Senza fine l’ondata di criminalità in Svezia

di C. Alessandro Mauceri

All’inizio di gennaio un uomo è morto in una stazione della metropolitana, nella periferia di Stoccolma, dopo aver raccolto da terra una bomba a mano inesplosa.
E nei giorni scorsi a Malmoe, la seconda città della Svezia dopo Stoccolma, si è verificata un’esplosione causata, secondo il quotidiano svedese Aftonbladet, da una bomba scagliata in piena notte contro una stazione della polizia del quartiere di Rosengard. L’attentato non avrebbe causato feriti ma diversi veicoli sono rimasti danneggiati e la zona attorno alla stazione di polizia è stata messa in lockdown. L’esplosione, molto forte, è stata udita in tutta la città di Malmoe.
Negli ultimi mesi, in diverse zone del paese, si sono verificati scontri tra le gang, con decine di sparatorie e attacchi esplosivi (lo scorso anno la polizia aveva condotto decine di arresti dopo gli scontri). Una situazione ormai insostenibile che ha portato il primo ministro svedese, il socialdemocratico Stefan Lofven, a dichiarare di voler fare ricorso a misure straordinarie.
“Schierare l’esercito non sarebbe la mia prima scelta”, ha detto Lofven in un’intervista all’agenzia di stampa TT, “ma sono pronto a fare tutto quello che servirà per assicurarmi che la vera criminalità organizzata venga fatta sparire”.
Un rapporto pubblicato dall’agenzia del governo che si occupa di sondaggi tra la popolazione, dice che per la prima volta dal 2006 è aumentato il numero di persone che dichiara di essere stata vittima di un crimine, da poco più del 13 per cento al 15 per cento. Un problema che influisce non poco sulla qualità della vita dei cittadini: gli svedesi sono sempre più preoccupati dagli alti livelli di criminalità.
Ma il dato è servito al partito di estrema destra Svedesi Democratici per attaccare il governo in vista delle elezioni che si terranno a settembre. La situazione, in Svezia, è particolarmente delicata dal punto di vista politico: nonostante il governo avesse promesso di investire entro il 2020 quasi un miliardo di euro nella lotta al crimine e di rendere più severe le pene per i reati compiuti con armi da fuoco, i numeri sono tutt’altro che positivi. Secondo alcuni media, solo nell’ultimo anno, sarebbero stati almeno 300 gli scontri con armi da fuoco e dall’inizio del 2018 già quattro persone sarebbero state uccise. Tra il 2008 e il 2016 gli attacchi con esplosivi sono triplicati.
Le autorità ritengono che la maggior parte delle bombe a mano provenga dall’ex-Jugoslavia e che sia arrivata nel paese nel corso degli anni Novanta, quando la Svezia accolse decine di migliaia di rifugiati provenienti dai Balcani. Per questo ora c’è chi accusa il governo di aver aperto le frontiere troppo facilmente. La Svezia è in assoluto il primo paese europeo per accoglienza di migranti e rifugiati in rapporto alla popolazione. Uno studio condotto dal professor Amir Rostami, docente di criminologia all’Università di Gävle, confermerebbe questa tesi. Secondo Rostami il 35 per cento di tutti gli omicidi avvenuti nel paese tra il 2007 e il 2011, sarebbe riconducibile a scontri tra bande. Di parere diverso Henrik Emilsson, ricercatore dell’università di Malmoe, il quale in un’intervista al New York Times ha detto che “Non hanno nulla a che fare con l’immigrazione più recente. Gli autori sono spesso figli di immigrati e persone che sono arrivate nel paese quando erano giovani”. Anche il giornalista esperto di criminalità Joakim Palmkvist sarebbe dello stesso avviso. Quella che si sta verificando in Svezia è la “terza ondata” di criminalità organizzata, dopo quella dei motociclisti negli anni Ottanta e Novanta e quella dei rifugiati dai Balcani.
Ancora oggi, la Svezia rimane uno dei paesi meno violenti d’Europa e di tutti i paesi sviluppati. Ma non è più il “paradiso perduto” che molti pensavano: i problemi sociali, che decenni di governo di sinistra diverso da tutti gli altri (come quello sovietico e quello cinese) avevano saputo affrontare e gestire in modo esemplare, ora stanno tornando a farsi sentire.