Nagorno-Karabakh, conflitto non risolto. La parola al ministro degli Esteri Mirzoyan

di Giuliano Bifolchi –

Mirzoyan Karen grandeNota del direttore: la presente intervista è stata realizzata al fine di comprendere il complesso quadro del conflitto del Nagorno Karabakh, gestito ma non risolto, ci teniamo a precisare che in Nagorno Karabakh è un’entità non riconosciuta dal Governo italiano come neppure dagli altri Paesi.
Precedentemente abbiamo conosciuto a Baku la posizione del direttore del Dipartimento dei Media del ministero degli Esteri dell’Azerbaigian, Hikmat Haciyev (Le relazioni dell’Azerbaigian nella regione e con l’Italia: intervista a Hikmat Haciyev), come pure abbiamo intervistato l’ambasciatore d’Armenia Sargis Ghazaryan (Nagorno-Karabakh: intervista a Sargis Ghazaryan, amb. d’Armenia a Roma) e l’ambasciatore d’Azerbaijan Vaqif Sadiqov (Lo slancio dell’Azerbaijan verso l’Europa. E la ferita del Nagorno-Karabakh. Intervista all’ambasciatore Vaqiv Sadiqov). – Enrico Oliari.

L’Unione Europea ha posto i propri interessi nella regione del Caucaso meridionale, la cui importanza è data dalla posizione strategica e dalle risorse energetiche e naturali. Sfortunatamente la stabilità e la sicurezza dell’area sono minacciate dal conflitto del Nagorno-Karabakh, il quale vede coinvolti la Repubblica del Nagorno-Karabakh, l’Azerbaigian e direttamente anche l’Armenia; seppur definito “congelato”, dopo le recenti tensioni e l’escalation di violenza registrata lungo la linea di confine negli ultimi tempi tale conflitto sta allarmando gli esperti per una possibile nuova esplosione e per le ripercussioni che potrà avere a livello regionale ed internazionale.
Dal 1992 al 1994 gli eserciti di Azerbaigian e Nagorno-Karabakh, sostenuto dall’Armenia, si sono fronteggiati in un conflitto concluso dal cessate il fuoco, il quale è stato seguito dalla creazione del ”Gruppo di Minsk” dell’Osce presieduto da Francia, Stati Uniti e Russia con l’obiettivo di favorire il processo di pace. Attualmente tale processo ed i negoziati sembrano aver raggiunto una situazione di stallo.
Per comprendere maggiormente tale conflitto e i motivi per cui la Repubblica del Nagorno-Karabakh promuova la propria indipendenza ed autonomia a livello internazionale, Notizie Geopolitiche ha incontrato Karen Mirzoyan, ministro degli Esteri del Nagorno-Karabakh.

Ministro Mirzoyan, in Italia ci sono differenti informazioni circa il conflitto del Nagorno-Karabakh e l’effettiva esistenza della Repubblica del Nagorno-Karabakh. Potrebbe essere molto importante per il pubblico italiano conoscere quali sono le ragioni e le motivazioni per le quali il vostro paese ha il diritto di essere indipendente e quali sono, secondo voi, gli interessi dell’Azerbaigian in merito a tale regione?
“Secondo il Diritto internazionale, e prima di tutto secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, tutti gli esseri umani sono nati liberi e hanno gli stessi diritti e libertà. Io credo che sia vero indipendentemente dal luogo dove essi siano nati: Roma, Parigi, New York o Stepanakert. Sfortunatamente mentre alcune persone possono esercitare il loro diritto liberamente, altre, come nel caso degli abitanti della Repubblica del Nagorno-Karabakh, devono lottare per conquistare il diritto a una vita dignitosa, anche oggi nel XXI secolo.
