Scintille tra Usa e Turchia dopo l’arresto del funzionario del consolato. Perché ormai Erdogan guarda a Mosca

di Enrico Oliari

Ancora scintille tra la Turchia di Recep Tayyp Erdogan e gli Stati Uniti di Donald Trump, dopo che alcuni giorni fa è stato spiccato un ordine d’arresto nei confronti di un dipendente del consolato Usa di Istanbul.
Il funzionario, Metin Topuz, è di nazionalità turca ed è accusato dalle autorità turche di essere una spia al soldo di Washington e soprattutto un appartenente alla rete del ricco imam Fethullah Gulen, questi rifugiato da anni a Philadelphia.
I gulenisti, di cui ne sono finiti agli arresti decine di migliaia, sono accusati di essere i promotori del fallito golpe, vero o presunto che sia stato, del 15 luglio 2016.
A seguito del mandato di arresto, ieri emesso per la seconda volta dopo quello del 5 ottobre, l’ambasciata statunitense ad Ankara ha spiegato di dover “riesaminare l’impegno del governo della Turchia sulla sicurezza delle strutture e del personale Usa”, ed ha annunciato la sospensione dei visti brevi per gli Stati Uniti. Il ministero degli Esteri turco ha quindi convocato il vice-capo missione Usa in Turchia (l’ambasciatore John Bass al momento non di trova nel paese) per chiedere l’”immediato” ritiro del provvedimento. Il segretario di Stato Usa Rex Tillerson e il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu si sono sentiti al telefono, ma la restrizione dei visti per motivi di studio e per turismo è rimasta, per cui anche Ankara ha adottato simmetricamente la misura nei confronti degli Usa.
Quanto successo è solo l’ultima frizione tra i due paesi, entrambi membri della Nato, ma sarebbe un errore circoscrivere il caso alla mancata estradizione di Fethullah Gulen, richiesta da Ankara.
Difatti la Turchia di Erdogan, che ha il secondo esercito in forza alla Nato, sta procedendo con una politica piuttosto ambigua, avvicinandosi sempre più all’orbita russa. Archiviati l’incidente del Su-24 abbattuto il 24 novembre 2015 e il conseguente irrigidimento dei rapporti con tanto di sanzioni, il presidente russo Vladimir Putin ed Erdogan si sono sentiti e visti in più occasioni riattivando i rapporti e riprendendo importanti progetti strategici ed energetici, dal Turkish Stream alla costruzione di centrali nucleari, dal commercio dell’agroalimentare al turismo fino alla trattativa per l’acquisto di missili da difesa S-400, di produzione russa, annunciata in febbraio dal ministro della Difesa turco Fikri Isik.
Al momento sembra che Erdogan stia puntando a tenersi in mezzo alle due potenze minacciando di schierarsi con l’altra, ma non è escluso che possa spingersi anche oltre, dal momento che in occidente la Turchia neo-ottamanista riscontra forti opposizioni nell’opinione pubblica, mente per la Russia la questione rimane interna e non di rilievo.
Anche oggi a New York vi sono stati sit-in contro Erdogan, con i manifestanti che nei confronti del leader turco hanno urlato “terrorista”; i rapporti con l’Ue sono drasticamente peggiorati al punto che l’accordo sui migranti è stato rispettato solo sul punto del versamento di 3 miliardi di euro (ma potrebbero diventare 6, al momento 250 milioni la parte dell’Italia), mentre l’abolizione dei visti per i cittadini turchi e soprattutto il riavvio dei processi di adesione alla casa comune sono ormai congelati.