Russia. Arresti alle manifestazioni anti-corruzione, tra cui Navalny: proteste da Ue e Usa

di Enrico Oliari

Hanno suscitato un’ondata di proteste gli arresti in Russia di mille partecipanti alle manifestazioni contro la corruzione indette dall’oppositore Alexei Navalny, tenutesi in oltre 100 città della Russia, da Mosca a Vladivostok: l’Unione Europea ha infatti chiesto a Mosca la liberazione “senza indugio dei manifestanti pacifici” fermati ieri, una posizione che il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano ha ribadito al collega russo Sergei Lavrov a seguito dell’incontro che si è tenuto in mattinata nella capitale russa. Alfano ha infatti affermato in conferenza stampa congiunta che “pur rispettando le leggi e la Costituzione della Russia, non posso che adeguarmi alla linea dell’Unione Europea”, ovvero la richiesta del rispetto delle libertà fondamentali.
In un comunicato di Bruxelles si legge infatti che “Le operazioni di polizia nella Federazione Russa, che hanno cercato di disperdere le manifestazioni e hanno arrestato centinaia di cittadini, fra cui il leader dell’opposizione Alexei Navalny, hanno impedito di esercitare le loro libertà fondamentali, fra cui la libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, che sono iscritte nella Costituzione russa”.
Anche gli Usa “condannano fermamente gli arresti di centinaia di manifestanti pacifici in Russia e chiedono al governo russo di rimetterli subito in libertà”, ha scritto in una nota Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato, sostenendo che “fermare dei manifestanti pacifici, degli osservatori dei diritti dell’uomo e dei giornalisti è un affronto ai valori democratici fondamentali”.
L’arresto di Alexei Navalny, uno degli esponenti dell’opposizione russa a Vladimir Putin, non è cosa nuova, ma a preoccupare è il fatto che le manifestazioni di ieri erano del tutto pacifiche e con oggetto una delle realtà drammatiche del paese, ovvero la corruzione nell’amministrazione pubblica. Una piaga verso la quale il presidente Vladimir Putin è sceso in campo di prima persona, tanto che nel novembre scorso è saltato il ministro dello Sviluppo economico Aleksej Ulijukajev, il quale avrebbe intascato una maxi-tangente da 2 milioni di dollari in cambio del via libera del governo alla privatizzazione della compagnia petrolifera Bashneft.
Navalny, che ha accusato pubblicamente il premier Dmitri Medvedev, non poteva partecipare alle proteste pubbliche su disposizione del tribunale che in passato gli aveva imposto restrizioni.
Nel febbraio 2015 aveva infranto il divieto di distribuire volantini contro Putin, per cui era stato anche allora arrestato, ma alle spalle ha un’infinità di condanne, puntualmente sospese, che lasciano pensare ad un accanimento nei confronti dell’oppositore politico: il 18 luglio 2013 lui e l’imprenditore Pyotr Ofitserov sono stati condannati a 5 anni di colonia penale per furto di legname, pena immediatamente sospesa; nel dicembre 2014 è stato condannato con il fratello Oleg e una condanna a tre anni e mezzo per frode e riciclaggio nell’affaire Yves Rocher, ma per lui la pena è stata sospesa; la stessa cosa vale per un’infinità reati, fra cui evasione dai domiciliari, finanziamento illecito dei partiti.
Eletto dall’assemblea congressuale alla carica di presidente del partito di opposizione Alleanza Popolare, formazione non presente nella Duma, alle elezioni di settembre 2013 ha corso per la carica di sindaco di Mosca ottenendo il 27,2% dei voti, ma è stato battuto dalla riconferma del fedelissimo di Putin, Segei Sobyanin (51,37%).