Il Nagorno-Karabakh, provincia storica dell’Armenia, all’inizio del XX secolo fu data dai bolscevichi all’Azerbaigian – stato creato artificialmente con una popolazione a maggioranza musulmana – per diffondere il Comunismo in Medio Oriente. Per 70 anni nell’Azerbaigian sovietico, la popolazione del Karabakh, già separata con la forza dalla madre patria e soggetta a discriminazione e oppressione da parte delle autorità azere, non si è mai arresa nella lotta per i propri diritti. La perestroika di Gorbachev, alla fine degli anni ottanta, ha dato inizio a una nuova fase del movimento per l’autodeterminazione del Karabakh. Sfortunatamente la risposta di Baku alle dimostrazioni pacifiche nel Karabakh furono omicidi di massa e pulizia etnica degli armeni all’interno dell’Azerbaigian. Da lì la via all’aggressione militare dell’Azerbaigian contro il Karabakh fu breve. Il Karabakh all’epoca non disponeva di un proprio esercito. Con fucili da caccia e con le armi che di volta in volta venivano sottratte alle unità militari azere sconfitte, gli armeni del Karabakh si impegnarono a garantire la sicurezza della terra natale dei loro avi. Per gli armeni del Karabakh fu una questione di vita o di morte; per gli azeri fu la ricerca di un territorio senza gli armeni. A fronte dell’aggressione militare azera e intrappolati a forza nel loro territorio, gli abitanti del Karabakh avevano ben poca scelta: senza un luogo dove rifugiarsi, l’unica opzione per ribadire con fermezza i loro diritti naturali ed innati era la lotta.
Nagorno cartina Nagorno fuoriDal punto di vista legale, la secessione del Nagorno-Karabakh dall’Azerbaigian è in pieno accordo con la legislazione dell’Unione Sovietica e con il Diritto Internazionale. È un fatto questo riconosciuto anche dalla Risoluzione del Parlamento Europeo sul Supporto per il Processo di Pace nel Caucaso (B4-0234, 275 and 0288/99) nella quale si legge che “… the autonomous region of Nagorno-Karabakh declared its independence following similar declarations by former Soviet Socialist Republics after the collapse of the USSR in September 1991…”. Come per altri stati, la Repubblica dell’Azerbaigian e la Repubblica del Nagorno-Karabakh sono la risultante del collasso dell’Unione Sovietica. Entrambi gli stati si costituiscono sulla medesima base legale, ossia la legge sovietica del 1990 intitolata “Legge dell’URSS inerente le Procedure di Secessione di una Repubblica Sovietica dall’URSS” la quale prevede che “la secessione di una repubblica sovietica dal corpo dell’URSS permette ad una regione autonoma ed alle regioni con minoranze etniche stanziate sullo stesso territorio della repubblica di dare via al proprio processo di indipendenza”
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Può spiegarci perché, fin dall’indipendenza, sia la comunità internazionale sia la Repubblica di Armenia, cioè il vostro primo alleato e sostenitore, non hanno riconosciuto la Repubblica del Nagorno-Karabakh? E in che modo può il suo paese creare relazioni internazionali ed iniziare il dialogo con un stato straniero senza questo riconoscimento?
“Io credo che il processo di riconoscimento internazionale garantirà l’irreversibilità del processo di pace e permetterà di focalizzare l’attenzione sullo sviluppo di meccanismi e condizioni necessarie per la coesistenza pacifica di due stati sovrani e indipendenti, la Repubblica del Nagorno-Karabakh e la Repubblica dell’Azerbaigian. Due stati sovrani e indipendenti che si sono formati per il crollo dell’Unione Sovietica ma anche a causa della guerra che l’Azerbaigian ha iniziato e imposto. Noi confidiamo sul fatto che un giorno la Comunità Internazionale valuterà debitamente gli sforzi che abbiamo affrontato per il progresso democratico e per la costruzione dello Stato e per quegli sforzi che ancora porteremo avanti per consolidare la democrazia, i diritti umani e le libertà. Vorrei sottolineare che, nonostante nessun membro delle Nazioni Unite abbia ancora riconosciuto la Repubblica del Nagorno-Karabakh, alcuni stati degli Stati Uniti, il Nuovo Galles del Sud in Australia, alcune province e città hanno lodato la nostra Indipendenza e chiesto ai governi federali di riferimento di riconoscerla.
