Trump, Conte e la Russia

di Dario Rivolta * –

Non sono un ammiratore del presidente Usa Donald Trump e non amo il suo trapiantare il comportamento da imprenditore nel ruolo politico, come se gestire un’azienda e le relazioni con i clienti possa essere la stessa cosa di guidare uno Stato e risponderne ai propri cittadini. Non ho nemmeno una preconcetta ammirazione per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e, come tutti i nostri connazionali, aspetto di vedere all’opera pur nutrendo qualche perplessità sulla fattibilità dell’annunciato programma di governo.
Detto ciò, quando al vertice del G7 Trump e poi Conte hanno sostenuto che i rapporti con la Russia debbano tornare a essere positivi e virtuosi ho apprezzato la determinazione e il coraggio con cui si sono espressi. Non approvo, al contrario, le dichiarazioni degli altri capi di Stato europei che si sono dichiarati contrari all’ipotesi. Dirò di più: trovo il loro atteggiamento ottuso e per nulla lungimirante. Le paure di chi vuol farci credere in una rinata aggressività di Mosca sono, con tutta evidenza, infondate e si basano soltanto su propaganda e su evidenti falsità. La crisi in Ucraina non è stata innescata dalla Russia, e sfido chiunque a negarlo. Piuttosto, come ampiamente risaputo e ammesso da chi è intellettualmente onesto, è opera dei “falchi” americani ed europei. I primi hanno preparato e finanziato tutti i gruppi anti russi e organizzato le manifestazioni di Maidan. I secondi, su iniziativa di polacchi e baltici, avevano spinto tutta l’Europa a creare quel mostro detto “Eastern Partnership” che aveva come unico vero scopo quello di allontanare da Mosca tutti i paesi cui s’indirizzava. Anche la storia dell’annessione della Crimea, presentata come “contraria al diritto internazionale” è una fola che mi nausea continuare a sentire. Non eravamo noi gli alfieri dell’autodeterminazione dei popoli? E se davvero vogliamo tirare in ballo il “diritto internazionale” cosa possiamo dirci della guerra contro la Serbia, di quelle in Iraq e in Libia e di tutte le cosiddette “rivoluzioni colorate” fomentate e finanziate dagli Stati Uniti (o da noi “occidentali”) senza alcun avallo dell’ONU?
Non voglio, qui, fare la lista delle menzogne e dei “doppi standard” ampiamente utilizzati da parte nostra. Vorrei, invece, che si guardasse al futuro e lo si facesse con un occhio che veda più lontano.
Nessuno può contestare a un Paese il diritto di fare tutto ciò che è possibile per garantire la propria sicurezza e per consentire ai propri cittadini di migliorare, o almeno mantenere, il benessere conquistato. Basta capire chi è che lo insidia. Ebbene, chi attenta oggi alla nostra sicurezza futura e al nostro benessere ha un nome e uno solo: Cina.
Dal loro punto di vista, naturalmente, i cinesi hanno tutto il diritto di farlo ma poiché la loro ambizione può realizzarsi soltanto a spese nostre, è dovere di ogni politico di buon senso capirlo e cercare di fare quanto possibile per prevenirlo. E’ indubbio che la Cina stia muovendosi su tutto il globo con l’intenzione di mettere le mani su ogni materia prima utile al proprio sviluppo. E’ altrettanto evidente che stia facendo la stessa cosa sui luoghi nevralgici, ovunque nel mondo, che possano garantirle la possibilità di condizionare, politicamente ed economicamente, i Paesi che considera strategici per il raggiungimento del proprio obiettivo. Le “Nuove Vie della Seta” sono il più evidente esempio di come la Cina voglia diventare, sul medio termine, il primo attore su scala globale. Una volta realizzate, quella via mare e quella via terra non serviranno soltanto allo sbocco delle proprie merci sul ricco mercato europeo, ma saranno il canale per esercitare un’egemonia culturale su tutti i Paesi che ne saranno attraversati. Non è casuale che abbiano cominciato a stabilire, poco per volta, anche basi militari in Paesi geograficamente lontani. Quanto i cinesi