Siria. Donald Trump, dichiara guerra su Twitter, ‘ho missili carini e intelligenti’

di C. Alessandro Mauceri

Ci fu un tempo in cui la guerra veniva dichiarata convocando l’ambasciatore del paese che si intendeva attaccare. Poi fu la volta delle Nazioni Unite, che autorizzavano le cosiddette “missioni di pace”.
Ora tutto è cambiato: la guerra si dichiara su Twitter. Il presidente americano Donald Trump ha usato il social network per avvisare la Russia e il mondo intero della decisione di bombardare la Siria. “Russia vows to shoot down any and all missiles fired at Syria. Get ready Russia, because they will be coming, nice and new and “smart!” You shouldn’t be partners with a Gas Killing Animal who kills his people and enjoys it!”
Una dichiarazione anomala e non solo per il fatto di essere stata pubblicata su Twitter, ma almeno per altri due motivi. Il primo, e più evidente, forse, è la definizione usata dal Tycoon della Casa Bianca per descrivere i missili che intende lanciare sulla Siria: “nuovi, carini e intelligenti”. A parte il fatto che, quanto a “intelligenza”, le armi di distruzione di massa usate negli ultimi anni hanno dimostrato di non esserlo affatto, basti vedere il numero di morti “per errore” causato dai bombardamenti negli ultimi anni, nessuno aveva mai definito le proprie armi di distruzione di massa “carine”. Un aspetto che pochi hanno sottolineato, ma che la dice lunga sull’importanza che viene data a oggetti creati per uccidere la gente.
Il secondo aspetto, e forse ancora più importante almeno sotto il profilo geopolitico e del diritto internazionale, è che Trump ha detto che intende attaccare e bombardare indipendentemente dalla decisione dell’Onu. Dopo il presunto attacco chimico su Douma, principale città dell’enclave ribelle siriana nella Ghoita orientale, gli Stati Uniti hanno pressato affinché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu votasse una “bozza” di risoluzione per istituire un nuovo meccanismo d’inchiesta indipendente sull’uso di armi chimiche in Siria. Un documento che la Russia ha già respinto annunciando che avrebbe potuto porre il veto sulla risoluzione a causa di alcuni “elementi inaccettabili” e dato che l’opzione militare ventilata da Washington sarebbe “pericolosa”.
Il problema è che l’ambasciatrice Usa presso l’Onu, Nikki Haley ha dichiarato che l’attacco degli Usa sulla Siria potrebbe avvenire anche senza il sostegno delle Nazioni Unite. Non è ancora chiaro se dovrebbe trattarsi di un attacco “simbolico”, come quello di un anno fa alla base di Shayrat (dove morirono 16 persone di cui 9 civili – una dimostrazione dell’ “intelligenza” dei missili USA) o di qualcosa di più pesante e prolungato. Resta il fatto che quella di Trump su Twitter è una dichiarazione estremamente grave: mette in dubbio il ruolo stesso delle NU come giudice super partes all’interno dello scenario internazionale. Un compito che, se gli USA dovessero bombardare senza alcuna autorizzazione da parte del Palazzo di Vetro, perderebbe di valore. Un altro passo (l’ennesimo) verso la destabilizzazione del ruolo istituzionale delle NU.
Che la guerra in Siria (come del resto molte altre in atto) vengano condotte grazie alle armi vendute dagli USA (e dai suoi alleati) non è una novità. Solo che fino ad ora (dal 2011, tramite i programmi di Cia e Pentagono di finanziamento e armamento delle opposizioni e la vendita di armi a paesi terzi), l’azione in Siria era stata “indiretta”. Una decisione che insieme a quanto sta avvenendo nello Yemen sembrava aver aperto una fase nuova nel modo di gestire questi questioni (il giro d’affari delle armi prodotte utilizzate e vendute dagli USA è in assoluto e di gran lunga il più grande del pianeta): molti avevano pensato che con il nuovo inquilino della Casa Bianca, l’America avesse deciso di non mandare più i propri soldati in Medio Oriente, ma solo vendere le proprie armi e i armamenti “carini” ad altri paesi (senza chiedere dove li avrebbero utilizzati: cosa, questa, che viola diversi trattati internazionali). Invece non è così: “fare la guerra” è un giro d’affari al quale gli USA non vogliono rinunciare. Sotto ogni profilo. Anche su quello mediatico: cinguettando al mondo che, almeno in questo campo (in altri settori la Cina li ha ormai superati da tempo) sono loro la prima potenza del pianeta.
Una dichiarazione di forza prima che di guerra fatta sulla pelle di migliaia di civili: secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) sono oltre 1.600 i civili (tra cui molti bambini) morti nell’ultimo periodo nella regione di Ghouta. Uccisi anche dalle bombe “carine” prodotte negli Usa.