Migranti: l’Ungheria fa i campi e l‘Austria non vuole i ricollocamenti. E additano l’Italia

di Guido Keller –

E’ entrata in vigore oggi in Ungheria la controversa legge approvata lo scorso 7 marzo con 138 sì, 6 contrari e 22 astensioni che prevede misure di restrizione per i migranti, anche profughi, la quale comprende la loro detenzione in appositi campi situati perlopiù lungo il confine con la Serbia e la Croazia fino a quando non sarà stata valutata la loro richiesta di asilo.
In realtà tali misure erano già in vigore nel paese fino al 2013, ma erano state poi abolite su pressioni dell’Unione Europea, per cui la nuova legge non fa altro che riattivarle.
L’iniziativa è arrivata dal premier Viktor Orban per il quale “siamo assediati dai migranti e dobbiamo difenderci: so che si tratta di una norma contraria al diritto europeo”, ma “riteniamo che l’interruzione o il calo di arrivi sia temporaneo, temiamo presto nuove grandi ondate”.
I centri sono villaggi con container a schiera dai quali i migranti non potranno allontanarsi ne’ potranno circolare per il paese: nel 2016 l’Ungheria ha ricevuto 29mila migranti che con la richiesta di asilo contavano di muoversi nell’area Schengen, ma sono solo 425 le domande accettate.
Anche i migranti non regolari presenti già oggi sul territorio ungherese potranno essere fermati e condotti nei centri: la legge recita che “i migranti illegali dovranno attendere l’esito della loro richiesta di asilo in zone designate di transito alla frontiera”.
Preoccupato l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), secondo il quale le nuove misure, oltre a violare le convenzioni internazionali sui rifugiati, avranno un “impatto terribile” su persone già traumatizzate.
Ieri a Roma il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, c’è andato giù duro con l’Italia affermando che ”L’Italia ci ha ricattati e continua a farlo facendo pressione politica su di noi e sul resto dei Paesi dell’Europa centro-orientale”.
Per Kovacs “Il governo Renzi ci dava lezioni su come applicare regole e rispetto dei valori Ue. Oggi le cose non sono cambiate a livello europeo. Le pressioni politiche proseguono. Ma questa non è la strada giusta’’.
Tuttavia anche nella confinante Austria la musica sembra non cambiare, con il cancelliere austriaco Christian Kern (socialdemocratici) che ha fatto sapere l’intenzione di appellarsi a Bruxelles sul tema dei ricollocamenti, chiedendo “comprensione”: “Non siamo agenti provocatori”, ne’ “cercheremo un procedimento di infrazione con Bruxelles”. Tuttavia è un dato di fatto che l’Austria ha accolto negli ultimi due anni in proporzione “molte più domande d’asilo dell’Italia: 4.587 contro 1.998 domande per un milione di abitanti”.
Sarebbe quindi pronta la lettera di Vienna di recesso dal piano di ricollocamento dei richiedenti asilo che il ministro della Difesa Hanz Doskozil ha già detto di voler presentare subito al governo, ma già da Bruxelles la portavoce della Commissione europea per la Migrazione Natasha Bertaud ha fatto sapere che “Nessun Paese può ritirarsi unilateralmente” dal piano europeo di ricollocamenti, in quanto “legalmente vincolante. Se lo facessero sarebbero fuori dalla legge e questo sarebbe profondamente deplorevole e non senza conseguenze”.