“Soft” Brexit: superati i tre punti, si guarda agli accordi commerciali ‘come con il Canada’

di Guido Keller –

Dopo estenuanti trattative è stata trovata la quadra sulla Brexit, in particolare sui tre scogli fino a ieri insormontabili del denaro che la Gran Bretagna deve all’Ue, della frontiera dell’Irlanda del Nord e dello status dei cittadini europei residenti nel Regno Unito.
Il capo della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e la premier britannica Theresa May si sono detti “soddisfatti” del compromesso raggiunto, per cui da Bruxelles si è parlato di “progressi sufficienti” che di fatto aprono la via al secondo step, che è quello degli accordi commerciali.
Come in tutti i compromessi ciascuna delle due parti ha dovuto cedere qualcosa, ed il “conto”, cioè il denaro che Londra deve all’Ue per i progetti messi in piedi fino al 2022, è meno “salato” di quello che lo stesso Juncker aveva minacciato poco dopo il referendum del 23 giugno dello corso anno, o che aveva ipotizzato nell’aprile 2016 l’ex cancelliere dello Scacchiere George Osborne, cioè 73 miliardi di euro. Oscillerebbe infatti fra i 40 e i 45 miliardi di euro la cifra che la Gran Bretagna dovrà versare alle casse dell’Ue e che in parte ha già cominciato a dare, cioè ben più dei 20 miliardi che aveva sperato Downing Street ma non i 60 miliardi su cui contava Juncker.
Per quanto riguarda i cittadini Ue giunti in Gb prima della Brexit, essi potranno continuare a lavorare e a risiedervi, a godere delle prestazioni sociali ed anche del ricongiungimento famigliare. Un po’ più complesso il meccanismo giuridico, per cui saranno i tribunali britannici a occuparsi delle cause sollevate dai cittadini Ue sulla tutela dei loro diritti, viceversa per simmetria per i cittadini britannici residenti nei territori Ue; la Corte di giustizia Ue avrà tuttavia un ruolo di ultimo arbitrio, ed i giudici vi potranno ricorrere per questioni interpretative.
“Non ci sarà alcuna frontiera fisica tra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord”, ha poi spiegato May in riferimento al terzo punto, non meno spinoso, basti pensare che dalla Finlandia alla Grecia vi sono 137 punti di frontiera, mentre sul confine dell’Irlanda del Nord ve ne sono 275. Si è trattato di una vittoria per l’Ue salutata con enfasi dal ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney, il quale ha affermato che “Questa è una buona notizia per tutti. Credo che la Gran Bretagna non avrà un alleato più stretto dell’Irlanda mentre andremo avanti”.
La questione del confine irlandese comportava due punti centrali, in quanto da un lato la partecipazione dell’Irlanda e della Gran Bretagna al contesto unitario europeo ha sopito il conflitto dell’Ulster, dall’altro l’idea presentata da May di un confine “senza infrastrutture di frontiera fisiche né posti di frontiera” potrebbe rappresentare una valvola attraverso la quale passerebbero persone (già oggi 30mila al giorno) e merci senza controlli e quindi senza dazi: che senso avrebbe la Brexit nel momento in cui agli esportatori diretti da e all’Ue basterebbe recarsi in Irlanda per portare le merci in e dalla Gran Bretagna?
La soluzione sta nel secondo step, quello dei negozianti commerciali, per cui il capo negoziatore per la Brexit, parte europea, Michel Barnier, ha fatto sapere che “Date le esigenze britanniche, resta possibile un accordo di libero scambio sul modello del Canada. Sono i nostri amici britannici che indicano queste linee rosse. Dunque, sarà su questo modello che noi lavoreremo”.
Il prossimo passaggio sarà il vertice Ue del 14 – 15 dicembre, che dovrebbe dare il via libera a questa prima parte dell’accordo, ma è quasi certo che non vi saranno problemi in quanto il tempo è tiranno e c’è premura di passare agli accordi commerciali.
Le reazioni sono state un po’ ovunque positive, ad esclusione di coloro che, come gli scozzesi, obiettano per la perdita del mercato unico, e delle ire di uno dei massimi promotori della Brexit, Nigel Farage. Il leader dell’Ukip ha parlato di “umiliazione nazionale”, ha asserito che “Questa non è la Brexit”.
Di certo non è quella “hard” che la stessa May aveva immaginato, ma anche lei si è dovuta arrendere al fatto che è impossibile staccarsi dall’Ue e nello stesso tempo pretendere di avere status speciale e benefici.