Trump e Xi Jinping si incontrano. Tra differenze, diffidenza e rivalità

di C. Alessandro Mauceri –

C’è grande attesa per l’esito finale della due giorni di incontri in corso tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il numero uno cinese Xi Jinping. Numerosi gli argomenti all’ordine del giorno molti dei quali delicati.
Il meeting è stato preceduto da numerose dichiarazioni ufficiali che hanno preannunciato alcuni dei temi caldi. Al suo esordio Nikki Haley, nuova ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, non ha lasciato dubbi su quale politica il suo paese intende portare avanti nei prossimi anni per quanto riguarda la lotta ai cambiamenti climatici, ma anche dei diritti umani, con gli Usa che hanno minacciato di ritirarsi dal Consiglio di Sicurezza dei diritti umani a Ginevra, e delle politiche internazionali. “Per ciò che riguarda i cambiamenti climatici, il focus di questa amministrazione è che non si vuole fare qualcosa che possa nuocere alle nostre imprese. Noi pensiamo che è possibile un equilibrio tra chi sta proteggendo l’ambiente e chi vuole creare un’economia forte”. Nikki Haley, ha annunciato che Washington “continuerà ad esercitare pressioni” sulla Cina perché agisca nei confronti della Corea del Nord.  
Intanto, pare proprio a causa delle numerose crisi relative alla politica estera, Trump ha revocato il suo mandato al capo del Consiglio di sicurezza nazionale, Steve Bannon.
Al primo incontro Trump e Xi hanno discusso proprio della spinosa questione della Corea del Nord. Il faccia a faccia tra i due capi di Stato era stato preceduto da un altro contatto, telefonico, tra il consigliere di Stato cinese, Yang Jiechi, e il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, che si era reso necessario dopo la dichiarazione di Trump di essere pronto ad agire unilateralmente nei confronti della Corea del Nord in mancanza di un accordo con Pechino. Una richiesta alla quale il primo ministro cinese, Li Keqiang, aveva risposto dicendo che “La Cina non vuole una guerra sull’uscio di casa”. A rendere questo tema particolarmente scottante è il fatto che la Corea del Nord continua a mostrare fermezza nella propria decisione di procedere con il programma nucleare. Una cosa che non va bene ai proprietari di due dei tre maggiori arsenali nucleari del pianeta, entrambi dichiaratamente contrari al trattato per la messa al bando delle armi nucleari in questi giorni in preparazione alle Nazioni Unite.
I due leader hanno parlato anche di scambi: Trump ha ribadito che il commercio è un “incentivo” all’accordo con la Cina. Nell’ultimo periodo gli scambi commerciali tra i due paesi sono cresciuti vertiginosamente fino a superare i 300 miliardi di dollari all’anno. Il rischio potrebbe essere lo sbilanciamento a favore della Cina. E difatti non è un caso se poco prima del meeting il presidente degli Stati Uniti avesse lanciato un avvertimento affermando che “Non possiamo più avere enormi deficit commerciali”, un monito riferito alla Cina e all’Europa, per la quale sta pensando all’introduzione di dazi. L’aumento degli scambi potrebbe far vedere il partner commerciale cinese come un problema per il “nazionalismo economico” promesso da Trump. Subito prima del meeting, il presidente americano ha firmato due decreti esecutivi per una revisione della politica commerciale americana tesa ad individuare “abusi” che contribuiscono al deficit commerciale Usa di 500 miliardi di dollari. La tempistica della firma di questi decreti non è stata casuale dato che è avvenuta proprio alla vigilia del summit con Xi Jinping.
Tra i temi caldi del dibattito anche le rivendicazioni territoriali cinesi nel Mar Cinese Meridionale, che l’amministrazione Obama aveva definite eccessive inviando un elevato numero di navi da guerra a stelle e strisce non lontano dall’isola artificiale che la Cina sta costruendo nella zona e che servirebbe proprio a giustificarne la rivendicazione. Il segretario di Stato Usa Tillerson ha detto che gli Stati Uniti dovrebbero “dare alla Cina un chiaro segnale che la costruzione dell’isola deve essere fermata” .
Anche gli impegni sull’ambiente sono stati oggetto di discussione. Alla fine del mandato, erano state le pressioni di Obama a convincere il governo di Pechino a ratificare gli accordi di Parigi, ma ora, dopo le scelte diametralmente opposte da parte del nuovo presidente Trump, la situazione potrebbe rovesciarsi. Il cambio di rotta del governo di Washington sui cambiamenti climatici permette alla Cina di assumere la leadership a livello mondiale anche sotto questo aspetto. Qualcosa che Pechino desidera ardentemente e da tempo e che dovrebbe servire a cancellare almeno in parte l’immagine del paese orientale come responsabile di buona parte dell’inquinamento industriale del pianeta.
Corea del Nord, scambi commerciali, Mar Cinese Meridionale e ambiente sono tutti temi che uniti al desiderio di Trump di ottenere rapidi successi per dimostrare la propria capacità di governare rendono delicato e difficilissimo l’incontro in corso con il leader cinese.
Non è un caso se, in attesa di conoscere se e in che modo le promesse dei due leader diventeranno realtà, tutti i mercati finanziari mondiali si sono fermati.
L’unica certezza è che oggi più che mai le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti sono uno dei cardini degli equilibri del pianeta. A confermarlo è il fatto che a dare una mano a Trump è stato chiamato uno dei personaggi che hanno scritto la storia del XX secolo: Henry Kissinger. Alla tenera età di 93 anni “Dear Henry” è stato incaricato di tenere contatti non ufficiali con la Cina, prima del meeting. Una scelta tutt’altro che causale: fu proprio Nixon, nel 1972, ad avviare i primi contatti con la Cina durante il suo storico viaggio a Pechino. E anche questa volta, prima dell’incontro tra i due leader in Florida, Nixon è volato in Cina. Lo ha fatto accompagnato dal genero di Donald Trump, Jared Kushner, assolutamente impreparato in materia di rapporti politici internazionali ma che per molti anni ha fatto affari con grandi aziende cinesi. Un “viaggio di lavoro e diplomatico” che spiega più di mille parole come la diplomazia e i discorsi che si stanno svolgendo in Florida forse non sono la sola faccia della medaglia.