A oggi la Repubblica del Nagorno-Karabakh ha uffici di rappresentanza in numerosi paesi come gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Russia, l’Australia, il Medio Oriente e l’Armenia. Il Karabakh ha anche sviluppato relazioni decentrate con molte città in diversi paesi. In altre parole, c’è sempre spazio per impegnarsi nella “para diplomazia” e allargare lo scopo e le sfere di cooperazione con i paesi stranieri”
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Negli ultimi anni l’Italia ha rafforzato le sue relazioni politiche ed economiche con l’Azerbaigian ed ora i due paesi sono molto vicini grazie al mercato energetico ed al progetto TAP. Lei crede che questa stretta amicizia tra Italia ed Azerbaigian possa minare le storiche ed antiche relazioni armeno-italiane e possa essere un ostacolo per le future relazioni tra l’Italia ed il Nagorno-Karabakh?
Io non credo che le relazioni bilaterali consolidate di qualsiasi paese debbano influenzare direttamente le relazioni con gli altri stati. Uguali valori e un ricco passato storico condivisi dalle nostre nazioni vanno ben oltre gli interessi economici di breve durata”.

Solitamente il governo di Baku accusa quello di Erevan di occupare il suo territorio e de facto di guidare la Repubblica del Nagorno-Karabakh attraverso aiuti militari, politici e finanziari; in aggiunta, come forma di supporto a queste posizioni, l’Azerbaigian promuove la sentenza del caso “Chiragov ed altri contro l’Armenia”, adottata dalla Corte Europea dei Diritti Umani(Echr – Cedu). Come può rispondere a tali accuse? E’ possibile considerare il suo paese realmente autonomo? Può il supporto armeno essere visto come un’intromissione nelel questioni di uno stato sovrano, cioè l’Azerbaijan?
Nagorno soldati fuoriIl tentativo dell’Azerbaigian di manipolare il giudizio della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso “Chiragov ed altri contro Armenia” è privo di ogni logica ed è assolutamente in linea con la politica di distorsione, con ogni mezzo, dalla natura del conflitto tra l’Azerbaigian ed il Karabakh. È la riprova dell’impedimento di ogni sforzo mirato alla risoluzione del conflitto. È lampante inoltre che le tematiche inerenti la soluzione politica del conflitto tra Azerbaigian e Karabakh non rientrano nella giurisdizione della Cedu, cosa che è stata chiaramente notata nel giudizio della corte. I tentativi di inserire il giudizio della corte nel processo di negoziazione non hanno fondamento. Tale giudizio si riferisce esclusivamente alla protezione dei diritti individuali e, per prima cosa, alla protezione del diritto alla proprietà.
Il governo azero ha approfittato di ogni singola opportunità per distogliere l’attenzione della comunità internazionale dall’abuso dei diritti umani, dalle persecuzioni dei giornalisti e degli attivisti dei diritti umani, e cioè da quel regime totalitario che guida il paese. E infatti lo sviluppo dell’agenda energetica e di sicurezza altro non è che una manovra diversiva per mettere a tacere le critiche dell’Occidente.
Comunque, queste manovre orchestrate per fuorviare l’opinione pubblica già da tempo non stanno convincendo. Io posso immaginare che sia difficile per un regime totalitario come l’Azerbaigian credere o permettere che chiunque testimoni il successo di un paese piccolo come il Karabakh nella costruzione di una democrazia al suo interno a cui fa da contraltare il drastico fallimento del ricco petro-Stato azero nel fare lo stesso.
Per quanto riguarda l’Armenia, noi non abbiamo mai mantenuto segreto il fatto che siamo felici delle relazioni bilaterali con questo paese. È noto a tutti che i due stati armeni della Repubblica di Armenia e della Repubblica del Nagorno-Karabakh sono popolati da persone dalla stessa identità, la stessa storia e la stessa cultura, ma che per decenni è stata separata dal destino. Oggi queste due popolazioni sono reciprocamente interconnesse in tutti gli ambiti della vita quotidiana”
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Analisti ed esperti vedono nel caso del Nagorno-Karabakh una potenziale minaccia per la stabilità e la sicurezza della regione e l’impossibilità di raggiungere un accordo tra le parti è vista come un preludio per un futuro conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Perché il processo di pace e gli sforzi perpetrati dal Gruppo di Minsk hanno fallito durante gli anni? In che modo potrà il futuro conflitto tra Armenia, Azerbaigian e Nagorno-Karabakh influenzare la regione? Lei crede che le conseguenze influenzeranno non solo il Caucaso ma anche l’Unione Europea che ha promosso l’Azerbaigian a partner importante per la sua Politica di Sicurezza Energetica?
