Noi, la Russia e incongrua guerra di informazioni a marchio Usa

di Dario Rivolta * –

Qualcuno tra i più attenti lettori di Notizie Geopolitiche avrà forse notato che con una certa frequenza contesto l’aggressività che molta stampa italiana mostra nei confronti della Russia. Eppure, lo confesso, non sono un filo-russo né ho particolari simpatie per la persona o la politica di Putin: sono piuttosto un italiano ed europeo che ha a cuore gli interessi del suo Paese e che crede fortemente nella necessità che l’Europa raggiunga una più profonda integrazione.
M’indispongono, però, l’ipocrisia e la stupida propaganda che vogliono mostrarci una Mosca di oggi aggressiva e pericolosa come per noi lo fu l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda.
In questi ultimi mesi sono sempre più insofferente verso la crescente canea di chi vede lo zampino russo in ogni crisi mondiale. Quando sento dire che è stato il Cremlino ad alimentare le spinte separatiste della Brexit o della Catalogna e man mano vedo nascere nuove accuse contro l’”ingerenza” dei media russi nelle politiche di altri Paesi, allora mi ricordo di quanto scriveva il Manzoni sugli untori che diffondevano la peste. Il grande autore descriveva benissimo la follia collettiva che permeava la società di allora. L’epidemia era attribuita non alle vere cause del contagio, bensì a degli “untori”, uomini malvagi che si mischiavano volutamente alla popolazione con lo scopo di annientarla. Ecco, oggi, i nuovi “untori” sono i russi (Putin in particolare) e bisogna diffidarne, tenerli lontani e magari se possibile eliminarli.
Sinceramente non so se qualche russo, indirizzatovi o no dal governo, abbia veramente diffuso false notizie o messaggi subliminali per favorire i voti in Gran Bretagna, in Catalogna e negli Stati Uniti. Tanto meno riesco a immaginare, nel caso sia veramente successo, quanto abbiano potuto influire sulle scelte degli elettori. Ciò di cui sono invece certo, è che tale racconto fa comodo sia alla signora May sia a Rajoy: attribuire a una causa esterna, e non al locale malcontento, i risultati di quelle consultazioni serve loro per de-colpevolizzare chi ha votato in quel modo, evitare di affrontare le vere cause e, perché no?, creare le premesse di una possibile riconciliazione nazionale. Comprensibile, anche se non necessariamente corrispondente al vero. Negli Stati Uniti la lettura è ancora più semplice: la classe dirigente dominante non accetta di perdere il potere e cerca di condizionare in ogni modo l’opinione pubblica affinché si rimangi la scelta fatta o si creino le condizioni per un impeachment. Anche senza vere prove, basterà continuare a parlare d’ingerenze e presunti contatti preelettorali per convincere tutti che quel tycoon outsider non è un “sincero” americano perché, addirittura, flirta con potenze straniere.
Dove sta l’ipocrisia? Risiede nel fatto che di propaganda politica, subdola o palese, siamo stati tutti e sempre colpevoli. Qualunque Stato, se in condizione di farlo, ha aiutato alcune forze politiche straniere contro altre, con il solo fine di tutelare i propri interessi. Che cosa hanno fatto in Italia, dal Dopoguerra in poi, i nostri alleati americani? Non hanno forse finanziato alcuni partiti giudicati più filo-occidentali? E non hanno continuato a influire nella nostra politica anche dopo la fine della Guerra Fredda? Non è scritto nella Costituzione, ma alzi la mano chi crede che i nostri ministri della Difesa e degli Esteri possano essere nominati senza un placet discreto degli Usa. E lo faccia anche chi pensa che nelle cadute di Craxi e di Berlusconi non ci siano state potenze straniere a metterci lo zampino.
