Profilo del sistema d’arma 9K37 BUK: quello che ha abbattuto il Boeing sull’Ucraina

di Giovanni Caprara –

missili bukBenchè sia entrato in servizio nel 1979, il sistema missilistico superficie-aria Buk M1 Ural, è considerato uno dei migliori sistemi d’arma per l’intercettazione dei missili da crociera, bombe intelligenti e velivoli. Ma l’SA-11 Gadfly, secondo la denominazione NATO, è limitato nel suo sistema di guida radar semi attiva: il radar per l’acquisizione del bersaglio, illumina l’intruso e nel fascio di rientro si inserisce il missile. Pertanto il centro radar a terra è costretto a seguire il target, e rimanendo bloccato rischia di esporsi al contrattacco avversario.
Il velivolo intercettato, può con le manovre diversive e l’emissione delle contro misure, come i chaffs, eludere l’attacco.
Questo ovviamente non vale per un volo civile come il MH17, il Boeing della Malaysian Airlines abbattuto il 17 luglio sui cieli di Donetsk con 295 persone a bordo, ma resta la prolungata esposizione all’avversario; infatti un radar guidamissili acceso, è facilmente intercettabile da piattaforme per la scoperta avanzata come gli Awacs, i quali potevano trovarsi in volo nella zona del lancio, ed i satelliti che senza dubbio sono a monitorare l’area. Il sistema missilistico antiaereo Buk ha un impiego a medio raggio, ossia l’inviluppo dei missili è dai 4 ai 30 km. Può abbattere oggetti in volo sino a 14mila metri, i suoi vettori 9A310M1 raggiungono i 3 mach e dispongono di una testata di guerra di 70 kg.
È un sistema abbastanza complesso: un centro di comando e controllo, sei impianti antincendio semoventi, un centro di controllo automatico, un sistema di illuminazione radar e guidamissili con un’antenna alta 22 metri, un lanciatore con 4 missili, un sistema informativo digitale, un rilevatore ottico, un telemetro laser, apparecchiature per la navigazione e comunicazione ed una centrale elettrica mobile.
Durante le fasi di scoperta e lancio, la piattaforma rigida lanciamissili viene fatta ruotare con attuatori elettroidraulici ed orientata simultaneamente nell’elevazione azimutale. Il bersaglio viene individuato, identificato e monitorato e dopo essere stato tracciato e designato, il radar lo illumina. I dati vengono trasferiti al radio comando dei missili e lanciati a coppia, per evitare errori o malfunzioni. Gli 9A310M1, possono identificare target con una RCS, radar cross section, di 5 m/2 a 40 km di distanza. Il telemetro laser, accoppiato al rilevatore ottico, ha migliorato la furtività dei missili e fornisce loro un migliore angolo di attacco. Tale implementazione rende i 9A310 adatti per l’impiego negli scenari NEC. Infine, il Buk, può seguire contemporaneamente 6 diversi bersagli.
In base alla complessità del sistema ed in correlazione con l’abbattimento dell’MH17, il Professore Max Abrahms, specialista di Scienze Politiche e Terrorismo dell’Università di Northeastern, in una intervista alla rivista Defence One sostiene che si è trattato di un errore, causato dall’inesperienza dei separatisti. Se questa affermazione corrisponde al vero, è probabile che siano stati ingannati dal trasponder, i quali sono sostanzialmente identici tra quelli civili e militari. Quando gli viene chiesta l’identificazione da una emissione radio, è possibile che questo non fornisca necessariamente l’identità del velivolo, e ciò dipende proprio dal modo in cui gli è stata chiesta l’identificazione, oppure che i richiedenti non siano a conoscenza del codice preassegnato dall’ATC.
Il sistema IFF, identify friend or foe, ha due canali, uno ricevente e l’altro trasmittente. L’operatore radar del Buk poteva non essere in grado di settare il radar nel modo corretto per inviare la richiesta di identificazione e di non avere la necessaria preparazione per interpretare la risposta. Inoltre, i codici militari sono criptati, per non agevolare il loro riconoscimento al nemico; infatti qualsiasi missione di attacco è sempre supervisionata dagli Awacs, i quali si rendono garanti dell’incolumità degli incursori.
Questa possibilità è anche sostenuta dal Professore Steve Zaloga: in una intervista pubblicata dal MIT Tecnology Review precisa che il personale impiegato al Buk, non disponeva delle necessarie informazioni per distinguere un volo militare da uno civile.
Se di errore si fosse trattato, non solo non giustifica l’atto, ma rende la crisi ucraina un fattore di profonda instabilità globale.