Ong: l’Italia deve acquisire spazio e credibilità

di Marco Pugliese –

“Il loro comportamento indica che vogliono imporre le loro agende usando la retorica contro uno Stato riconosciuto e che possiede sovranità. Questa è una cosa anomala e assolutamente illogica da parte di chi pretende di lavorare per i diritti umani. Ciò ci fa pensare che stiano cercando di fare del nostro Paese una porta d’ingresso legale per gli illegali che attraversano i nostri confini sotto la copertura di ‘migranti’ e senza alcun controllo”. Con queste parole molto dure il portavoce della Guardia Costiera libica ha dettato la nuova linea locale nei confronti delle ong. Gentiloni e Minniti nel frattempo sono presi per la giacca da Onu e svariate associazioni umanitarie indignate per la stesura dell’ormai famoso codice, che di fatto ha bloccato l’attività delle navi organizzazioni umanitarie nel Mediterraneo. I risultati li ha dati Frontex: meno 46% di sbarchi in Italia nello stesso periodo rispetto allo scorso anno. La questione però non sembra risolta. Ong come Msf (Medici Senza Frontiere) a fine mese incontreranno Minniti e proporranno la creazione di corridoi umanitari. Il ministro dell’Interno italiano però non pare propenso, scettico anche nell’estendere Triton (missione finita nella bufera per l’accordo firmato da Renzi nel 2014, ovvero che l’Italia si facesse carico degli sbarchi anche da navi straniere). Le maggiori ong quindi per varie questioni, codice e posizione dura della Libia rimangono bloccate. In realtà la strategia del ministro Marco Minniti e dell’esecutivo italiano passa per la ricostruzione della Libia, con un’opera di “State building” o “Institution building”, ovvero rimettere in sesto un Paese che non esiste più. Perché soltanto per il suo recupero di sovranità passa la garanzia di tranquillità per l’Italia. Le ong non sono per il governo italiano complici degli scafisti, ma finiscono per rappresentare un “pull factor”, un fattore attrattivo e quindi vanno regolamentate. Il codice ong è funzionale alla strategia italiana che è quella di ricostruire uno stato fallito come Libia ed in caso aiutarlo a gestire flussi che storicamente si è sempre trovato sul proprio territorio. Se l’Italia vuole risultare credibile in Libia, in Europa e in Francia, deve prendere iniziative (anche scomode) e conquistarsi lo spazio necessario. Non può permettersi d’essere una spettatrice passiva che accetta le condizioni esterne come date e immutabili. L’Italia è una media potenza con economia e status da grande potenza, come ormai tutti i paesi europei. A livello geostrategico lo stato italiano non può scendere a patti con enti privati che ne condizionano con le loro azioni la stabilità, anche perché a lungo andare questo atteggiamento potrebbe portare Roma a pagare conseguenze gravi ed irreversibili. La ripresa dell’iniziativa significa anche inquadrare le ong nell’ambito di una strategia più profonda e complessa, che illustri il quadro geopolitico mediterraneo, primario per l’Italia. Tutto questo in linea con la tutela dell’interesse nazionale, obiettivo minimo per qualsiasi governo, a prescindere dal colore politico.