Russian Energy Week e i risvolti geopolitici dell’incontro di Putin con Salman

di Filippo Sardella

Da pochi giorni si è concluso il Russian Energy Week, convegno internazionale sull’efficienza energetica che si è svolto tra Mosca e San Pietroburgo e ha riunito in i maggiori esponenti del settore del petrolio e del gas di tutto il mondo. Il forum però, come spesso accade in queste occasioni, non è stato solo un occasione formale in cui i leader dei paesi invitati hanno condiviso tra di loro le proprie idee circa le infrastrutture e le risorse energetiche da sviluppare, ma è anche stato un’occasione di dibattito e di incontro tra i leader dei più grandi paesi della scena internazionale, tale da ergere lo stesso forum anche ad arena di dibattito geopolitico. Per questo motivo tra gli invitati si è registrata la presenza dei rappresentanti di tutti quegli stati appartenenti alle aree più calde del panorama internazionale, i quali sono giunti in Russia principalmente per incontrare il presidente federale Vladimir Putin.
Il 5 ottobre scorso, nonostante l’onda mediatica del referendum catalano abbia catalizzato gran parte dell’attenzione del mondo mediatico, non è passato in sordina l’incontro avvenuto tra re Salman di Arabia Saudita e il presidente federale Vladimir Putin. Non a caso quel giorno è stato il più atteso ed importante di tutta la Russian Energy Week. A dare un ulteriore tocco storico alla visita di re Salman, oltre al fatto che egli rappresenta il primo membro della dinastia Saud a visitare la capitale russa, è stato anche il commento che il presidente russo Vladimir Putin si è lasciato scappare prima dell’incontro circa l’alleanza tra Usa e Arabia Saudita, “Nulla dura per sempre a questo mondo”.
Infatti la duratura alleanza transatlantica tra Ryad e Washington, che sembrava più salda che mai soprattutto dopo la visita di Donald Trump capitale saudita avvenuta del maggio precedente, quando venne annunciato da entrambe le parti l’impegno di raggiungere la cifra record di 350 miliardi in cooperazione per la difesa entro il 2027, ad oggi sembra mostrare qualche crepa. L’impegno preso da entrambi i governi con una cifra talmente ingente induce a pensare che tale accordo acquisisca i tratti e l’importanza di una vera e propria alleanza tra Washington e Ryad valida almeno per il prossimo decennio. Nonostante questo però nella corsa all’armamento dell’Arabia Saudita di recente si è aggiunto prepotentemente anche il Cremlino; infatti Ryad ha firmato un accordo preliminare con Mosca che prevede l’acquisto di sistemi russi per la difesa antiaerea S-400, ma anche di missili anti-carro Kornet-Em, lanciagranate Tos-1A e Ags-30 e fucili d’assalto kalashinkov Ak-103 (come è stato descritto in un comunicato stampa delle industrie militari dell’Arabia Saudita). Questi accordi, oltre ad avere un valore complessivo di oltre tre miliardi di dollari, aprono la strada alla produzione di armi nel ricco regno petrolifero, interferendo in quei rapporti preferenziali, esclusivi e quasi monopolistici che l’Arabia dei Saud da anni intrattiene solo con gli Stati Uniti.
Alla luce di questo, l’incontro avvenuto tra re Salman e Putin assume la portata di evento storicamente rilevante sotto numerosi aspetti.
Analizzando la visita del re saudita da un punto di vista prettamente energetico, si può constatare che si è cercato di raggiungere come obiettivo una possibile collaborazione tra Arabia Saudita e Mosca nell’ambito dell’energia nucleare, in modo tale che la stessa Arabia possa eguagliare, senza subire un ulteriore gap, il programma dell’Iran in questo settore. Oltre a questo il governo di Ryad, in maniera oltre modo lungimirante, pianifica di coprire il fabbisogno interno di elettricità con il nucleare, in modo tale da destinare l’intera produzione petrolifera solamente all’esportazione. Pianificazione questa già in atto da diversi anni, tanto che già nel 2015 l’Arabia Saudita aveva firmato un accordo preliminare con la Russia per costruire i suoi primi reattori nucleari e lo scorso giugno, a margine del Forum economico di San Pietroburgo, ha sottoscritto un’intesa per la cooperazione bilaterale sull’uso pacifico dell’energia nucleare.
Guardando invece a quanto accaduto da un punto di vista prettamente geopolitico, si può evincere che re Salman abbia intuito in maniera lungimirante il ruolo che assumerà la Russia nello scacchiere mediorientale. Il governo di Mosca è divenuto, dapprima con la gestione dell’escalation siriana, poi con la sconfitta del Califfato Nero, il protagonista di maggior peso e rilievo nell’area mediorientale. Per Mosca il fatto di avere stretto una solida e preventiva alleanza con l’Iran, all’alba della crisi siriana, si sta dimostrando una mossa accorta e si sta trasformando sopratutto in un vantaggio, dato che i paesi dell’area, anche quelli più ostili a Tehran, sono costretti a passare da Mosca per far sì che le loro istanze e preoccupazioni vengano ascoltate.
Di tale visione si trova facilmente conferma nelle parole del presidente russo Putin, il quale ha dichiarato durante il forum della “Settimana energetica russa”, che è consapevole delle preoccupazioni sia dell’Iran che dell’Arabia Saudita circa la crisi siriana, ma vuole assicurare ad entrambe le nazioni che la Russia è determinata nel cercare un compromesso soddisfacente per tutti gli attori non solo coinvolti ma che si trovano nell’area.
Sotto un ulteriore aspetto l’incontro con il re Salman è risultato essere determinante per Putin. Proprio la Russia adesso è diventata difatti ufficialmente alleata di entrambe le correnti dell’islam, mettendo a segno un importante punto a favore di Mosca in Medio Oriente a sfavore di Washington; proprio il presidente statunitense nel già citato incontro del maggio scorso a Ryad, evidenziò come le forze sunnite fossero le uniche forze in grado di opporsi al male, omettendo volutamente di citare la corrente sciita.
In fine l’evento è risultato di straordinaria importanza non solo per i risvolti appena descritti e quindi auspicabili in ottica futura, ma perché finalmente è riuscito a creare un dialogo tra due nazioni che non erano mai state in grado di intavolare normali relazioni sul piano internazionale, come dimostrano i burrascosi trascorsi in cui Russia ed Arabia Saudita si sono contrastate a vicenda per decenni, se pur non direttamente e coinvolgendo terze parti, come testimoniato dalla guerra sovietico-afgana e dalle due guerre di Cecenia.