Primarie Pd: le proposte dei tre candidati sull’Ue

di Davide Delaiti

Il 2017 rappresenta un anno decisivo: o si intraprende con convinzione la strada dell’integrazione europea, oppure il grande sogno degli Stati Uniti d’Europa si infrange. Il Partito Democratico è, seppur con tutte le sue contraddizioni, l’unico baluardo europeista in Italia: un indispensabile argine all’inarrestabile ondata di populismi che ha già sconvolto gli equilibri politici europei e globali con la Brexit e l’elezione di Donald Trump. L’europeismo è un elemento di forte differenziazione nell’attuale panorama politico italiano. Il 40% del PD alle elezioni europee del 2014 ha rappresentato sì una “voto di fiducia” verso il nuovo che avanzava (Renzi), ma sicuramente anche un voto obbligato verso una forza politica che era l’unica a dichiararsi apertamente pro-Ue. Ne sono consapevoli i tre candidati alle primarie del Partito Democratico, che si terranno il 30 aprile 2017. Renzi, Orlando e Emiliano hanno posto al centro della loro agenda politica la questione europea, partendo dalla comune convinzione che l’Unione Europea debba “cambiare verso” (per usare un´espressione renziana), o cambiare rotta. Dalle diverse proposte avanzate nelle tre mozioni, stando alle dichiarazioni, emergono delle differenze da cui è possibile estrapolare quella emergente.

Prendiamo consapevolezza dell’UE odierna.
Andrea Orlando: l’Europa di oggi è l’Europa delle divergenze:economiche e culturali. L’Unione Europea si è dimostrata troppo cinica e indifferente ai problemi che affliggono la frontiera meridionale, ha adottato soluzione sbagliate, quali l’austerity, per problemi che persistono (crescita e occupazione). L’allargamento ad Est nei primi anni 2000 ha contribuito ad acuire le asimmetrie sociali ed economiche. Ripartire dal “Libro Bianco” sul futuro dell’Europa proposto da Junker non è assolutamente sufficiente: è addirittura deludente.

La Governance europea.
Matteo Renzi: dei tre è l’unico a fornire una soluzione pragmatica al problema della governance europea. Partendo dal presupposto che è tanto ambizioso quanto complicato costruire un modello d’integrazione tra paesi diversi, soprattutto sotto il profilo economico (specialmente tra paesi fondatori e paesi dell’Est), è necessario concepire un sistema di governance che faccia perno sulle tre grandi democrazie dell’Eurozona, vale a dire Germania, Italia e Francia. Per ridurre lo spazio decisionale intergovernativo è necessario ripartire dal principio di sussidarietà, che funga da spartiacque tra un governo federale con regole e bilancio unico e uno nazionale, che rinvii determinate decisioni alla responsabilità degli stati.

La Democrazia nell´Ue.
Andrea Orlando: Orlando, Renzi e Emiliano concordano sull’esigenza di un’elezione diretta del presidente della Commissione europea. Le classi dirigenti europee sono per la maggior parte ignote al popolo europeo e molti dei partiti che si presentano alle elezioni europee non dichiarano in quale gruppo del Parlamento europeo confluiranno e di conseguenza quale candidato alla presidenza della Commissione sosterranno. Orlando, però, si spinge oltre. Il PD deve farsi carico del rilancio del PSE, di cui rivendica la leadership. Occorre dunque un momento di apertura e riflessione del socialismo europeo: un congresso del PSE, dove vengano dibattute tesi, proposte e dove vi sia una legittimazione diretta dei vertici politici.

Economia: tra fiscalitá e Eurobond.
Andrea Orlando: il programma economico di Orlando è il più completo. Uno dei primi aspetti da affrontare è la questione della fiscalitá: serve una capacità fiscale europea che non può prescindere da un´armonizzazione dei diversi sistemi tributari. Bisogna porre un freno all´inaccettabile concorrenza fiscale tra stati membri, in riferimento soprattutto a paesi come il Lussemburgo, Irlanda e Paesi Bassi.
Altro grande spinoso argomento sono gli investimenti, fortemente inibiti a causa dei rigorosi vincoli del Fiscal Compact (che va evidentemente rivisto). Per Orlando il Piano Junker è insufficiente. Le grandi reti infrastrutturali, la ricerca e l´innovazione, le politiche energetiche e la sicurezza potrebbero essere finanziate anche attraverso l´emissione di debito pubblico europeo.
Elemento infine condiviso dai tre candidati è la webtax: una tassa che colpisca anche le multinazionali del web.

La difesa europea.
Matteo Renzi: i tre candidati sono consapevoli che la costruzione di una difesa europea comune rappresenti uno dei traguardi principali verso la realizzazione del tanto decantato progetto degli Stati Uniti d´Europa. Renzi è l´unico ad aver chiaro che non è possibile evadere dalle logiche intergovernative soprattutto per questioni rilevanti come la difesa: per questo evoca uno Schengen della difesa, che parta dal nucleo e dal consenso dei grandi paesi fondatori (o se vogliamo dirla cinicamente: dal consenso dei paesi che contano). Individuare pochi obiettivi realizzabili a partire dall´investimento, in una dimensione europea, nell´industria della difesa europea. Mettere quindi in comune risorse, umane ed economiche, per settori al giorno d´oggi quanto mai importanti, come la cyber difesa. Ambizione massima sarebbe quella di costruire una forza europea comune (esercito) che agisca sulla base di regole condivise e che venga finanziata da risorse europee.

La politica sociale e di coesione europea.
Michele Emiliano: per quanto riguarda le politiche regionali e di sostegno sociale vogliamo riportare la proposta/riflessione di Michele Emiliano, non tanto perché migliore delle altre, ma perché unico dei tre a citare la tematica dei fondi europei. Partiamo però dal welfare europeo in generale: come Orlando, Emiliano evidenzia discrepanze non indifferenti tra i vari paesi dell´eurozona, che potrebbero diminuire attraverso una rete universale di protezione sociale. Propone concretamente di garantire a famiglie e individui un reddito minimo, basato sull´approccio human capital.
Dalla mozione del candidato pugliese emerge quindi la necessità di sostenere diversi settori, quali energia, trasporti, efficienza energetica, mobilità giovanile e turismo attraverso il potenziamento dei fondi europei diretti. Applica, erroneamente, lo stesso ragionamento ai fondi della politica di coesione (post 2020), ovvero la necessità di potenziare questi programmi transnazionali e di cooperazione tra attori presenti per esempio nelle diverse macroregioni (EUSAIR e EUSALP). Purtroppo il problema dei fondi della politica di coesione non risiede nella mancanza di fondi, ma nell´incapacità dell´Italia di utilizzarli a causa dei numerosi ritardi nella nomina delle varie autorità preposte alla gestione dei fondi.