Lo yuan cinese come moneta dello Zimbabwe

di C. Alessandro Mauceri

Reminbi grandeSono in molti a pensare che l’Africa sia il futuro: è un continente pieno di aree disabitate, ma ricche di materie prime indispensabili per lo sviluppo delle industrie e delle multinazionali e, cosa tutt’altro che secondaria, sta diventando un interesse mercato dal punto di vista finanziario. Non è un caso se molte potenze mondiali hanno concentrato le proprie attenzioni proprio su questa parte del mondo.
Nei giorni scorsi sono stati resi noti i termini dell’accordo in base al quale, da gennaio prossimo, lo Zimbabwe cambierà la propria valuta e comincerà ad utilizzare la moneta cinese, lo yuan.
Per convincere il governo dello stato africano a compiere il passo decisivo, Pechino ha utilizzato uno strumento efficace: la Cina si è impegnata a cancellare il debito dello Zimbabwe, che ammonta a circa 40 milioni di dollari. In realtà, il paese africano aveva già deciso di rinunciare alla propria moneta nel 2009 a seguito di un’iperinflazione. Per questo, da allora, la moneta utilizzata era stata il dollaro americano, ma, per gli scambi commerciali internazionali, venivano utilizzati anche la sterlina, i rand sudafricani, le pule del Botswana, e lo yen giapponese.
Oggi la Cina è il primo partner commerciale del paese e gli scambi superano il miliardo di dollari equivalenti. Per questo “L’uso dello yuan sarà funzionale al mercato con la Cina”, ha dichiarato il ministro delle finanze dello Zimbabwe Patrick Chinamasa.
Il 2016 sarà un anno importante per la moneta cinese: dal 1 ottobre 2016 infatti il renminbi (l’altro nome con cui è chiamata la moneta cinese) andrà ad aggiungersi a quelle che sono considerate valute liberamente utilizzabili (dollaro statunitense, euro, yen giapponese e sterlina britannica). Entrerà a far parte del paniere delle valute utilizzate per la definizione del valore dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP), lo strumento di riserva internazionale, che risale agli accordi della Giamaica del 28 luglio 1969. Quella del prossimo anno sarà la prima modifica nella composizione di questo paniere dopo 15 anni.
I DSP non sono una moneta, ma un titolo che è possibile scambiare contro una o più valute liberamente utilizzabili, in due modi: tramite un accordo bilaterale, contattando la Banca centrale di un Paese membro e scambiando DSP contro riserve ufficiali detenute dalla stessa (swap agreement); oppure tramite la designazione, da parte del Fmi, di un Paese membro con forte posizione esterna che, intervenendo, si fa carico dello scambio di valuta contro DSP offerti dal Paese con posizione esterna debole.
È per questo che, nell’ultimo periodo, la Cina ha intensificato i propri sforzi per far aumentare il peso della propria valuta in quanti più paesi possibili. Un cambiamento di rilevanza non secondaria. Come testimoniano le parole di Christine Lagarde del Fondo Monetario Internazionale, che ha definito l’inclusione del renminbi nei DSP un “riconoscimento degli sforzi operati dall’élite politica cinese nel processo di riforma che ha coinvolto il sistema monetario e finanziario della Repubblica Popolare Cinese nel corso degli ultimi anni”.
Anni in cui la Cina ha fatto di tutto per aumentare il proprio peso e la propria presenza in Africa: nell’ultimo periodo sono stati completati 1.046 progetti in Africa, sono state costruite ferrovie per una lunghezza totale di 2.233 km e autostrade con una lunghezza totale di 3.530 km; ha fornito così contributi concreti al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro in Africa.
Indicative in tal senso le parole del portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying, secondo cui “Alcuni dicono che la Cina stia conducendo una “diplomazia di cemento” nell’aiutare l’Africa nello sviluppo delle infrastrutture. Credo che questo sia un male necessario”. Le opere realizzate dalla Cina in Africa porteranno grandi cambiamenti nel continente. Ma molti di questi sono difficili da prevedere.