabilità.
La dichiarazione, diffusa su Facebook, afferma anche che “la proliferazione delle armi è fonte di violenza è ostacolo alla ricostruzione, come confermato dalle Nazioni Unite nei suoi rapporti sulla Libia”, sottolineando “la necessità di contrastare il flusso di armi in Libia e di punire coloro che la violano”. Ha aggiunto infine che l’accesso della Libia ai ranghi dei paesi sviluppati può essere raggiunto solo fornendo opportunità di lavoro per i giovani e lo sviluppo di politiche che sponsorizzano questo segmento, guidandoli verso la scienza e la conoscenza.
Ironia della sorte vuole che la dichiarazione del ministero dell’Interno libico arrivi poco prima della visita del vicepresidente del Consiglio dello stesso Governo di Accordo Nazionale, Ahmed Maiteeq, a Roma. Il vice di Fayez al-Serraj ha infatti dichiarato, durante la conferenza stampa congiunta col vice primo ministro italiano, Matteo Salvini, che “la Guardia Costiera libica non ha i mezzi necessari per contrastare l’immigrazione clandestina adeguatamente, per via dell’embargo sulle armi”. Il capo del Viminale ha risposto che l’Italia farà di tutto affinchè “venga rimosso, perché i trafficanti di esseri umani e di armi si disinteressano dell’embargo”. Salvini ha poi aggiunto che “dall’Ue per il momento ci sono tante belle parole ma poco altro. Speriamo di riuscire a stimolare le coscienze europee su questo”.
Si ricorderà che la Guardia Costiera libica è sottoposta al controllo del ministero della Difesa libico che al momento risulta sospeso per la strage di Brack al-Shati per cui il Consiglio presidenziale ha disposto una commissione di inchiesta, i cui risultati non sono ancora stati resi noti sebbene sia passato oltre un anno. Va anche detto che diversi membri della Guardia Costiera libica sono direttamente coinvolti nel traffico di esseri umani e contrabbando di petrolio, come ci ha confermato lo stesso comandante delle motovedette della Guardia Costiera libica, Abu Ajila Abdelbari, in una recente nostra intervista. In questo quadro, lo scorso 7 giugno, il Consiglio di Sicurezza ha inserito Abdul Rahaman al-Milad, capo di una unità della guardia costiera, nelle liste sanzionatorie delle Nazioni Unite per traffico transnazionale.
E’ opportuno dire inoltre che il pannello degli esperti delle Nazioni Unite ha documentato più e più volte gravi violazioni dell’embargo alla Libia. Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno fornito diversi convogli armamentari all’esercito orientale di Khalifa Haftar, l’Italia è stata accusata di fornire armi alla guardia presidenziale e alle milizie islamiste, spacciati per aiuti umanitari. Gravi violazioni sono state registrate anche da parte di Russia, Arabia Saudita e Turchia. Proprio dal porto di Mersin, in Turchia, proveniva la nave Andromeda, intercettata lo scorso gennaio dalle autorità greche e sequestrata per il trasporto di grandi quantità di esplosivo. In passato sono stati resi noti contratti milionari, tra compagnie straniere e il ministero della Difesa ed il Consiglio presidenziale del Governo di Accordo Nazionale, per la fornitura di armi e tanker.
L’ultimo rapporto degli esperti di 299 pagine ha anche dimostrato che le armi hanno continuato a essere illegalmente trasferite da e verso la Libia su base regolare. Mentre i flussi in uscita hanno continuato ad essere moderati, consistenti principalmente in armi leggere e di piccolo calibro, il materiale che entra in Libia è stato di natura sempre più sofisticata. Anche l’assistenza esterna ai gruppi armati in termini di sostegno diretto, formazione e assistenza tecnica è aumentata. Il rapporto ha anche documentato una rete di armi italiana accusata di contrabbando in Libia. La polizia italiana ha arrestato tre cittadini italiani nel gennaio 2017 accusati di contrabbando di elicotteri e armi, inclusi missili terra-aria, fucili d’assalto e missili anticarro, in Libia e nella Repubblica Islamica dell’Iran, tra il 2011 e 2015. Il caso è ancora oggetto di un processo legale in corso in Italia e il gruppo degli esperti continua a indagare.
