Rita Katz, la donna che combatte lo jihadismo virtuale

di Marco Pugliese

Quando vengono date le segnalazioni riguardo attacchi terroristi, quasi sempre si fa riferimento a SITE, una società statunitense con sede a Bethesda, nel Maryland, che si occupa di monitorare le attività dei jihadisti online. SITE nacque nel 2002 e vide come fondatrice Rita Katz, irachena di Bassora. La sua storia è molto particolare. Nata nel 1963, da una famiglia ebrea, vide l’impiccagione del padre in piazza a soli quattro anni d’età, accusato dal governo iracheno d’essere una spia durante la Guerra dei sei giorni, quando Israele trionfò sulla coalizione araba. Erano anni in cui il regime di Baghdad incitava all’odio nei confronti delle comunità ebraiche presenti sul proprio territorio nazionale.
Dopo la morte del padre la famiglia Katz (madre, Rita e tre fratelli) rimase ai domiciliari. Con uno stratagemma e dopo aver avvelenato le guardie la madre di Rita riuscì a sconfinare con i figli in Iran e da lì poi il nucleo famigliare riparò in Israele. Katz fece il servizio militare con l’IDF – l’Israel Defense Force – e si laureò in politica e storia all’Università di Tel Aviv. Nel 1997 il trasferimento negli Usa, il marito medico vinse un assegno di ricerca.
Katz, che parla sia arabo che ebraico, oltre ad inglese, spagnolo, italiano e francese, ha fondato SITE insieme a Josh Devon nel luglio del 2002. l’idea era quella di coprire una falla dei sistemi di sicurezza. SITE “copre” con la open intelligence un pacchetto molto ampio d’informazioni non sempre monitorato dai servizi di mezzo mondo. Gli analisti di SITE sono riusciti ad infiltrarsi in chat e gruppi online di terroristi, carpendone piani e strategie. SITE ha assunto sempre più importanza, difatti governi (anche quello Usa) enti e quant’altro richiedono sempre più spesso consulenze al gruppo di Katz, relazioni e materiali che molto spesso vengono pagati migliaia di dollari.
Qualche esempio. Nel 2001 nessuna agenzia d’intelligence prevedette gli attentati dell’11 settembre, non era stata data infatti attenzione sufficiente alle attività online di al-Qaeda. Da quel momento cambiò tutto. Anzi, dal 2004, dopo che al-Qaeda diffuse il video che mostrava la decapitazione dell’ostaggio americano Nick Berg (la Cia disse che fu Abu Musab al-Zarqawi in persona a decapitare Berg e che fu lui a diffondere online il video), le indagini della Katz furono messe al centro di parecchi interventi. Oggi il reclutamento online è abbastanza scontato, tredici anni addietro meno. Esistono molti detrattori della Katz, vengono bollate come “patacche” alcune delle informazioni pubblicate. Rukmini Callimachi, giornalista esperta di terrorismo del New York Times, dichiarò di avere propri contatti che la avvisano ogni qual volta lo Stato Islamico pubblica su Internet, ma di considerarsi sicura dell’autenticità di quel materiale solo quando era SITE a confermarne la veridicità. Dai video dell’Isis a quello di Bin Laden, SITE ne ha sempre studiato la veridicità. Le scorse ore è apparso su SITE un post in cui l’Italia è indicata come prossimo bersaglio dello Stato Islamico. Avrà ragione ancora una volta Rita Katz?