May si dimette, ma sulla Brexit è ancora caos

di Elisabetta Corsi –

Con una voce visibilmente emozionata e rassegnata fino alle lacrime, Theresa May ha confermato le sue dimissioni per il 7 giugno. Il 10 giugno potrà cominciare la gara per la leadership degli aspiranti nuovi premier, tra i quali Boris Johnson.
Nel suo discorso di commiato ha dichiarato di aver fatto tutto il possibile per portar fuori il Regno Unito dall’Unione Europea nel migliore dei modi con la negoziazione del suo piano e intrattenendo relazioni con i paesi vicini, anche se è stato respinto per ben tre volte in parlamento. Ha detto di sentirsi onorata ed ha ringraziato di aver potuto svolgere questo lavoro per tre anni al servizio del paese che lei ama, e in questo momento del discorso, prima di rientrare a Downing Street, le lacrime sono scese sul viso della premier, battagliera fino a ieri.
Le concessioni degli ultimi tempi per veder approvato il suo piano non sono bastate e ora auspica che il suo sforzo venga rilanciato dal nuovo premier nell’interesse del paese. Nel suo discorso non ha dimenticato la sua fierezza nell’essere la seconda donna al comando della Gran Bretagna, dopo Margaret Thatcher e che non sarà l’ultima dalle sue parole. L’unico rammarico è di non esser riuscita a portar a termine il progetto della Brexit e consegnarlo al paese, dichiarando il suo fallimento nell’aver provato di tutto.
Alla notizia, il leader dei laburisti Jeremy Corbyn in un tweet ha dichiarato che “Theresa May ha ragione a dimettersi. Ora ha accettato quello che il paese sa da mesi: lei non può governare, e non può dividere e disintegrare il partito. Qualunque sia il nuovo leader dei Tory, dovrà lasciar scegliere al popolo sul futuro del paese, attraverso immediate elezioni generali”.
Nel frattempo May ha detto di voler continuare a servire come primo ministro finché i conservatori non sceglieranno il nuovo leader, probabilmente il 24 luglio, sarà ancora lei a ricevere il presidente Trump nella sua visita di stato prevista per l’inizio di giugno. Oltre al noto Boris Johnson, Esther McVey, parlamentare ed ex segretario di stato per il lavoro e le pensioni e Rory Stewart, segretario di stato per lo sviluppo internazionale del Regno Unito, sono in lizza per la corsa alla leadership del partito, e c’è un’altra dozzina di persone che stanno pensando di scendere in campo. Una cosa è certa è che il prossimo ministro sarà molto più a favore di una hard Brexit e non di una soluzione moderata con l’Unione Europea.
La premier è stata costretta a dimettersi dopo innumerevoli pressioni sia da parte dei laburisti all’opposizione che all’interno del suo stesso partito, che non vedevano più idoneo il suo piano per la Brexit ed molti si sono dimessi, tra cui l’ultima mercoledì di Andrea Leadsom.