Siria. Le gravi conseguenze del conflitto civile sul settore energetico

di Viviana D’Onofrio –

Il settore energetico della Siria è stato duramente colpito dal violento conflitto che sta dilaniando il Paese mediorientale dalla primavera del 2011, quando i primi scontri tra le forze leali al presidente Bashar al-Assad e quelle che vi si opponevano lo hanno catapultato in una feroce guerra civile che ha causato migliaia di vittime e milioni di profughi. E‘ quanto emerge da un rapporto dell‘IEA, l‘Energy Information Administration degli Stati Uniti.
Il settore energetico siriano ha risentito fortemente degli effetti del conflitto in corso nonché delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
Prima dello scoppio del conflitto, la Siria era il principale produttore di petrolio e di gas naturale del Mediterraneo orientale. Il Paese produceva infatti circa 383.000 barili di petrolio al giorno e 316 milioni di metri cubi di gas naturale al giorno; il settore petrolifero e del gas rappresentava circa un quarto delle entrate del governo.
Dalla primavera del 2011 invece la produzione di petrolio e di gas naturale ha iniziato a scendere drammaticamente, riducendosi ad una frazione del livello pre-conflittuale. La Siria non è più in grado di esportare petrolio, e, di conseguenza, le entrate statali del settore energetico si sono ridimensionate in maniera significativa.
Per quanto concerne nello specifico la produzione di petrolio, le sanzioni adottate dall’Unione Europea hanno avuto conseguenze molto negative sul settore petrolifero siriano.
La maggior parte del greggio siriano è pesante (bassa gravità) ed acido (alto contenuto di zolfo); di conseguenza, ciò richiede che le raffinerie che devono processarlo presentino una configurazione particolare.
Dal momento che, prima dello scoppio del conflitto, i Paesi Ue rappresentavano i principali importatori del petrolio della Siria, le sanzioni dell’Unione Europea hanno significativamente ridotto il numero dei mercati disponibili ad importare e processare il greggio siriano.
La perdita della capacità di esportazione del petrolio ha condotto ad una significativa diminuzione delle entrate del governo siriano, comportando la perdita di accesso ai mercati europei che, secondo quanto stimato dalla Commissione europea, nel 2011 hanno importato oltre 3 miliardi di dollari di petrolio dalla Siria.
Prima che venissero adottate sanzioni nei confronti del regime di Bashar al-Assad, le raffinerie europee sono state il ​​mercato di riferimento principale per il petrolio siriano dal momento che sono configurate in maniera tale da essere in grado di processare il greggio con bassa gravità ed alto contenuto di zolfo.
La produzione di petrolio in Siria ha cessato in maniera sostanziale nel 2014, cioè nel momento in cui l‘Isis ha iniziato ad avanzare rapidamente nel Paese.
La mancanza di produzione di greggio nazionale ha fatto sì che le due raffinerie principali del Paese operassero a meno della metà della loro normale capacità, con conseguente diminuzione della fornitura di prodotti petroliferi raffinati.
Negli anni precedenti al 2011, la Siria importava i prodotti petroliferi più raffinati per soddisfare la crescente domanda interna. Prima dello scoppio del conflitto, la Siria ha anche esportato più di 150mila barili di greggio al giorno, ma le esportazioni del Paese sono al momento pari a zero. L’Iran continua a rifornire la Siria con circa 60mila barili di greggio al giorno, ma tale livello è ancora insufficiente a soddisfare la domanda interna.
Anche le attività di estrazione del petrolio hanno risentito negativamente dello scoppio del conflitto e dell’imposizione delle sanzioni.
Dal rapporto dell’IEA emerge in proposito che con l’inizio delle sanzioni da parte degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di altri Paesi, quasi tutte le compagnie petrolifere internazionali (IOC) e le compagnie petrolifere nazionali (NOC) hanno cessato le loro operazioni in Siria, limitando in modo significativo le capacità di esplorazione e produzione del Paese.
La maggior parte dei giacimenti petroliferi esistenti in Siria si trova nella zona orientale del Paese, vicino al confine con l’Iraq, o nell’area centrale ad est della città di Homs. Il più grande giacimento petrolifero della Siria, quello di Al Omar, nella zona orientale del Paese, è caduto in mano allo Stato islamico.
A ciò vanno aggiunte le conseguenze dei raid aerei Usa, che hanno causato danni strutturali nella regione, limitando il livello di produzione di petrolio.
La Siria possiede anche risorse petrolifere di shale oil, secondo le stime del governo siriano, nel 2010 erano pari a 50 miliardi di tonnellate. Proprio a causa della drammatica situazione politica del Paese, il governo siriano ha ritardato l‘offerta di shale oil che era inizialmente prevista per il novembre 2011.
Dal rapporto dell’IEA emerge che, seppure il conflitto dovesse concludersi, sarebbero necessari diversi anni perché il sistema energetico nazionale siriano ritorni al livello di funzionamento del periodo precedente allo scoppio del conflitto.