L’india annuncia lo stop del carbone per l’energia. Ma le cose stanno ben diversamente

di C. Alessandro Mauceri

Nei giorni scorsi si è avuta l’ennesima prova di quanto siano importanti le parole e di come le promesse fatte da tutti governi in merito all’ambiente siano solo dei meri palliativi.
Il governo indiano ha approvato il Draft National Electricity Plan, un documento di oltre 300 pagine contenente le indicazioni circa gli strumenti per soddisfare la sempre crescente domanda di energia nel paese. Molti media hanno lodato le scelte del governo soprattutto per ciò che riguarda la decisione di non creare nuove centrali a carbone, tra le maggiori responsabili delle emissioni di CO2.
Perfino Greenpeace India ha esultato sottolineando che questo cambiamento nella politica energetica indiana equivale al riconoscimento da parte del governo di quanto scritto nel suo recente rapporto “Stranded investments How India is wasting billion on idle coal plants”. Nandikesh Sivalingam, che collabora con Greenpeace India ha detto a Climate Home che “Accogliamo con favore il fatto che la bozza del Piano riconosca che per il prossimo futuro non c’è più alcun fondamento economico o per lo sviluppo per nuovi investimenti nelle centrali a carbone. Con il settore delle energie rinnovabili che decolla in India, ora è possibile per ridurre la povertà, migliorare le condizioni di vita e di fornire energia a tutti”.
Peccato che pochi abbiano letto bene il piano energetico appena approvato. Il documento infatti prevede il completamento e la messa in funzione di tutti gli impianti a carbone già autorizzati. Questo significa che nei prossimi anni in India saranno completati i lavori e verranno attivate decine di nuove centrali a carbone per soddisfare 50 GW di energia elettrica (dei quasi 180 GW di termoelettrico totali in cantiere). Solo a partire dal 2022 non dovrebbe essere costruita alcuna nuova centrale termoelettrica.
Ma non basta. Questo stop avrà una validità limitata solo 5 anni: a partire dal 2027 il governo indiano potrebbe tornare a produrre energia elettrica con il carbone. Una scelta facilmente prevedibile anche per ammortizzare i costi delle centrali in costruzione (che non si ammortizzano certo in un paio d’anni).
La verità è che l’India (come molti altri paesi tra i maggiori responsabili delle emissioni di CO2) non ha nessuna reale intenzione di rinunciare alle fonti energetiche fossili e in modo particolare al carbone. Lo conferma il fatto che non più tardi di qualche giorno fa il ministro indiano dell’Energia, Piyush Goyal, ha annunciato che, entro i prossimi 5 anni, l’India metterà in rete 11GW di elettricità prodotta da centrali a carbone. La giustificazione di una simile scelta è che, secondo lui, queste centrali saranno più efficienti, e dovranno sostituire le vecchie centrali gestite dalla National thermal power corporation (Ntpc), la compagnia statale che è anche la più grande utility indiana e che gestisce circa un quarto delle centrali a carbone nel Paese.
L’India non ha nessuna reale intenzione di rinunciare al carbone come fonte energetica. In realtà anche secondo Greenpeace, in India sono in progettazione o realizzazione circa 178GW di energia da carbone che, stando al documento appena approvato, dovrebbero essere utilizzate almeno fino al 2027.
In barba alle raccomandazioni per ridurre le emissioni di CO2 e per ridurre l’innalzamento delle temperature medie globali.