Relocation migranti ovvero il fallimento delle politiche sociali dell’Ue

di C. Alessandro Mauceri

Da anni si parla di ricollocamento dei migranti, dei profughi e dei rifugiati (le tre cose, lo abbiamo detto più volte, sono profondamente diverse) che arrivano in Europa dalla Turchia ma soprattutto dalla Grecia e dall’Italia attraverso il Mar Mediterraneo. E ogni volta gli incontri si sono conclusi con un impegno da parte dei vari paesi dell’Unione ad accogliere almeno parte di queste persone sulla base di alcuni parametri. Salvo poi, puntualmente, venire disattesi da tutti i paesi che li avevano sottoscritti e non ammettere oltre confine nessuno (o quasi).
Nel 2015, stando agli accordi presi, 160mila persone da Italia, Grecia e Ungheria sarebbero dovute essere ricollocate in altri Stati europei entro settembre 2017. L’obiettivo della Commissione Europea era di realizzare circa 6mila ricollocazioni al mese. Ad oggi però di queste ne sono state fatte solo poco più di 3mila, meno del 2% del totale delle quote di ricollocazione. I 28 paesi inizialmente coinvolti nel progetto (poi diventati 31 nei mesi successivi) hanno messo a disposizione appena 9.119 posti, ma poi per un motivo o per l’altro la relocation non è avvenuta.
Per questo nei giorni scorsi il premier italiano Paolo Gentiloni ha rinnovato l’invito a rispettare gli accordi già presi e ripetutamente sottoscritti. Un invito che segue quello del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker ad alcuni paesi che avevano formalizzato la propria richiesta di venire meno agli accordi per la relocation. Paesi come l’Austria che nel 2015 si era assunta l’incarico di accogliere circa 1.900 migranti provenienti da Italia e Grecia. A marzo il cancelliere Christian Kern, a margine di una seduta del consiglio dei ministri a Vienna, aveva manifestato l’intenzione di scrivere una lettera a Bruxelles spiegando che l’Austria avrebbe chiesto di disapplicare il piano di ricollocamento dei migranti affermando che il proprio paese ha già accolto quasi lo stesso numero di migranti, giunti illegalmente. Diversa l’opinione della Commissione europea per la quale invece nessuno dei quasi 27mila migranti finora ricollocati è stato accolto in Austria.
“La Commissione è pronta a discutere come assistere le autorità austriache affinché adempiano gradualmente ai loro obblighi. Naturalmente terremo conto della solidarietà che l’Austria ha dimostrato in passato”, ha detto Juncker. “Capisco le tue preoccupazioni e timori ma desidero sottolineare che la situazione è cambiata”, spiega il presidente della Commissione europea nel documento lungo tre pagine, ricordando tra i vari elementi, che è stata istituita l’Agenzia europea dei guardacoste e delle guardie di frontiera a tempo record, e che gli hotspot in Italia e Grecia sono “pienamente operativi”. Immediata la risposta del ministro degli Interni Wolfgang Sobotka che ha detto: “Siamo giuridicamente vincolati a rispettare l’accordo europeo e lo faremo”. Per contro lo staff del cancelliere Kern ha parlato di “margini di manovra”. Situazione analoga in molti altri paesi dell’Ue. Per questo, in una risoluzione approvata con un margine di voti ridottissimo, il Parlamento europeo ha condannato l’uso dei cosiddetti “migration compact” per incoraggiare i Paesi terzi a bloccare i flussi di migranti verso l’Europa. Il testo, approvato con 333 voti favorevoli, 310 contrari e 46 astensioni, prevede di instaurare un “regime di governance multilaterale” per le migrazioni e la creazione di una politica comune europea in materia di migrazione (l’ennesima) incentrata sui diritti umani e basata sul principio di solidarietà tra gli Stati membri. Il Parlamento europeo inoltre ha chiesto di essere coinvolto nell’attuazione dei cosiddetti “migration compact” che l’Ue sta negoziando con paesi terzi per frenare i flussi migratori.
Mentre i flussi di migranti stanno aumentando ad un ritmo vertiginoso e incontrollabile, però, la Commissione europea ha pensato bene di “esortare l’Italia a velocizzare le procedure per identificare e registrare in vista del ricollocamento tutti gli aventi diritto”, come ha detto nei giorni scorsi il commissario europeo alla migrazione Dimitris Avramopoulos durante la Plenaria del Parlamento europeo. “Chi arriva in Italia deve essere immediatamente inserito in specifici canali di ricollocamento”, ha ribadito il commissario, sottolineando che “è fondamentale che il ricollocamento dei migranti sia applicato da tutti gli Stati membri”.
Una pecca quella della valutazione dei diritti dei migranti ad essere accolti e assistiti che è stata rilevata anche dall’UNHCR che ha detto che l’Ue avrebbe riconosciuto che la gravissima “situazione in cui versano l’Italia e la Grecia è una stortura prodotta dal sistema Dublino, che tende a sovraccaricare le strutture di accoglienza dei Paesi di frontiera, e ha deciso di agire per evitare che “la pressione su questi territori diventi intollerabile”. L’UNHCR ha rimproverato all’Italia la pratica a singhiozzo del fotosegnalamento dei migranti; ritardi che permetterebbero loro di passare le frontiere interne dell’Unione per chiedere asilo altrove. “L’andamento della relocation dall’Italia procede in modo disordinato, episodico”, si legge nella pagina italiana dell’UNHCR. Al 27 aprile erano stati ricollocati 17.903 richiedenti asilo: 12.490 dalla Grecia e 5.920 dall’Italia. “Un dato – scrivono i promotori della mozione – che equivale ad appena l’11 per cento degli obblighi assunti”. Cioè, 18.410 persone su 160mila previste.
Ancora peggiore se possibile la situazione per i bambini migranti. A fronte di 5000 posti nell’Unione per ricollocare i minori non accompagnati arrivati sulle coste del Bel Paese fin ad ora i paesi europei hanno accolto “soltanto un minore non accompagnato”, come ha riconosciuto il Parlamento di Strasburgo. Un solo bambino che è l’emblema del fallimento del programma di relocation dell’Unione ma anche del fatto della mancata solidarietà dei vari paesi europei di fronte al problema dei migranti e della incapacità di essere uniti di fronte ad una crisi storica.