Siria. I regolari siriani in arrivo ad Afrin per combattere i turchi

di Guido Keller –

Questione di ore e i militari regolari siriani arriveranno ad Afrin. Lo si apprende dalla tv di Stato siriana, ma la cosa era già nell’aria dopo che da due giorni erano in corso trattative fra i curdi dell’Ypg (Unità di Difesa del Popolo, ala armata del Partito Democratico) e le autorità di Damasco per un intervento di contrasto agli attacchi dei militari turchi in corso da due settimane.
Era stato il presidente turco Recep Tayyp Erdogan a ordinare quasi tre settimane fa l’attacco contro i curdi ad Afrin, ufficialmente per “combattere il terrorismo” vista la parentela fra l’Ypg e il Pkk curdo, ma più realmente per garantire spazi in quell’area prossima al confine occidentale ai ribelli siriani, soprattutto alle popolazioni turcomanne.
Si noti che all’inizio del conflitto siriano il presidente turco aveva chiesto, cosa ribadita in questi giorni, una zona cuscinetto di 20 chilometri nel territorio siriano per tenere lontano i curdi, ed aveva addirittura sostenuto l’Isis a tale scopo sia facendo passare dagli aeroporti turchi decine di migliaia di foreign fighters, sia curando negli ospedali turchi i jihadisti feriti, sia fornendo loro armi e beni logistici, sia acquistando da loro il petrolio.
Tuttavia, se non fosse stato per la resistenza dei curdi dell’Ypg prima di tutto a Kobane, i jihadisti dell’Isis si sarebbero assicurati una continuità del territorio lungo il confine turco di 400 chilometri fino a congiungersi con l’Iraq e quindi a nord di Mosul.
A complicare la situazione vi è il fatto che gli Usa hanno come alleato la Turchia, paese membro della Nato, ma anche i curdi dell’Ypg, che in quanto forze anti-Isis sono stati armati direttamente dal Pentagono.
Oggi, in occasione di una conferenza stampa ad Ankara dove si è visto con il collega Mevlut Cavusoglu, il segretario di Stato Usa Rex Tillerson ha risposto agli strali di Ankara per il sostegno ai curdi chinando la testa: ha infatti spiegato che il supporto ai curdi sarà limitato, ovvero che “Prendiamo sul serio il nostro alleato della Nato quando dice che è preoccupato per la sicurezza; siamo sempre stati chiari con la Turchia che il nostro sostegno alle forze Sdf sarà limitato”.
Questione di poco ed è arrivato l’altolà di Mosca, principale alleato di Bashar al-Assad: aprendo al Valdai Club i lavori della conferenza “Russia in Medio Oriente: giocare in tutti i campi”, il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, ripreso da Interfax e poi dall’Ansa, ha affermato che “Quando la questione riguarda la necessità di preservare la sovranità e l’integrità territoriale, non possiamo che osservare con preoccupazione i tentativi di disintegrare la Siria. Tali preoccupazioni sorgono dopo aver studiato i piani che gli Stati Uniti stanno iniziando a implementare sul terreno, principalmente a est dell’Eufrate. Invito ancora una volta i nostri colleghi americani a non giocare col fuoco e misurare i loro passi non in virtù di vantaggi politici immediati ma piuttosto degli interessi a lungo termine del popolo siriano e di tutti i popoli di questa regione, compresi i curdi”.
Tornando all’accordo stipulato fra i curdi e i regolari siriani c’è da dire che questo comporterebbe la cessione del controllo della città di Afrin all’esercito siriano, ma diversamente non si sarebbe potuto fare dal momento che, per quanto Cavusoglu abbia ammesso alla conferenza di Monaco sulla sicurezza che a causa del terreno montagnoso i militari curdi non si sono mossi di un metro, la resistenza vira all’operazione “Ramoscello d’ulivo” è provata, e le bombe turche hanno già ucciso numerosi civili. D’altro canto Afrin è una città siriana, e lì l’esercito turco è un esercito invasore.
Con tutta probabilità Erdogan sarà così costretto a ripiegare, anche perché la ritrovata amicizia con Vladimir Putin gli potrà garantirgli al massimo che i russi stiano fermi, sempre che a muoversi non siano gli americani e che quindi si avvii una pericolosa escalation.