Tunisia. La scelta obbligata di Ennahda di separare la Cosa pubblica dalla religione

di Ghazy Eddaly –

ennahda“L’Islam politico non ha più alcuna giustificazione in Tunisia. Ci occuperemo solo d’attività politica, non di religione. Sarà un bene per i politici, che non saranno più accusati di strumentalizzare la religione. E lo sarà per la religione, mai più ostaggio della politica”. Parole forti quelle pronunciate del 74enne numero uno di Ennahda, Rashid Gannouchi al decimo congresso del partito, tenutosi da Tunisi dal 20 al 23 maggio. Una svolta storica, un cambiamento radicale non solo del movimento, ma anche dello stesso leader, che ai tempi di Ben Alì era esule a Londra proprio per le sue idee legate al fondamentalismo islamico.
D’altronde diversamente non poteva essere: a seguito della primavera araba, Ennahda si era piazzata come prima forza politica, per poi perdere le elezioni nel 2014 a vantaggio di Nidaa Tounes, partito fondato nel 2012 dall’allora premier Beji Caid Essebsi, oggi presidente della Repubblica.
Al di là della grave crisi economica e lavorativa, determinata anche dal drastico calo del turismo a seguito degli attentati di Susa e del Bardo, la Tunisia si è trovata davanti a un bivio, dove non c’è spazio per una terza via: o il paese diventa definitivamente laico, con una netta separazione fra la Cosa pubblica e la religione, o intraprende la via del fondamentalismo islamico, ipotesi tutt’altro che remota se si pensa che proprio dal paese nordafricano è partito il maggior numero di foreign fighter per l’Isis.
Il rischio di Ennahda era quindi quello di rimanere schiacciata fra l’incudine dei laicisti e il martello degli islamisti, per cui si trattava di fare una scelta coraggiosa e sottrarsi facendo una scelta chiara. L’iniziativa, a dire il vero già nell’aria, è piaciuta ai 1.200 delegati, come pure alla base. Gli analisti interpretano la decisione come un tentativo di allargare base elettorale e di conquistare la fiducia degli investitori e dei partner stranieri.
Tra le cose approvate vi è il nuovo statuto (878 a favore, 14 contrari, 19 astenuti), che prevede più poteri per il presidente del partito e maggiori facilitazioni per iscriversi a Ennahda, nonché la concessione di iscrizioni onorarie.
Il presidente del partito potrà concorrere per le tre maggiori cariche istituzionali del paese (capo dello Stato, premier e presidente del parlamento), ma avrà anche la prerogativa sulle nome dei membri del comitato esecutivo del partito, salvo approvazione del Consiglio della Shura a maggioranza dei delegati presenti; il 10 per cento dei ruoli decisionali del movimento saranno riservati alle donne e ai giovani.
Lo sceicco Rashid Ghannouchi è stato rieletto alla presidenza del partito con 800 voti, contro i 229 di Fathi al-Ayadi e i 29 di Mohammed al Akraouat.