Sanzioni Onu: per la Corea del Nord sono ‘un atto di guerra’

di Enrico Oliari

Dopo che ieri il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato nei confronti della Corea del Nord le sanzioni più dure di sempre a seguito del lancio del missile balistico Hwasong-15 dello scorso novembre, il regime nordcoreano ha fatto arrivare i suoi strali urbi et orbi, in particolare contro gli Stati Uniti asserendo in una nota diffusa dall’agenzia ufficiale Kcna che “essi sono totalmente terrorizzati perché abbiamo portato a termine la grande impresa storica del completamento della potenza nucleare dello Stato”. Per Pyongyang quella messa in atto dai 15 paesi del Consiglio di sicurezza è una vera e propria “dichiarazione di guerra”, per cui “rafforzeremo ulteriormente il deterrente nucleare”. Vi è stata poi una minaccia rivolta a coloro che hanno dato il via libera al nuovo pacchetto di sanzioni, “Paesi che saranno direttamente responsabili di ciò che accadrà”.
Le misure intraprese venerdì, che hanno visto il voto favorevole delle due potenze confinanti che avrebbero potuto porre il veto, cioè Russia e Cina, interessano le importazioni di petrolio, elemento necessario a proseguire il programma missilistico, ma anche l’importazione di macchinari, prodotti alimentari, legname e materiale elettrico. Petrolio e raffinati non potranno essere trasbordati da nave a nave, aumenteranno i controlli sui mezzi diretti e provenienti dalla Corea del Nord e i vari paesi, compresa l’alleata storica Cina con la quale evidentemente i rapporti si stanno raffreddando; le nazioni provvederanno ad espellere i lavoratori nordcoreani, tagliando così quella fonte di finanziamento.
Il Consiglio di sicurezza ha tuttavia bocciato la proposta Usa di un blocco navale completo, ma l’ambasciatrice Nikki Haley ha parlato lo stesso di “regime che ha scelto la via dell’isolamento” e ha minacciato che “Più ci sfiderà, più lo puniremo”.
Gli analisti riversano comunque dubbi sulle reali intenzioni di Russia e Cina, paesi che non hanno mai fatto mistero di preferire alla via della chiusura totale quella del dialogo. Tra l’altro di recente la Russia ha aperto nuovi canali internet per la Corea del Nord in aggiunta a quelli primari concessi dalla Cina, nonostante gli stessi russi della società di sicurezza Kaspersky mesi fa, e quindi ben prima del consulente del presidente Donald Trump per la sicurezza interna Thomas Bossert, avessero specificato che il virus WannaCry, che ha silurato 300mila computer in 150 paesi, era molto simile al “Lazzaro”, il virus che gli hacker nordcoreani, forse militari, avevano usato nel 2012 contro la Sony Pictures Studio, la quale aveva prodotto il film-parodia su Kim Jong-un “The interview”. Il 1 dicembre una delegazione di deputati russi si era recata in visita ufficiale a Pyongyang per valutare la via del dialogo, ed al termine avevano assicurato che “la Corea del Nord è pronta a vivere un secolo sotto sanzioni, ma non rinuncerà al programma missilistico-nucleare”.
Già il 5 settembre il presidente russo Vladimir Putin, rispondendo alle accuse mosse da Washington di intrattenere rapporti commerciali con la Corea del Nord, aveva garantito che “gli scambi commerciali con la sono praticamente pari a zero”, ma nell’occasione aveva fatto notare che “i nordcoreani mangeranno erba ma non rinunceranno ai loro piani militari fino a che non si sentiranno sicuri”.
Il punto è proprio questo. Quella delle sanzioni rischia di essere un’azione di circostanza e nulla di più, una strategia scelta per non arrivare al cuore del problema: l’atteggiamento belligerante del regime nordcoreano si spiega con il fatto che la Corea del Nord si trova ancora ufficialmente in guerra con gli Usa e la Corea del Sud, in quanto non è mai stata firmata la pace dal conflitto 1950 – 1953. Contestualmente gli Usa mantengono nelle proprie basi in Corea del Sud circa 33mila militari, da anni vengono compiute esercitazioni navali e militari e soprattutto lì gli Usa hanno istallato armi di ogni genere, in pratica sotto la casa del nemico.