Siria. La Battaglia del deserto: cambia la mappa del sud della Siria

di Angelo Gambella

Il recente accordo a tre Russia-Turchia-Iran ha consentito la creazione di zone di calma nel nord della Siria, nelle aree tenute dai ribelli e contese dai governativi. Bashar al-Assad ne ha approfittato inviando migliaia di uomini dai fronti caldi del nord al (caldo) deserto siriano, la vasta regione meridionale denominata Badya al confine con la Giordania e l’Iraq.
Le truppe lealiste appoggiate da un gran numero di combattenti inquadrati sotto l’egida dell’Iran (Hezbollah libanesi, miliziani iracheni e di altri paesi sciiti) hanno iniziato nei giorni scorsi vaste operazioni tanto contro l’Isis che contro i ribelli meridionali, questi specificamente addestrati da consiglieri militari Usa, britannici e giordani. L’attacco è partito da due direttrici: dalla provincia di Sweida verso est, e dalla base aerea di Al-Sin verso sud-est.
I governativi hanno ripreso in pochi giorni le strade principali, con il conseguente controllo di ampie aree desertiche lungo il confine giordano da una parte, e in direzione della frontiera di Tanf, al confine iracheno. In particolare il 5. corpo siriano (addestrato dalla Russia) ha catturato ieri dai ribelli la strategica diga di Zulfa nella parte orientale di Al-Sweida e un centinaio di kmq di territorio.
L’intenzione di Damasco e di Bagdad, comunicata alla stampa da autorevoli personalità dei rispettivi governi è di riprendere il pieno controllo della frontiera: il controllo dev’essere assicurato dalle forze statali e non dalle milizie jihadiste o ribelli. Progetto che sembra scontrarsi con la presenza in pieno territorio siriano di forze speciali americane e britanniche a supporto degli insorti intenzionati a raggiungere Abukamal, roccaforte Isis al confine iracheno in direzione dell’Eufrate.
L’azione di Damasco contro l’Isis si svolge lungo tutti i fronti attivi, dall’est di Aleppo, dove le truppe di élite denominate Forze Tigre dilagano nella piana di Maskanah, all’est di Homs e precisamente a nord, est e sud di Palmira. In questa regione le milizie dell’Isis hanno subito rovesci nei dintorni dei pozzi di petrolio di Arak e particolarmente a sud-ovest. E’ in quest’area, collocata a sud-est della cittadina di al-Qarytayn (con forte presenza cristiana) che i lealisti hanno ottenuto oggi i maggiori successi.
Un’area di oltre 2mila kmq è stata presa nel giro di 48 ore dai governativi con la cattura dello strategico crocevia di Busairi, forzando l’Isis ad abbandonare rapidamente la zona sotto il fuoco dell’artiglieria e dei caccia siriani. I governativi hanno così preso il controllo della strada Damasco – Palmira, molto più breve e diretta rispetto all’autostrada via Homs, l’unica disponibile dal 2014. Conseguenza dell’operazione è la creazione di una sacca ribelle nel Qalamoun orientale, a cui è impedito di congiungersi con i ribelli del deserto, mentre i governativi sono riusciti nell’intento di porre in comunicazione i soldati che avanzavano da Qarytayn e i governativi che operavano nell’est di Damasco. Per l’economia siriana, gravemente danneggiata dal conflitto, rappresenta una buona notizia tanto il recupero dei pozzi di petrolio nella Siria centrale (intorno Palmira) che la riconquista odierna delle miniere di fosfato roccioso (riserva di 1.800.000 milioni di kg).
E’ presumibile che le forze ribelli tentino la già annunciata controffensiva per contrastare l’avanzata dai governativi nel sud della Siria, mentre l’ISIS in questo momento appare in completa rotta e costretto a riorganizzarsi lungo l’Eufrate.