Siria. Turchi e ribelli alleati entrano ad Afrin sconfiggendo i curdi

di Enrico Oliari

I militari turchi ed i loro alleati “ribelli”, perlopiù miliziani siriani delle popolazioni turcomanne, sono entrati ad Afrin dopo che i curdi dell’Ypg hanno perso il controllo di diversi quartieri dell’importante nodo strategico. Con l’operazione “Ramoscello d’ulivo”, promossa dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, l’esercito turco conta di spingere i curdi ad est dell’Eufrate, nonostante questi abbiano di recente ricevuto rinforzi sia dalle Sdf (sigla che raccoglie i curdi dell’Ypg, milizie cristiane, sciite e sunnite anti-Isis), sia da milizie fedeli a Bashar al-Assad.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione vicina alle opposizioni e con sede a Londra, ma che ha dato in più occasioni prova di avere il polso della situazione, ha riportato che “Sono in corso combattimenti dentro la città, dove le forze turche i loro alleati ribelli hanno occupato alcuni quartieri”, ed anche i ribelli filo-turchi hanno riportato che “siamo entrati nella città da est e da ovest”, oltre di aver preso il controllo di Ashrafieh e Jamiliyyeh.
Erdogan conta quindi di allontanare la presenza dei curdi, da lui indicati come “terroristi”, al fine di tenere sotto il suo diretto controllo i territori siriani a sud-ovest della frontiera, ed in più occasioni ha affermato che “le organizzazioni terroristiche pagheranno un alto prezzo per i loro errori”, promettendo di inseguirli fino al confine iracheno.
Quelli che il presidente turco indica come “terroristi” sono i curdi dell’Ypg (Unità di protezione del popolo), ala armata del Partito Democratico (Pyd), che hanno rappresentato il primo baluardo all’espansione dell’Isis (si pensi alla storica battaglia di Kobane) in un’epoca in cui decine di migliaia di foreign fighters transitavano dagli aeroporti turchi per ingrossare le fila dello Stato Islamico, armi per ribelli e jihadisti passavano dalla Turchia alla Siria, i miliziani dell’Isis erano curati negli ospedali turchi e soprattutto il petrolio del “Califfo” andava in Turchia.
Erdogan sembra comunque agire con il placet di Russia e Iran a seguito di un accordo raggiunto in occasione dei colloqui di Astana, ma nei giorni scorsi il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si è lasciato scappare che la “Turchia avrebbe dovuto costituire 23 posti di blocco a sud di Afrin come da accordo raggiunto ad Astana sulla zona cuscinetto lungo il confine”, per cui appare possibile che il potente ministro del Cremlino si sia fatto mettere nel sacco dal presidente turco.
Afrin, nell’ovest della Turchia, è una città di 200mila abitanti a maggioranza curdi, ma da lì parte una cintura a sud della frontiera turca che di fatto avrebbe tagliato, nell’ottica di Ankara, i collegamenti con i ribelli turcomanni. Per i curdo-siriani Afrin è una delle tre province del Rojava, regione curda che durante il conflitto si è proclamata autonoma in vista di una ripartizione federale della Siria.