E per quanto riguarda le “fake news”? Come non ricordare, tra tanti casi simili, le false fotografie pubblicate da tutti nostri giornali in merito a presunte fosse comuni di poveri kosovari (attribuendole a un “genocidio” perpetrato dai serbi) poi rivelatesi inesistenti? E le armi di “distruzione di massa” di Saddam Hussein? Allora furono forse i russi a seminare ovunque quelle false notizie? False ma utili a giustificare due guerre davanti a tutte le nostre opinioni pubbliche. Sono costretto, a questo proposito, a citare la dichiarazione fatta da un rappresentante Usa durante un vertice Nato tenuto a Bratislava nell’aprile 2000: “La guerra nella ex Jugoslavia è stata indispensabile per rettificare una decisione sbagliata del generale Eisenhower dalla Seconda Guerra Mondiale. E’ per ragioni strategiche che i soldati americani devono rimanere stazionati lì” (frase riportata dall’allora sottosegretario alla Difesa del Governo tedesco Willy Wimmer in un suo report al Cancelliere Schroeder). Infatti lì sono rimasti, ed esattamente nella base militare Bondsteel, vicino al villaggio kosovaro di Urosevac Quella base è oggi la più grande americana (non Nato) in Europa e tra le più grandi al mondo. Guarda caso si trova in posizione strategica tra l’Europa e la Russia. Non voglio insistere parlando pure della doppiezza con cui accusiamo Mosca per essersi ripresa la Crimea. Si urla alla violazione del diritto internazionale e delle frontiere prestabilite, eppure perfino l’Italia ha partecipato alla guerra in Kosovo senza alcuna autorizzazione Onu ed è stata tra i primi a riconoscere il nuovo Stato, fregandosene delle proteste serbe o del “rispetto delle frontiere”.
Qualcuno dirà che mentire sulla Russia e sulle sue presunte interferenze è necessario perché Mosca minaccia i Paesi vicini e soprattutto l’Europa orientale. Se davvero così fosse, pur rimanendo ipocrita, tutto sarebbe più comprensibile. Tuttavia basta guardare una cartina qualunque e si scopre che i conti non tornano: chi si è “allargato” non è stato l’orso russo, bensì la Nato. Nonostante le promesse fatte a Gorbaciov, i confini dell’alleanza si sono sempre più avvicinati a Mosca includendo Polonia, Ungheria, Paesi Baltici, Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Albania e Montenegro. E cercando di farlo con Georgia, Moldavia e, ora, Ucraina. Chi è più aggressivo? Noi o loro?
Comunque sia, il problema è un altro e riguarda la lettura del mondo che vogliamo dare e la strategia che intendiamo attuare di conseguenza. Noi siamo italiani e apparteniamo naturalmente al mondo occidentale di cui l’America è leader. Come Occidente, godiamo di una posizione economica e politica (anche grazie proprio agli americani) dominante sul resto del mondo e intendiamo continuare a rimanerlo per garantirci il benessere che abbiamo saputo conquistare. Chi può insidiare la nostra posizione? Chi potrebbe, a breve, avere mezzi e volontà per cambiare gli attuali equilibri?
La risposta sincera non può che essere una: la Cina. Tutti gli altri Stati, anche se lo volessero, non hanno né sufficiente popolazione né potenzialità economica, né il know-how per cercare di sopravanzarci e di occupare il nostro posto di guida. E’ proprio con Pechino, e non con Mosca, che dobbiamo essere guardinghi: il suo dilagare in Estremo Oriente e in Africa, il suo acquisire aziende con ricchi know-how in Europa e nelle Americhe, il vasto numero di cinesi che pur vivendo altrove da anni resta legato al Paese di origine costituiscono l’evidente premessa a un capovolgimento degli attuali equilibri. Se lo permetteremo il nostro futuro sarà ben diverso dall’attuale e certamente molto più povero.
E’ per questa ragione che criminalizzare o tentare di “isolare” la Russia è un errore strategico di cui dovremo pagare le conseguenze e, se non noi, di sicuro i nostri figli. Sono poco lungimiranti coloro che non capiscono che la ricchezza di materie prime di cui la Russia è dotata, la sua necessità di svilupparsi con il nostro aiuto, la vicinanza culturale e storica all’Europa sono per l’occidente un’opportunità e non un nemico. Se qualche squallida multinazionale americana o europea spera che riuscendo a farla “scoppiare” potrà impadronirsi direttamente di tutto quel ben di dio si sbaglia fortemente. In caso di dissoluzione della Federazione russa, se mai ciò potesse avvenire, saranno i cinesi i primi a metterci sopra le mani e non qualche avido occidentale. Nel frattempo, la cecità dei politici americani ed europei sta spingendo i russi e le loro materie prime proprio nelle mani di chi noi dovremmo temere di più, aiutando questi ultimi a costruirsi i gradini su cui saliranno per meglio attaccarci.
Ecco perché difendo la Russia: non sono certo un troll bensì sono un patriota italiano, europeo, che crede nell’unità del mondo occidentale e non vuole piegarsi supinamente a logiche demenziali e suicide.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.