Stati Uniti. Le debolezze di Hillary Clinton nella corsa alla Casa Bianca

di Manuel Giannantonio

clinton hillaryL’anno prossimo, gli Stati Uniti saranno concentrati sulle elezioni presidenziali. Un evento al quale il popolo americano, molto attento alla politica, tiene moltissimo. L’uomo da non sottovalutare è Jeb Bush, che si prepara nell’ombra preparando la sua macchina da guerra prima di annunciare ufficialmente la sua candidatura.
L’ex governatore della Florida non si risparmia nemmeno un po’ per sedurre il suo piccolo mondo. Tra qualche settimana annuncerà al paese la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2016, magari dandosi prima da fare per smaltire qualche chilo di troppo. Secondo l’agenzia Reuters, il fratello dell’ex presidente repubblicano George W.Bush segue un percorso ancestrale con l’intento di riprodurre le gesta degli antenati: per l’agenzia britannica l’uomo è effettivamente dimagrito, perdendo dai sette ai quindici chili. Tutto questo grazie a un rigoroso regime a base di carne, frutta e legumi.
Si può quindi affermare che Hillary Clinton possa aggiornare la lista dei suoi nemici nella competizione con il suo nome. L’ex segretaria di Stato ha già annunciato all’America la sua candidatura per le presidenziali. “Gli americani hanno bisogno di un campione. Voglio essere quel campione”, ha dichiarato la moglie dell’ex presidente democratico Bill Clinton. L’annuncio, pubblicato attraverso un video, ha già raccolto consensi importanti anche da parte di stelle dell’entertainment come Tyler Ferguson, Arianna Grande e America Ferrara.
Il punto di forza della Clinton vuole esser “l’innovazione”, ovvero sostituire i grandi meeting con piccoli eventi, mostrare una certa umiltà per evidenziare la sua vicinanza alla gente. Più facile a dirsi che a farsi. L’autorevole “The New York Times” testimonia i suoi primi passi nell’Iowa, a Monticello, per cui la Clinton appare sempre come la moglie di “Bill”, un dato di fatto che le procura alcuni problemi d’immagine, per cui Hillary tenta di mascherare gli errori del passato. Tuttavia per molti manca di autenticità.
Il video dell’annuncio mostra chiaramente le categorie di persone presso le quali Clinton cercherà sostegno, cioè la comunità afroamericana, i disoccupati, i latini, gli omosessuali, gli imprenditori, trasmettendo l’idea di essere il campione del paese dei campioni. Alla luce di questi accorgimenti e a 18 mesi dall’evento è lecito interrogarsi sulle possibilità concrete del candidato democratico.
Hilary, come vuole essere chiamata oggi, può capitalizzare l’appoggio della comunità afroamericana e quello della comunità latina, tradizionalmente schierati con i democratici, mentre nessuno dei suoi avversari repubblicani può vantare la sua esperienza nei rapporti con queste categorie di elettori.
Tuttavia, Hillary per succedere ad Obama deve necessariamente superare tre ostacoli:
• Proporre un vero programma; provare al popolo americano che le dinastie sono solubili nella democrazia;
• Vincere una campagna elettorale che appare sempre più come una lotta piuttosto che una consacrazione;
• Programmare l’agenda: su cosa l’ex segretaria di Stato è decisa ad agire? Qual è il piano di attacco?
Promuovere un capitalismo più inclusivo, più incentrato sulle infrastrutture e la situazione dei salari? Troppo generico. Una politica estera più decisa? Quali strategie adoperare con le guerre del Medio Oriente e contro l’Isis? Come agire nei rapporti con l’Asia o la Cina? Come ridare vitalità alla meritocrazia, punto cardine del sogno americano, in un paese dove solo l’1% della popolazione possiede il 200% della ricchezza totale?
Dopo otto anni di Bill Clinton e i due mandati di Bush, Hillary può davvero essere la figura di un’aristocrazia elettiva la cui alternanza tende ad instaurarsi nella Repubblica degli uguali? D’altra parte il problema è lo stesso anche per l’avversario Bush.
La figura di Hillary può essere, sostanzialmente, etichettata come favorita ma non outsider. Hillary può sfruttare abilmente le conoscenze che ha maturato durante gli otto anni alla Casa Bianca come First Lady e i quattro anni da Segretario di Stato durante il primo mandato di Obama, per raccogliere fondi utili alla sua campagna. Gary Hart ha calcolato con le nuove regole stabilite dalla Corte Suprema (che non impongono nessun limite ai Comitati di azione politica, giudicati indipendenti dai partiti) che la Clinton può disporre di un miliardo di dollari per la sua campagna. Probabilmente troppo per chi si autoproclama vicino alla middle-class. Con questa forza di esecuzione, come si può restare a fianco della gente semplice, ed esprimere la sua empatia?
Gli americani adorano la politica condita dalla competizione, i volti nuovi e gli scontri televisivi. Conseguentemente detestano gli incoronamenti, come ricorda il “New York Times”. Sull’analisi di questi elementi, possiamo considerare Hillary come il candidato maggiormente attrezzato?
Il passato, che va osservato sempre per capire il presente, ci fornisce un elemento interessante per rispondere a questo quesito. Nel 1992, di fronte ai repubblicani di George Bush, forte del suo successo nella prima guerra del Golfo, i progressisti contavano sul democratico Al Gore o sul populista Ross Perot. Ma ad imporsi fu un governatore dell’Arkansas di 42 anni, inizialmente giudicato troppo marginale. Si trattava di Bill Clinton.