La possibile escalation del conflitto può influenzare aree sempre più grandi e coinvolgere sempre più attori rispetto al conflitto militare dei primi anni ’90 tra l’Azerbaigian ed il Karabakh. Per evitare tale scenario la comunità internazionale dovrebbe assumere una posizione maggiormente assertiva nell’esprimere la propria visione ai responsabili delle numerose violazioni del cessate il fuoco e non dare adito ai capricci dell’Azerbaigian a causa dei suoi interessi economici ed energetici. Un chiaro messaggio sull’imperativo assoluto di rifiutare la violenza, onorare gli accordi già raggiunti e arrivare ad una soluzione diplomatica deve essere una componente indispensabile degli sforzi collettivi mirati a supportare la soluzione del conflitto. Il rifiuto dell’Azerbaigian di consentire i meccanismi di investigazione per le violazioni del cessate il fuoco proposto dai co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce, come le altre proposte tese a stabilizzare la situazione, parla da sé.
Io vorrei astenermi da allusioni circa il fallimento degli sforzi di mediazione del Gruppo di Minsk. La mancanza di sviluppi nel processo negoziale non dipende né dai mediatori né dall’inefficienza del formato della co-presidenza, come l’Azerbaigian cerca di far credere. Voglio sottolineare che, assieme al consistente lavoro effettuato per superare le differenze tra tutte le parti, l’attuale formato di mediazione è servito a evitare scenari peggiori di un rinnovato uso dello strumento militare. L’abilità dei co-presidenti del Gruppo di Minsk di impegnarsi con tutte le parti in causa nel comunicare esplicitamente ed implicitamente segnali di preoccupazione e di allarme rappresenta un importate fattore di pace.
Non bisogna dimenticare che la co-presidenza del Gruppo di Minsk è l’unico mediatore autorizzato alla soluzione del conflitto tra il Karabakh e l’Azerbaigian e ogni tentativo di dirottare il negoziato su altre piattaforme che non sono impegnate in tale processo è inaccettabile e potrebbe minare l’intero processo di pace. Anche l’Unione Europea, in numerose occasioni, ha espresso il proprio pieno supporto alla co-presidenza del Gruppo di Minsk
”.

Frequentemente è possibile leggere che il Nagorno-Karabakh e l’Armenia ricevono supporto economico e politico dalla Federazione Russa e quindi il conflitto del Nagorno-Karabakh è solo un altro terreno dove Mosca e l’occidente (o gli Stati Uniti) stanno conducendo il loro gioco geopolitico. La presenza russa nel Caucaso meridionale e nel suo paese è forte abbastanza per cambiare gli assetti regionali? E’ vero che il conflitto del Nagorno-Karabakh e la sua risoluzione dipendono dalla volontà e dal conflitto in atto tra Russia ed occidente?
Io credo che queste affermazioni non rappresentino la situazione reale sul campo. È doveroso affermare che la Russia, insieme con gli Stati Uniti e la Francia, è co-presidente del Gruppo di Minsk e come tale prova a contribuire al complessivo processo di pace nel ruolo di uno dei tre paesi co-presidenti. Ognuno dei tre paesi co-presidenti è equamente impegnato nel processo e gli sforzi coordinati dei tre, in sincrono, si sono aggiunti ai passi fatti in precedenza e sono tesi a registrare un progresso nel processo di pace del Nagorno-Karabakh. I tentativi di dipingere la Russia come paese avente i propri interessi in tale ambito sono per la maggior parte il risultato della volontà azerbaigiana di lucrare sulle controversie tra occidente e Russia”.