Onu, Gli Usa pensano di lasciare Consiglio Diritti Umani per le condanne a Israele

di C. Alessandro Mauceri –

Gli Stati Uniti hanno annunciato di stare valutando di ritirarsi dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
L’organismo nel 2006 istituito con la risoluzione 60/251 dell’Assemblea generale in sostituzione della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (nata dal Consiglio economico e sociale nel 1946) ma con poteri ancora maggiori, è composto da 47 Stati, eletti a scrutinio segreto dall’Assemblea generale a maggioranza dei suoi membri e nel rispetto del principio dell’equa ripartizione geografica: almeno 13 Stati sono africani, 13 asiatici, 8 latino-americani, 6 est-europei, 7 europei occidentali.
La motivazione addotta nei giorni scorsi dall’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite Nikki Haley è il comportamento dell’organo stesso nei confronti di Israele. “Essere membro di questo consiglio è un privilegio e nessun Paese che viola i diritti umani dovrebbe essere ammesso a questo tavolo. E’ difficile accettare che questo consiglio non abbia mai considerato una risoluzione contro il Venezuela, mentre ne ha adottate ben 5 in marzo contro un singolo Paese, Israele. E’ chiaro che c’è un pregiudizio cronico nei confronti di Israele che mette a rischio la credibilità di questo organismo”.
Non è la prima volta che l’argomento “Israele” richiama polemiche sul Consiglio Onu. Già nel 2008 gli Usa avevano definito questo comportamento “un’ossessione patologica con Israele”. Stati Uniti, Canada, Unione Europea e lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite uscente Ban Ki-moon hanno sollevato questo problema più volte accusando i membri della Commissione di intervenire in maniera monolaterale nei confronti di questo paese e di trascurare ciò che avviene in altri paesi. Nel 2014 dopo gli attacchi su Gaza fu aperta pubblicato un rapporto che dimostrava la violazione dei diritti umani da parte di Israele che rispose presentando un contro-rapporto. Lo stesso avvenne nel 2015. Ne nacque un contenzioso che non si risolse nemmeno dopo che il presidente della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite incaricata di indagare sui possibili crimini di guerra commessi a Gaza, il giurista canadese William Schabas si era dimesso a causa di un presunto “conflitto di interesse”, dovuto a una consulenza che Schabas aveva fornito all’Organizzazione per la liberazione della Palestina nel 2012.
Le proteste dei giorni scorsi non sono però dovute a cause ideologiche o alla salvaguardia dei diritti di Israele. Nel 2015 infatti, quando a fare pare del Gruppo consultivo del Consiglio venne eletto l’ambasciatore saudita Faisal bin Hassan Trad, nessuno degli Usa ebbe nulla da ridire (nonostante molte organizzazioni non governative avessero definito “scandalosa” questa scelta). Anche per altri casi, stranamente, gli Usa non hanno avuto niente da ridire: eppure si tratta di paesi dove i diritti umani sono un serio problema come il Brasile, il Pakistan, il Sud Africa e l’Ecuador. Ma per loro nessuno ha posto obiezioni.
La posizione che gli Usa giudicano “sbilanciata” contro Israele e “dura da accettare” molto probabilmente serve ad altro. Prima di tutto a tutelare l’alleato di sempre. E poi per richiamare l’attenzione anche su altri casi nei confronti dei quali il Consiglio non è intervenuto: come  le violazioni di diritti umani in Venezuela, che secondo gli Usa il paese dovrebbe lasciare il Consiglio per i diritti umani dell’Onu, dopo la repressione delle manifestazioni dei mesi scorsi che hanno causato la morte di 65 persone. Ma anche l’Iran: la Haley, nel suo discorso davanti al Consiglio, a Ginevra, aveva detto che non è stato fatto abbastanza per criticare l’Iran, “un Paese con una storia orrenda sui diritti umani”.
Una dichiarazione che assume una luce del tutto diversa dopo la decisione di pochi giorni fa di Arabia Suadita, Emirati Arabi, Egitto e Barhein, tutti paesi alleati degli Usa, di attuare l’embargo proprio contro l’Iran.
Ma a questo si aggiunge anche un altro aspetto non meno importante: il mandato del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è in scadenza. E molto prevedono che per il prossimo periodo saranno attuati cambiamenti radicali. Un motivo di più per alzare la voce e fare sentire il proprio peso da parte degli Usa.