Minniti in Libia per discutere di terrorismo e di immigrazione. Ma per Tripoli niente motovedette nelle acque libiche

di Guido Keller

Il ministro dell’Interno Marco Minniti si è incontrato a Tripoli, in Libia, con il presidente del governo riconosciuto dalla comunità internazionale Fayez al-Serraj e con il vice premier Ahmed Maiteeq.
I colloqui hanno avuto tra i temi centrali il contrasto al traffico di esseri umani, fenomeno che interessa la Libia ancora in preda alla guerra civile, in quanto le organizzazioni criminali e jihadiste fanno arrivare nel paese nordafricano i migranti e, spesso dopo imprigionamenti e sevizie, li imbarcano per l’Italia nelle condizioni che sono sotto gli occhi di tutti.
Una delle sfaccettature del problema è determinato dal fatto che il governo di unità nazionale non ha il controllo reale del territorio, non solo perché ad est vi sono il governo e il parlamento non riconosciuto “di Tobruk”, il cui uomo forte è il capo dell’esercito Khalifa Haftar, bensì perché la Libia è tradizionalmente l’insieme di una miriade di tribù spesso in lotta tra loro, e lo stesso al-Serraj ha difficoltà a stabilire confronti costruttivi e proficui con i vari esponenti del territorio.
Tribù che spesso vivono nello sconfinato deserto libico e che proprio sui traffici di droga , armi e esseri umani, ricavano il loro sostentamento.
Il 90 per cento dei migranti che giungono in Italia passa infatti dalla Libia e a termine dell’incontro con il ministro Minniti il vice premier Ahmed Maiteeq ha affermato che è fondamentale “Essere uniti contro il traffico di esseri umani, che è un problema comune, cercando di portare queste persone nei loro Paesi d’origine mantenendo il rispetto dei diritti umani”.
Per Maiteeq “Il governo italiano può aiutare quello libico in tanti modi: può aiutare la marina libica, fare progetti economici. Avevamo accordi in passato per controllare le frontiere a sud e anche la costa: vogliamo riattivare questi programmi fatti per tanti anni dal 2008”, ma per quanto riguarda la presenza di motovedette italiane nelle acque libiche non se ne parla.
Il proposito era quello di inviare 10 o 20 motovedette per sorvegliare i movimenti degli scafisti, come pure i riattivare gli accordi stabiliti in occasione della presidenza di Silvio Berlusconi, ma Maiteeq è stato chiaro, “Noi vogliamo prendere il controllo delle nostre frontiere. È un problema anche per noi questo grande numero di migranti che arriva dai Paesi africani. Ora però c’è un governo, un budget che porta ordine, le cose sono più facili. Ma abbiamo bisogno del governo italiano per portare i migranti nei Paesi di origine”, e dobbiamo “essere uniti nel fare pressione diplomatica per convincere i Paesi africani a riprendere i loro migranti”.
Proprio ieri l’Italia ha riaperto la propria ambasciata in Libia e Maiteeq ha voluto sottolineare come il nostro paese sia “un punto di riferimento”: “Con l’apertura dell’ambasciata, l’Italia dimostra ancora una volta di essere il Paese europeo più vicino alla Libia. È una decisione che giudichiamo in modo molto positivo”, ha affermato.
In tema di terrorismo Maiteeq ha detto che “In questa parte del Mediterraneo si gioca una partita fondamentale: nel momento in cui il Daesh (Isis, ndr) è sulla difensiva in Iraq e Siria noi dobbiamo costruire da questa parte del Mediterraneo le condizioni per cui non ci possa essere un ritorno di terroristi, di foreign fighters verso i nostri territori”.
Il ministro Minniti ha confermato che “la cooperazione fra i nostri paesi è già molto positiva, da ministro dell’Interno prendo l’impegno perché sia rafforzata, provvederemo con mezzi e formazione”.