R.D. Congo. Malnutrizione e malattie colpiscono gli insediamenti di sfollati. A Kalémie 5.700 bambini malnutriti

di Francesca Mapelli e Chiara Palombella * –

Gli sfollati che vivono negli insediamenti intorno alla città di Kalémie, in Repubblica Democratica del Congo (RDC), hanno accesso limitato alle cure mediche e soffrono di un’allarmante carenza di cibo, acqua e ripari, lo dichiara Medici Senza Frontiere (MSF) che sta fornendo assistenza nell’area. A dieci mesi dall’inizio delle violenze intercomunitarie che le hanno costrette ad abbandonare le loro case, queste persone vivono ancora in condizioni disperate e hanno bisogno immediato di una maggiore assistenza umanitaria.
Nella provincia di Tanganyika quasi mezzo milione di persone, secondo stime delle Nazioni Unite, sono state costrette ad abbandonare le loro case fra luglio 2016 e marzo 2017 a causa delle violenze. Oltre 44mila vivono negli insediamenti intorno alla città di Kalémie. Nel mese di aprile, durante una campagna di vaccinazione contro il morbillo, MSF ha riscontrato 5.700 bambini sotto i cinque anni malnutriti in dieci di questi insediamenti. Gli screening hanno rilevato livelli di malnutrizione al di sopra della soglia d’emergenza: il 16% dei bambini è malnutrito, il 4,5% in maniera severa.
“I bambini stanno morendo di malnutrizione e di malattie prevenibili come la diarrea e il morbillo”, dice Hugues Robert, coordinatore dell’emergenza di MSF. “Queste persone sono qui ormai da quasi un anno ma il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni è lo stesso che ci aspetteremmo di osservare nella fase acuta di un’emergenza”
Dal mese di marzo, le équipe di MSF hanno fornito assistenza di emergenza agli sfollati nei territori di Kalémie e Kansimba attraverso vaccinazioni contro il morbillo, cliniche mobili, distribuzione di acqua e costruzione di latrine e docce in alcuni degli insediamenti. Un’équipe di MSF sta anche offrendo assistenza medica a un gruppo di circa 1.500 sfollati nel villaggio di Moke, dove uno screening per la malnutrizione ha rilevato una situazione particolarmente critica: il 51% dei bambini sotto i cinque anni è risultato malnutrito, il 23% in modo severo. MSF ha allestito una clinica mobile e organizzato una distribuzione alimentare. Due settimane fa, quando sono tornati gli abitanti originari del villaggio, gli sfollati sono stati costretti ad andarsene e non avendo altra scelta si sono insediati nel profondo nella foresta, in un’area difficile da raggiungere. Finché non potranno fare ritorno a casa in condizioni di sicurezza, dovranno ricevere aiuto e protezione.
MSF chiede una risposta umanitaria più consistente da parte delle agenzie delle Nazioni Unite e del governo congolese nei territori di Kalémie e Kansimba e nella provincia di Tanganyika. Le condizioni degli insediamenti devono essere migliorate con urgenza, l’assistenza sanitaria dev’essere resa facilmente accessibile, aiuti alimentari devono essere forniti alle famiglie sfollate e alle comunità ospitanti e chi è a rischio di violenza deve ricevere protezione. Una prima dislocazione di aiuti è avvenuta e ne sono previste altre, ma per ora rimangono tristemente insufficienti.
MSF lavora in Repubblica Democratica del Congo dal 1981. Da aprile 2017, le équipe di MSF nella provincia di Tanganyika hanno lanciato una campagna di vaccinazione contro il morbillo e trattato alti livelli di malnutrizione fra le popolazioni costrette a lasciare le proprie case e le comunità ospitanti.

Testimonianze Medici Senza Frontiere.
Narcisse Wega Kwekam è vice coordinatore dell’emergenza di MSF in Repubblica Democratica del Congo. È tornato da poco dalla provincia di Tanganyika, un’area in cui gli scontri fra comunità hanno costretto un gran numero di persone a lasciare le loro case. Molti vivono adesso in insediamenti informali, dove procurarsi il cibo rimane fra i problemi principali. L’insicurezza dominante sta minando la salute delle persone e la loro capacità di accedere alle strutture mediche esistenti.
“A causa del conflitto intercomunitario, gli abitanti dei villaggi hanno abbandonato le loro case nella speranza di trovare sicurezza altrove. Con l’intensificarsi dei combattimenti, gli insediamenti informali si sono moltiplicati mentre un numero crescente di famiglie arrivava a Kalémie. I rifugi in cui vivono queste persone sono fatti di paglia e di altri materiali rinvenuti nei paraggi e, anche se gli insediamenti sono in piedi ormai da mesi, gli aiuti forniti ai loro abitanti sono minimi o inesistenti. Alcuni non hanno acqua, cibo né accesso alle cure mediche.
Siamo arrivati nel villaggio di Moke nel corso di una campagna di contrasto a un’epidemia di morbillo che si era estesa fino a zone difficili da raggiungere nella provincia di Tanganyika. La gravità della situazione che abbiamo trovato raggiungeva livelli che raramente abbiamo osservato in precedenza. Le persone erano sfinite e giacevano al suolo, incapaci di alzarsi. Nel villaggio vivevano 1.500 persone e quando abbiamo visitato il cimitero abbiamo contato 95 tombe. Il 90 per cento apparteneva a bambini. Nel mese di aprile abbiamo lanciato uno screening contro la malnutrizione, riscontrando che il 51 per cento dei bambini era malnutrito, il 23 per cento in maniera severa.
Abbiamo allestito delle cliniche mobili il più velocemente possibile e fornito cure mediche sia a bambini che ad adulti malnutriti. Abbiamo anche distribuito oggetti come zanzariere e teloni, perché malaria e polmonite erano fra le malattie più frequenti per le quali le persone ci chiedevano aiuto.
Queste persone versano in condizioni terribili. Hanno due desideri: essere protette e tornare a casa. Oltre a fornire aiuti, MSF chiede ad altri attori di condividere questa responsabilità. Se stiamo seduti con le mani in mano, queste persone moriranno. Ogni volta che torniamo al villaggio ci sono nuovi morti.
Come MSF, continueremo a raccontare ciò che vediamo e a fornire testimonianze della nostra esperienza. Ma tutti devono assumersi la propria responsabilità. Ci sono sicuramente altre sacche di popolazioni sfollate che versano in situazioni simili e nelle stesse condizioni di bisogno. Noi siamo pronti a intervenire, ma anche ad alzare la voce affinché tutti si sentano coinvolti e agiscano”.

* Ufficio stampa Medici Senza Frontiere.