Trump fa sul serio e lancia missili sulla Siria

di Enrico Oliari –

Nella notte 59 missili statunitensi sparati da due portaerei stanziate nel Mediterraneo hanno colpito la base siriana di al-Shayrat, quella da cui sono partiti gli aerei che (forse) hanno lanciato le armi chimiche che hanno ucciso 86 persone a Khan Sheikhoun.
Donald Trump non ha insomma aspettato ne’ il via libera dell’Onu, ne’ che venisse effettuata un’inchiesta per ricostruire i fatti, come peraltro chiedevano i 10 paesi membri non permanenti del Consiglio di sicurezza tra cui l’Italia.
D’altro canto l’iniziativa, per quanto diplomaticamente avventata, gli ha permesso di portare a casa una serie di risultati, primo fra tutti di avviare la ricostruzione del ruolo degli Usa in Medio Oriente. Difatti l’iniziativa di questa notte gli ha fatto avere l’applauso dei paesi sunniti dell’area, in primis dell’Arabia Saudita, potenza che in Siria finanzia i ribelli di ogni caratura e risma; contestualmente ha atteso alla richiesta di Tel Aviv, i cui servizi segreti avrebbero informato quelli statunitensi della responsabilità di Bashar al-Assad per l’attacco con i gas: agli israeliani conviene il ritorno di un’influenza significativa di Washington in Medio Oriente, anche per bilanciare la presenza della Russia, palesemente alleata e in buoni affari con il nemico di sempre, cioè l’Iran.
Un guadagno, o almeno un tentativo di arrivarvi, sarebbe quello di riconquistare punti nell’indice di gradimento interno, oggi per Trump ai minimi, al 34%: “America first”, sopra tutti e sopra tutto, compreso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il diritto internazionale. Una musica per le orecchie del repubblicano medio, bianco e con la bandierina fuori dalla porta.
C’è poi la visita del presidente cinese Xi Jinping nel resort di Mar-a-lago, dove Trump e il leader cinese stanno discutendo di Corea del Nord. Il presidente Usa avrebbe voluto così mandare il messaggio a Xi che la sua amministrazione fa sul serio, e potrebbe colpire, come minacciato, obiettivi in Corea del Nord, paese che ha come unico alleato proprio la Cina.
I 59 missili hanno colpito la base provocando cinque vittime, ed ancora non è chiaro quanto dei Sukhoi-22, Sukhoi-24 e Mig-23 siano realmente stati distrutti, dal momento che Damasco ha riferito di aver spostato i velivoli in previsione dell’attacco. Mosca ha parlato di “flop”, dal momento che solo 23 missili avrebbero capito realmente la base.
Ma se i danni materiali sono pressoché insignificanti, quelli diplomatici sono macerie: il Pentagono ha avvertito la Russia dell’imminente attacco, cosa confermata dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, ma per Mosca quella di Trump resta un’azione unilaterale contro una nazione sovrana, in barba al diritto internazionale.
Caustico il ministro degli Esteri di Mosca Sergei Lavrov, per il quale “Se ci poniamo la domanda per capire chi trae beneficio da quanto successo, è utile solo per quelli che vogliono far saltare i negoziati di pace di Astana e Ginevra e vogliono creare prove fittizie e pretesti per la transizione violenta del potere in Siria”. “E’ deprimente – ha aggiunto – che tutto questo danneggi le relazioni tra Russia e Stati Uniti. Mi auguro che queste provocazioni non portino qualche risultato irreversibile”. Il ministro ha poi osservato che è mancata un’inchiesta chiarificatrice e che gli Usa hanno fatto altre guerre con falsi pretesti: “Dopo oltre 10 anni Tony Blair, allora primo ministro, ha ammesso che avevano ingannato e messo in confusione la comunità internazionale e la gente” per la guerra in Iraq.
I diretti interessati, cioè i siriani, hanno parlato di ”un’aggressione” da parte degli Stati Uniti, mentre l’Iran, che pure ha “condannato energicamente” l’attacco, ha comunicato di ritenere che tali iniziative “rafforzino i gruppi terroristici”.
Unanime l’applauso a Trump da parte della comunità occidentale: il premier italiano Paolo Gentiloni ha affermato da palazzo Chigi che “L’azione di questa notte come noto si è sviluppata nella base aerea da cui erano partiti gli attacchi con uso di armi chimiche nei giorni scorsi. Contro un crimine di guerra il cui responsabile è il regime di al-Assad”. Ha poi continuato affermando che “Chi fa uso di armi chimiche non può contare su attenuanti e mistificazioni” e “Credo che le immagini di sofferenza che abbiamo dovuto vedere nei giorni scorsi in seguito all’uso delle armi chimiche non possiamo pensare di rivederle”.
Pertanto “L’Italia comprende le ragioni di un’azione militare Usa proporzionata nei tempi e nei modi, quale risposta a un inaccettabile senso di impunità nonché quale segnale di deterrenza verso i rischi di ulteriori impieghi di armi chimiche da parte di Assad, oltre a quelli già accertati dall’Onu”.

Nella seconda foto: il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.