Onu. Sciopero dei dipendenti a Ginevra. Ma in ballo c’è la credibilità dell’istituzione

di C. Alòessandro Mauceri

I funzionari delle Nazioni Unite di Ginevra, ben 5.400 dipendenti dell’Onu, hanno protestato in aprile e hanno manifestato davanti alla sede di Ginevra. Un numero così elevato che per ascoltare le loro motivazioni si è recato in Svizzera lo stesso Segretario Generale, Antonio Guterres.
Il motivo dello sciopero è stato la riduzione dei compensi del 7,5% cui si aggiunge la riduzione dei rimborsi spese. A scatenare la manifestazione anche il costo della vita che in Svizzera è decisamente maggiore rispetto a quello che funzionari di pari grado devono sostenere in altri stati (come negli Usa o in Francia). Una riduzione che, secondo alcuni, potrebbe causare problemi di turnover e reclutamento del personale. “Si faticherà a reclutare e a trattenere le persone di talento di cui l’agenzia ha estremo bisogno”, hanno detto all’Ompi, l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà intellettuale.
Secondo gli scioperanti la riduzione degli stipendi sarebbe solo uno stratagemma per recuperare fondi per coprire altre voci di spesa: “Vogliono scaricarci parte degli oneri per il rifacimento della sede ginevrina dell’organizzazione, costata agli Stati membri 830 milioni di dollari”, ha detto al quotidiano Le Temps Ian Richards, rappresentante sindacale del personale delle Nazioni Unite di Ginevra.
Altri, invece, sostengono che i problemi delle Nazioni Unite sono di tutt’altra natura e ben più complessi. Come è avvenuto nei giorni scorsi per la Nato, da diversi mesi anche all’Onu circolano voci che metterebbero in dubbio la sua reale utilità. Un recente sondaggio dell’agenzia Gallup Analytics ha evidenziato che solo il 37% degli statunitensi crede che l’Onu stia facendo un buon lavoro per risolvere i problemi globali. E di certo questo giudizio non è migliorato dopo che decisioni azzardate e scandali hanno macchiato la reputazione dell’Organizzazione. Scandali come quello denunciato dall’Associated Press sui presunti abusi sessuali su minori in cui sarebbero coinvolti 134 caschi blu dello Sri Lanka a Haiti. O come la decisione di inserire tra i membri della Commissione Onu per la tutela dei diritti delle donne (UNCSW) paesi dove questi diritti vengono violati quotidianamente. Paesi come l’Arabia Saudita che, secondo il Global Gender Gap Report 2016 del Forum Economico Mondiale, occupa il 141esimo posto su 144 nella classifica dei paesi per il rispetto la parità di genere. Una classifica che avrebbe dovuto far riflettere prima di affidare proprio a questo paese un incarico così importante.
O diatribe come quella legata all’approvazione di un documento per le messa al bando di tutti gli ordigni nucleari, contro il quale hanno votato la maggior parte dei paladini impegnati in missioni di pace in tutto il mondo, oltre naturalmente a tutti i paesi in possesso di ordigni nucleari, nessuno escluso. Anche l’approvazione della risoluzione Unesco su Gerusalemme, volta a rendere nulle tutte le misure legislative e amministrative intraprese da Israele per alterare lo status e il carattere della Città Santa, e a riaffermarne la centralità per le tre grandi religioni monoteistiche, è stata osteggiata da molti paesi, Italia compresa.
Anche le procedure adottate per prendere queste decisioni hanno lasciato molte perplessità negli osservatori esterni. Come quella di ricorrere al voto segreto.
Decisioni importanti per risolvere molti dei problemi del pianeta ma che stranamente non hanno visto ne’ la condivisione ne’ la collaborazione da parte di molti stati, si pensi ad esempio ai Millenium goals lanciati nel 2000 ma che nel 2015, anno di valutazione del primo step, hanno mostrato più insuccessi che risultati concreti.
Si tratta di segnali che mostrano senza possibilità di smentita un malessere profondo, che coinvolge non solo le Nazioni Unite ma quasi tutte le organizzazioni internazionali che stanno dimostrando di non saper far fronte alle pressioni dei gruppi di potere controllati dalle multinazionali e dalla finanza. Un’incapacità di raggiungere gli obiettivi per il bene comune che sta indebolendo giorno dopo giorno la credibilità dell’Onu agli occhi dei cittadini degli Stati membri disincantati che ormai non credono più nella possibilità di risolvere i problemi del pianeta. Per molti questi enti sono ormai solo dei baracconi dove funzionari e dirigenti vivono grazie ai soldi dei contributi che gli stati (sempre meno in quantità e sempre più morosi) versano alle Nazioni Unite. E forse è proprio per questo motivo che la notizia di oltre 5mila dipendenti delle Nazioni Unite che hanno manifestato da giorni per la riduzione degli stipendi non ha avuto grande riscontro sui media internazionali.