Referendum Turchia. Brogli: Bruxelles chiede al governo di indagare su se stesso

di Notizie Geopolitiche – 

Dopo il risultato del referendum che trasforma la Turchia in una repubblica presidenziale, vinto sul filo di lana con un risicato 51.41% di voti favorevoli e che convoglia nelle mani di Recep Tayyip Erdogan poteri ineguagliati in qualunque paese democratico (ammesso che la Turchia possa ancora considerarsi come tale), la Commissione Europea in una nota ha sostanzialmente chiesto al governo di Ankara di indagare sui presunti brogli commessi dal governo stesso.
Secondo una relazione dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che è stata tenuta molto in considerazione da Bruxelles, il processo di voto e di spoglio delle schede non sarebbe stato per nulla trasparente e sarebbero state commesse numerose irregolarità; come ha fatto notare la deputata austriaca di origini turche Alev Korun, membro della delegazione di osservatori dell’Osce, nonostante le proteste dell’opposizione la Commissione elettorale turca ha infatti considerato valide oltre 2 milioni di schede sospette, nonostante non recassero il timbro ufficiale (il ‘Sì’ ha vinto con uno scarto di soli 1.3 milioni di voti).
La portavoce della Commissione Europea, Margaritis Schinas, ha quindi chiesto poche ore fa che “le autorità avviino indagini trasparenti sulle presunte irregolarità sollevate dagli osservatori”, unendosi al coro di critiche provenienti da molti paesi Ue, come la Germania la quale, tramite il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel, fa sapere di “attribuire particolare importanza al report dell’Osce”.
Chiedere alle autorità turche di indagare sul governo quando i vertici di forze armate, servizi segreti e magistratura sono già stati decapitati e sostituiti con uomini fedeli ad Erdogan è di fatto come domandare alla criminalità organizzata di indagare sui propri traffici illeciti; sprezzante è stata infatti la risposta del presidente turco, il quale ha intimato agli altri paesi di “stare al loro posto” ed ha rilanciato proponendo un altro referendum che reintroduca la pena di morte, una scelta che spinge il paese mediorientale nella direzione richiesta dal ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, ossia fuori dalla Ue.