Smaltimento dei rifiuti plastici: un problema globale

di C. Alessandro Mauceri – 

È uno dei peggiori effetti della globalizzazione: in barba alle raccomandazioni, ai trattati internazionali e ai regolamenti (anche quelli comunitari), da molti anni, i rifiuti prodotti nella maggior parte dei paesi sviluppati finiscono dall’altra parte del pianeta. In Africa a volte, ma più spesso in Cina, che ha fatto dei rifiuti un business milionario: basti pensare che solo la quantità totale di plastica che riceve dall’estero è pari a 7,3 milioni di tonnellate, per un valore di 3,7 miliardi di dollari. E poi i Raee, la spazzatura elettronica: è proprio in Cina che finisce il 70% delle 500 milioni di tonnellate prodotte ogni anno nel mondo.
Nessuno dei maggiori produttori di rifiuti sembra mai essersi preoccupato di quali potrebbero essere i pericoli di questo sistema: cioè quello che accadrebbe se la Cina decidesse di non accettare più tutta questa enorme mole di spazzatura, ossia proprio quello che sta avvenendo oggi.
Dopo 30 anni la Cina ha deciso di invertire la rotta del business del riciclo e ha cominciato ad essere più selettiva e limitativa: dapprima sono stati introdotti controlli più rigorosi, poi è stato posto un freno ai rifiuti “sporchi” (contenenti materiali non corrispondenti alle specifiche previste).
Da qualche mese la Cina ha perà deciso di chiudere definitivamente le frontiere e ha annunciato che smetterà di accettare spedizioni di 24 tipi di rifiuti, tra cui plastica, scorie prodotte dalla lavorazione dell’acciaio e dal settore tessile. Il vero motivo, però, non è legato all’ecologia, ma è prima di tutto economico: i rifiuti pericolosi inviati dai paesi sviluppati sono economicamente poco vantaggiosi dal punto di vista del riciclo.
Una decisione quella di Pechino di voler chiudere le frontiere, già trasmessa alla Wto (World trade organization) e che non potrà non avere conseguenze geopolitiche in molti paesi del mondo. Molti paesi ormai sono completamente dipendenti dalla Cina per lo smaltimento di alcune categorie di rifiuti. Tra questi Giappone e Stati Uniti, (ciascuno con una fetta intorno al 10% del volume complessivo), ma naturalmente anche l’Europa (e l’Italia).
Il rischio è che il blocco improvviso possa causare la crisi della filiera post-consumo di molti rifiuti a cominciare dalla carta e dalla plastica, che costituiscono una parte rilevante del packaging. La decisione di chiudere le frontiere, se da un lato ha aperto un mercato ai riciclatori europei (che si sono trovati a disposizione molto più materiale disponibile), dall’altro potrebbe avere conseguenze devastanti in paesi come l’Italia, da sempre incapace di gestire i propri rifiuti. Un nuovo affaire per la Germania da tempo felice di essere pagata per gestire i rifiuti prodotti da altri paesi. Scarti che diventavano materie prime e fonte di reddito. Un problema ulteriore per i paesi meno efficienti nella gestione degli effetti collaterali del loro sistema produttivo.
C.Alessandro Mauceri