stiano facendo è troppo spesso sottovalutato dai più, che dimenticano cosa possa la saggezza orientale di cui la Cina è pregna: essi, a differenza nostra, ragionano sui tempi lunghi e fanno tutto molto gradualmente. La loro parola d’ordine è “low profile”, in modo da non suscitare premature preoccupazioni nei futuri vassalli. D’altra parte per chi sapesse leggere le loro mosse non esistono dubbi e la conferma si trova nelle parole del grande Deng Xiao Ping: “Osservate con calma; assicuratevi della nostra posizione; affrontate gli affari in modo tranquillo; nascondete le nostre capacità e prendetevi tempo; è bene mantenere un basso profilo e mai vantare una qualche leadership”.
A differenza della Cina, la Russia è culturalmente più vicina a noi ed è un immenso territorio terrestre (è il più grande Stato del globo) con la più grande riserva al mondo di materie prime, non solo energetiche. Non soltanto è da masochisti privarcene, ma è addirittura folle lasciare che possa impadronirsene proprio chi cospira contro il nostro benessere. Non sto sostenendo che i russi siano altruisti desiderosi di esserci utili; affermo, piuttosto, che i suoi legittimi interessi sono perfettamente complementari con i nostri. La contrapposizione all’Unione Sovietica aveva un senso nel periodo di guerra fredda, quando i protagonisti della scena mondiale erano due e contrapposti l’uno all’altro. Allora, Mosca era veramente il nemico e la nostra compattezza riuscì a sconfiggerlo. Oggi, solo politici in malafede o troppo ingenui non afferrano che la situazione è cambiata, che tutto il mondo è diverso da allora, così come altro è il nemico.
Un’ultima parola a favore di questo governo la voglio spendere per il ministro Salvini. Tutti sappiamo che il problema dei flussi migratori è una bestia difficile da gestire. Siamo anche consci che non sarà mai possibile debellarlo del tutto. Ci è però altrettanto chiaro che non si può andare avanti con migliaia di nuovi profughi, in arrivo settimanalmente, che noi dovremo ospitare. Ha totalmente ragione Salvini quando dice che è ora di finirla con il buonismo e che il problema degli arrivi, dei possibili accoglimenti umanitari e dei necessari rimpatri per i clandestini non è un problema italiano ma europeo.
Sono, da sempre, un accanito sostenitore della necessità di avere più Europa perché, senza una vera unità politica, ogni singolo Paese è destinato diventare un’entità insignificante in un mondo in cui l’economia e le comunicazioni sono sempre più, interconnesse. L’Europa non puo’ essere soltanto quella degli scambi commerciali e nemmeno quella che parla di solidarietà solo quando le fa comodo. Tutti, a parole, si dichiarano solidali con l’Italia ma non ne conseguono i fatti. Il massimo coraggio cui abbiamo potuto assistere è quello di quei Paesi che sottoscrivono un accordo per la ridistribuzione dei profughi e poi, però, rifiutano di riceverli. Il vero problema, tuttavia, non è di obbligarli a prenderli. Si tratta, invece, di decidere quanti immigrati l’Europa intera è disposta ad accogliere e, soprattutto, dotati di quali caratteristiche. Purtroppo, sembra che nessuno dei leaderucoli europei attuali sembra avere il coraggio di agire al di fuori di ciò che viene chiamato il “politically correct” e l’”invasione” continua.
Accettare chiunque arrivi sono assolutamente insostenibile e Salvini ha fatto benissimo a rifiutare l’ingresso di una nave di ONG nei nostri porti. Si tratta di un atto dirompente e, forse, servirà a far sì che Bruxelles si svegli. Se l’Europa, tutta insieme, potesse contare su leader sufficientemente autorevoli e coraggiosi, potrebbe facilmente agire su tutti gli Stati da cui provengono i “profughi” ottenendo che nemmeno partano o, nel migliore dei casi, che partano soltanto quelli e quanti noi possiamo e vogliamo accettare.


* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.

(Foto sito ufficiale G7 Canada – g7.gc.ca).