Siria. Strage con le armi chimiche: nuove rivelazioni, ‘furono al-Nusra e la Turchia, non al-Assad’

di Enrico Oliari – 

siria amri chimiche morto grandeNuove dichiarazioni e colpi di scena riaprono la triste vicenda dell’attacco chimico di Ghouta, sobborgo di Damasco, avvenuto il 21 agosto del 2013 e che fu il casus belli che l’amministrazione Obama, la Francia e la Gran Bretagna (posizione di Cameron contro la quale votò il Parlamento) cercavano per intervenire in Siria. L’attacco contro il regime siriano venne evitato all’ultimo momento grazie all’abile azione del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, che trovò la mediazione della distruzione dell’arsenale chimico siriano, per altro ancora in corso.
Da subito Bashar al-Assad aveva negato ogni responsabilità nella strage che provocò circa 1300 morti, ed anche sulle pagine di Notizie Geopolitiche avevamo espresso, per deduzione e per le informazioni che arrivavano, perplessità non poche perplessità, anche perché l’impiego delle armi chimiche nel conflitto siriano non rappresentava una novità: qualche mese prima, infatti, l’ex Procuratore del Tribunale penale internazionale e membro della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Siria, la svizzera Carla Del Ponte, aveva affermato che nel conflitto già erano state utilizzate armi chimiche, ma non dalle truppe del regime di al-Assad, bensì dagli insorti. “I nostri ispettori sono stati nei Paesi vicini a intervistare vittime, medici e negli ospedali da campo – aveva spiegato in maggio la Del Ponte all’emittente svizzera italiana – . In base ai loro resoconti della scorsa settimana ci sono sospetti forti e concreti, ma non prove inconfutabili, dell’uso di gas sarin”; tuttavia ad “oltrepassare la linea rossa” indicata dal presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, “sono stati i ribelli, l’opposizione, non le autorità del governo siriano”.
Anche il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, il cui staff allora non aveva ancora ottenuto il via libera da Damasco per poter entrare in territorio siriano, aveva invitato gli Stati Uniti alla prudenza, proprio perché gli ispettori designati ancora dovevano partire per la loro missione.
In passato le armi non convenzionali, nella fattispecie quelle chimiche, sarebbero state usate vicino ad Aleppo e nei pressi di Damasco nella primavera 2013, oltre che a Homs nel dicembre 2012.
Il rapporto degli ispettori arrivò in settembre. Gli inviati di Ban Ki-moon constatarono che chi aveva usato i gas letali era in possesso di ben 350 litri di sharin, sparato sugli obiettivi con razzi terra-terra. Niente di più.
Nel rapporto, firmato dal capo degli ispettori Ake Sellstrom, si poteva infatti leggere che “I campioni ambientali, chimici e medici che abbiamo raccolto forniscono prove chiare e convincenti che sono stati usati razzi contenenti gas sarin nel quartiere Goutha di Damasco lo scorso 21 agosto” e “La conclusione è che sono state usate armi chimiche su una scala relativamente ampia nel conflitto fra le parti in Siria contro i civili, inclusi bambini”.
A parlare di responsabilità dei ribelli (oggi, da quando sparano contro gli insorti, li chiamiamo “qaedisti”) sull’impiego di armi chimiche era stato anche l’Iran, il cui rapporto venne sottovalutato forse perché proveniente da un paese alleato di al-Assad: il generale di brigata e ministro della Difesa Hossein Dehqan dichiarò che “gli Usa hanno ignorato gli avvertimenti di Teheran circa gas Sarin che veniva portato in Siria otto mesi fa, praticamente spianando la strada per attacchi chimici in Siria”.
Un’inchiesta del premio Pulitzer Seymour Hersh, riportata ieri da Repubblica, dimostrerebbe che l’attacco del 21 agosto 2013 a Ghouta fu ordito dai ribelli e dalla Turchia per scatenare la reazione americana contro al-Assad. Il noto giornalista investigativo riporta nella sua inchiesta quanto gli ha riferito una sua fonte, ovvero che i servizi segreti britannici e quelli russi ebbero le prove che gli agenti chimici utilizzati nell’attacco non provenivano dall’arsenale siriano, bensì dai ribelli. Ed addirittura che l’intelligence statunitense era al corrente del fatto che i qaedisti di al-Nusra stavano producendo armi chimiche in collaborazione con la Turchia.
Per uscire dall’impasse senza perdere la faccia, il “premio Nobel per la Pace” Obama si rivolse al Congresso, da cui si arrivò ad appoggiare la mediazione russa.