Niger. Si prospetta l’intervento militare di Italia, Francia e Germania per la stabilità dell’area e dell’Ue

di Marco Pugliese

Era il 2016 quando l’Italia proponeva il Migration Compact all’Europa. Nella pratica si trattava di un Piano Marshall con un fondo di partenza di 8 miliardi di dollari, da portare progressivamente a 62, e Etiopia, Mali, Niger, Nigeria e Senegal furono indicati come i paesi in cui intervenire con priorità: si tratta di paesi giovani, con un’età media tra le più basse al mondo e con migrazioni da luoghi resi inospitali dallo sfruttamento di risorse e dall’instabilità politica.
Il Niger risulta essere un paese poverissimo nonostante le importanti risorse naturali, ed è un hub dell’immigrazione africana e quindi un luogo di transito e di provenienza della maggior parte dei migranti che attraversano il Mediterraneo.
In particolare la Francia ha interessi nella sua ex colonia, a cominciare dall’uranio necessario per il funzionamento delle centrali nucleari, ed in loco ha perfino una moneta coloniale legata alla Banca di Francia.
In occasione del recente vertice Italia, Francia, Germania e paesi del G5 Sahel, il premier italiano Paolo Gentiloni ha illustrato in conferenza stampa una serie di interventi tra cui l’impiego di militari anche italiani, i quali saranno incaricati di addestrare le forze armate nigerine. Ci sarà poi una seconda fase in cui essi opereranno per bloccare i flussi migratori, il come è da capire, dal momento che il traffico dei migranti è gestito da bande armate affiliate a gruppi terroristici, tra cui lo Stato Islamico, ancora vivo in questa porzione d’Africa. L’ operazione è coperta dal massimo segreto, ma qualche informazione trapela. Sarà innanzitutto bilaterale e quindi in sinergia con i nigerini, e subito partiranno circa 500 uomini e 150 mezzi. L’obiettivo è quello di raddoppiare la presenza sul breve termine. L’ impiego d’operatori delle forze speciali (le famose Task Force) è ritenuto probabile fin già dalla prima fase, e l’Italia sarà affiancata dalla Francia (che lì possiede ancora basi militari) e dalla Germania.
I tre maggiori stati della nuova Ue, quella senza la Gran Bretagna, muovono i propri militari per arginare l’ormai atavica problematica dei flussi migratori o meglio, per interrompere il business del traffico di esseri umani.
Tuttavia qualcuno ci vede anche una prova del futuro assetto militare comune della Ue, il quale sarà strutturato per garantire interventi atti alla salvaguardia degli interessi europei. In questo caso il Sahel pare fondamentale per la stabilità dell’Europa stessa e non è quindi un caso che i primi F-35B (decollo verticale) verranno consegnati all’Esercito e non alla Marina. La conformazione del territorio e la penuria d’aeroporti a pista lunga necessitano dell’uso di mezzi che abbiano capacità di decollo ed atterraggio in spazi più ridotti. La consegna dei mezzi è prevista nel 2020 e questo potrebbe essere il primo teatro operativo per gli aerei d’ultima generazione. Agli aerei s’aggiungo nell’immediato mezzi blindati ed elicotteri d’assalto Mangusta, utili per la copertura aerea, mentre permane il riserbo nei riguardi dei reparti che verranno impiegati.
A livello politico una missione di questo tipo rientra nella soluzione moderna dei problemi geopolitici, dove intervenire al cuore del problema dovrebbe garantire in futuro la stabilità di un’area che attualmente non ha equilibrio nell’economia del già complesso continente africano. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha dichiarato che “Il principio è che la Difesa deve intervenire su minacce che riguardano il Paese. E credo che sia importante una ricollocazione delle missioni che vada a prevenire gli effetti più diretti nell’area che chiamiamo il “Mediterraneo allargato”. L’operazione in Niger è frutto di questa strategia, come lo sono la missione in Libano e quella per il contrasto dell’Isis in Iraq. Nel Sahel si sta costruendo una forza di cinque Paesi africani, sostenuta dall’Onu e dall’Unione Europea, in un territorio fondamentale sia per proteggerci dal terrorismo sia per la lotta alla rete criminale che gestisce l’immigrazione clandestina”. In queste parole comprendiamo l’attuale strategia, ovvero intervenire in sinergia tra paesi Ue e locali onde prevenire azioni che possano contrastare gli interessi europei a medio e lungo termine. E’ infatti di fondamentale importanza ricostruire, laddove è necessario, quegli scenari geopolitici che sono vitali per la stabilità dell’Europa stessa.