Ruanda. Un tecnico alla guida dell’esecutivo

di Valentino de Bernardis

Kigali inizia il mese di settembre con un nuovo governo. Mercoledì 30 agosto il primo ministro incaricato Edouard Ngirente ha difatti giurato in parlamento, il giorno successivo è stato il turno della nuova squadra di governo. Tempi rapidi, come aveva annunciato il rieletto presidente Kagame il giorno dopo le elezioni presidenziali del 4 agosto, da cui era uscito vincitore con una vittoria plebiscitaria con il 98% delle preferenze.
La scelta di Ngirente rappresenta un primo chiaro segnale di come Kagame intenda indirizzare il suo terzo (e ultimo?) settennato. Dimesso un politico di professione e leader socialdemocratico, come l’ex primo ministro Anastase Murekezi in carica dal 2014, è stato chiamato a Kigali un economista senza una particolare affiliazione partitica. Un tecnico proveniente da una palestra formativa importate quale la Banca Mondiale, dove ricopriva dal 2011 la carica di consigliere economico che potrebbe garantire al paese l’attuazione di quelle riforme strutturali necessarie per garantire al Ruanda lo status di upper middle-income entro il 2035.
Il tutto con un occhio diretto ad un più pacifico rapporto con quella parte di comunità internazionale preoccupata dalle riforme costituzionali del 2015, che potenzialmente permetterebbero a Kagame di rimanere alla guida del paese fino al 2034.
Nonostante enormi difficoltà logistiche data la conformazione e la geografia del paese, Kigali continua ad essere soggetta ad una congiuntura economica favorevole (crescita del PIL prevista al 6,1% nel 2017 e 6,8% nel 2018 secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale), che rende molto più agevole la strada del governo appena insediato. Con una popolazione in forte crescita, e una densità di abitanti tra le maggiori nel continente africano, Ngirente dovrà primariamente lavorare per abbattere l’elevato tasso di disoccupazione (stimato in circa il 20%), in special modo con l’attrazione di fondi stranieri e la continuazione delle opere infrastrutturali pubbliche.
Avendo ben chiari questi obiettivi, da cosa si differenzia il primo governo Ngirente da quello di Murekezi? Ad una prima analisi, nonostante il cambio alla testa dell’esecutivo, molti ministri sono rimasti ad occupare le stesse poltrone, o tutto al più assegnati a portafogli diversi, ma che nella sostanza rappresentano un segno di continuità e non di discontinuità, nella logica di accontentare tutte le diverse anime che hanno sostenuto Kagame alla riconferma.
Il maggiore segno di tale continuità è forse rappresentato dalla riconferma agli Affari Esteri di Louise Mushikiwabo, alla quale è stata aggiunta la delega per gli Affari della Comunità dell’Africa Orientale. Ministero da sempre centrale in tutti i paesi africani, impegnati sia a tenere ottime relazione diplomatiche con i vicini, ma anche con i paesi investitori.
Il cambiamento più evidente è invece evidenziato dalla divisione del dicastero delle Risorse Naturali, scorporato in Ambiente e Forestale, cosi come quello della Gioventù e delle Tecnologie e Informazione, a sottolinearne la centralità che ad essi verrà dedicato nel nuovo gabinetto Ngirente. Alla luce di tale considerazioni, quali saranno concretamente le possibilità del governo di mantenere le elevate aspettative riposte sul suo futuro operato? L’ampia maggioranza parlamentare se da una parte garantisce all’esecutivo la certezza di non cadere sotto il fuoco di franchi tiratori o imboscate inaspettate, dall’altro indebolisce enormemente la figura di Ngirente, senza un partito di riferimento, e per molti aspetti dipendente dalla volontà del presidente Kagame, unico e vero leader politico del paese. Tutto dipenderà dal ruolo che Kagame vorrà ritagliare per se, e dagli interessi che vi saranno in gioco di volta in volta.
Non è infine da escludere la possibilità di trovarci di fronte all’alba di un nuovo alba per il Ruanda, con la designazione non solamente di un nuovo primo ministro, ma di un vero e proprio delfino, sulla falsariga di quanto già visto, ad esempio, in Benin ldue anni fa. Quando difatti Thomas Boni Yayi decise di designare a capo del governo il tecnocrate banchiere Lionel Zinsou, in pochi si resero conto che si trattava della designazione anche di un erede, sebbene poi questi non riuscì a vincere le successive elezioni nel 2016.

@debernardisv
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