Non va poi dimenticato il coinvolgimento francese in Libia, il rapporto delle Nazioni Unite afferma che “la presenza del personale militare francese in Libia è stata pubblicamente riconosciuta dal Ministero della Difesa di Francia, in seguito alla morte di tre agenti in un incidente dell’elicottero della LNA vicino alla città di Bengasi. Si dice che i tre soldati fossero stati in una missione di raccolta di informazioni nell’est della Libia. La Francia ha dichiarato al gruppo di esperti scientifici che le sue attività militari in Libia sono conformi al diritto internazionale”. Il gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha anche riferito sullo sviluppo dell’aeronautica di Misurata e delle sue indagini relative alle capacità di trasporto aereo e ai mercenari. Gli attacchi aerei della base aerea di Misurata sono continuati dal 2016. Due aerei da caccia Mirage F1 erano operativi e sono stati pilotati da almeno tre piloti stranieri che agivano da mercenari. Secondo quanto riferito, sono volati da marzo fino alla terza settimana di luglio 2016. Uno di loro è morto schiantandosi con il suo aereo si è schiantato il 2 giugno 2016, dopo aver effettuato un raid contro l’ISIL a Sirte. Dopo l’incidente solo un Mirage F1 a Misurata è rimasto operativo. Mentre il gruppo di esperti scientifici è stato in grado di identificare il pilota deceduto, si trattava di un cittadino del Portogallo e residente in Germania, quest’ultimo non ha fornito informazioni che avrebbero potuto aiutare a divulgare i lead rilevanti sulle entità che lo avevano contratto e avevano pagato per i suoi servizi in Libia.
Riguardo alla presenza di forze speciali internazionali in Libia, il rapporto afferma che “il gruppo di esperti scientifici ha ricevuto rapporti coerenti di personale delle forze speciali italiane, britanniche e statunitensi che operano a sostegno delle operazioni Bunyan Marsus, fornendo sia assistenza tecnica che supporto diretto. Nessuno dei paesi coinvolti ha commentato le indagini del panel sulla presenza delle loro forze speciali in Libia”.
Il rapporto afferma anche che mentre le risoluzioni delle Nazioni Unite prevedono un’eccezione all’embargo sulle armi per “forniture di equipaggiamento militare non letale e assistenza al governo libico”, le risoluzioni non forniscono alcun altro meccanismo per identificare le forze di sicurezza nazionali sotto il controllo del governo di Accordo nazionale. Date le questioni riguardanti il processo politico e la natura transazionale e transitoria delle alleanze dei gruppi armati, compresi quelli che attualmente forniscono sostegno al Consiglio della Presidenza, nessun gruppo dovrebbe beneficiare di questa eccezione in questo momento. Secondo gli esperti il sollevamento dell’embargo, già ampiamente violato da tutte le parti, potrebbe rivelarsi fatale per il processo democratico del paese.
Riguardo alla formazione della Guardia Costiera con cui l’Italia intende rafforzare la collaborazione per controllare i flussi migratori e combattere i trafficanti di esseri umani il documento delle Nazioni Unite afferma che “né la guardia costiera né la Marina sono state notificate al Comitato come parte delle forze di sicurezza sotto il controllo del Governo di Accordo Nazionale, e la questione del controllo è ulteriormente evidenziata da più rapporti di attività criminali che coinvolgono la guardia costiera, in particolare di UNSMIL: “I migranti, così come i rappresentanti di organizzazioni internazionali non governative che effettuano operazioni di ricerca e soccorso, hanno anche raccontato pericolose minacce per la vita da parte di uomini armati che si ritiene provenissero dalla guardia costiera libica. Dopo l’intercettazione, i migranti vengono spesso picchiati, derubati e portati in centri di detenzione o case private e fattorie, dove sono sottoposti a lavori forzati, stupri ed altre violenze sessuali”.
Sul dispiegamento del personale militare italiano lo stesso rapporto afferma che “l’istituzione di un ospedale militare italiano all’aeroporto di Misurata è avvenuto con uno spiegamento simultaneo di almeno 100 militari armati. La presenza di personale militare armato come misura protettiva per l’ospedale è stata confermata nelle comunicazioni ufficiali con il gruppo di esperti scientifici. Nessuna richiesta di deroga o notifica è stata presentata al Comitato”.
Il sollevamento dell’embargo alla Libia in questo momento significherebbe legittimare ogni potenza straniera al supporto, mai interrotto, delle fazioni fino ad oggi sostenute con un prolungamento dell’attuale crisi.