Paradise Papers. Re e notabili con i conti offshore. E Wilbur Ross è in partecipata con il genero di Putin

di Guido Keller

Nulla di illegale, ma è scandalo in Gran Bretagna e in altri paesi per gli investimenti offshore di vip e notabili, come da una clamorosa fuga di notizie raccolta dalla Sueddeutsche Zeitung e girata ai giornalisti dell’International Consortium of Investigative Journalist. E’ il “Paradise Papers”, 249mila nomi e 13,4 milioni di documenti che se non indicano affari illegali, quantomeno indignano il contribuente medio, un fiume di informazioni fuoriuscito dalle falle di due società di professionisti che gestiscono conti e investimenti offshore. Si tratta della Appleby, con sede alle Bermuda ma con 9 filiali in altrettanti paradisi fiscali, e la Asiaciti Trist, con uffici a Cook, Panama, Hong Kong e Samoa.
Il primo nome a finire sulla graticola è quello della regina Elisabetta II, la quale ha un conto da 10 milioni di sterline alle isole Cayman, di cui lei è capo di Stato. Ma anche investimenti con partecipazioni in diverse società, tutte con tassazione praticamente nulla, tra cui la catena di rivendite di alcolici Threshers e la società di vendite al dettaglio BrightHouse, questa accusata in passato di far leva attraverso campagne pubblicitarie aggressive su famiglie ed individui vulnerabili vendendo a caro presso mobili e suppellettili di scarso valore. Il ducato di Lancaster, di proprietà della sovrana e che si occupa dei suoi investimenti , ha precisato di avere fatto vari investimenti all’estero, ma ha specificato di non aver ottenuto vantaggi fiscali dagli investimenti offshore. Difficile credergli. Da 700 anni il ducato, che appartiene alla corona, gestisce i fondi dei regnanti, oggi asset per 519 milioni di sterline.
Alle Cayman non vi è imposizione fiscale dai tempi di re Giorgio III del Regno Unito (fine Settecento), e dal 1999 lo Stato italiano ha inserito le isole tra gli Stati o Territori aventi un regime fiscale privilegiato, nella cosiddetta Lista nera, ponendo quindi limitazioni fiscali ai rapporti economico-commerciali che si intrattengono tra le aziende italiane ed i soggetti ubicati in tale territorio.
Un’altra regina è incappata nel “Paradise Papers”, Noor di Giordania. Lei ha precisato, come ha riportato L’Estesso, che si tratta di “lasciti destinati a lei e ai figli che sono stati sempre amministrati in base alle regole e ai più elevati standard etici e legali”.
Poi vi sono la cantante Madonna, che appoggiandosi alla Appleby ha partecipazioni in una società di forniture mediche; il cantante degli U2 Bono Vox (Paul Hewson), con conti a Malta e investimenti in Lituania; Paul Allen di Microsoft, che attraverso società offshore ha investimenti un mega-yacht e alcuni sottomarini; il magnate George Soros, che sta dando filo da torcere all’ungherese Viktor Orban e che ha ampi interessi nel ramo delle assicurazioni; Stephen Bronfman, uno degli uomini del premier canadese Justin Trudeau, con milioni di dollari alle Cayman; l’ex comandante supremo della Nato in Europa, Wesley Clark, risultato amministratore di una società di gioco d’azzardo legale collegata a conti offshore.
Ma soprattutto vi è Wilbur Ross, segretario al Commercio Usa: parteciperebbe a diverse società insieme ad altri, tra cui il genero del presidente russo, Vladimir Putin. E qui siamo in odore di Russiagate.