Ucraina, dove fioccano gli omicidi politici. E su Rocchelli il nostro governo tace

di Dario Rivolta * –

Vitaly Markiv, ucraino e italiano, è stato arrestato in Italia con l’accusa di aver comandato la banda di guerriglieri nazionalisti ucraini che nel maggio 2014 uccisero il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli. Andrea era un giovane freelance italiano che si trovava in quel momento nella zona di confine tra i territori occupati dall’esercito di Kiev e quelli controllati dai ribelli del Donbass. Il suo scopo era di documentare la situazione sul terreno con particolare attenzione alla sorte dei civili, vittime della guerra in corso. Mentre svolgeva il suo lavoro, fu fatto oggetto di ripetuti colpi di mortaio e di kalashnikov e rimase ucciso con il suo interprete Andrei Mironov. Un giornalista francese che stava con loro fu ferito ma riuscì a fuggire e oggi sta rendendo la sua testimonianza ai magistrati italiani. Con loro c’erano altri due uomini ucraini che però non subirono danni: l’autista e un personaggio rimasto non identificato. La decisione dell’arresto di Markiv si basa sul racconto del francese che ha vissuto personalmente i fatti e che dimostrerebbero la responsabilità del Markiv in quanto a capo del commando.
Costui è ucraino di nascita ma era diventato italiano poiché la madre, che lo aveva avuto da un precedente matrimonio, aveva sposato un nostro concittadino diventando così nostra connazionale (secondo la legge in vigore, i figli di almeno un cittadino italiano ne acquisiscono automaticamente la nazionalità). Probabilmente, di là della convenienza, il Markiv aveva continuato a sentirsi molto più ucraino che italiano tanto che allo scoppiare dei disordini di Maidan vi si era immediatamente diretto. Divenne membro di un gruppo armato militante incluso nella Guardia nazionale, alle dirette dipendenze dell’attuale ministero dell’Interno di Kiev. In quel Paese è rimasto fino a pochi giorni orsono ed è tornato in Italia per incontrare la madre che non vedeva da tre anni, sicuro di non correre alcun rischio.
Nell’interrogatorio cui i nostri magistrati l’hanno sottoposto, ha rifiutato di rispondere a qualunque domanda.
A parte il suo inspiegabile (?) silenzio nel non voler rispondere ai nostri investigatori, la morte del povero Rocchelli fu subito catalogata dagli ucraini come uno dei tanti casi di “danni collaterali” che avvengono in situazioni di guerra. L’insistenza della famiglia nel pretendere chiarezza sugli avvenimenti e soprattutto la testimonianza del giornalista francese, corroborata da numerosi indizi, hanno però portato i nostri magistrati a pensare che non si fosse trattato di un fatto incidentale ma di una vera e propria “esecuzione”. Il sospetto cioè è che qualcuno avesse voluto impedire che quanto visto e documentato dai giornalisti potesse essere reso pubblico. Fu allora lanciata una rogatoria alle autorità ucraine chiedendo la loro collaborazione per capire come si fossero veramente svolti i fatti. Da Kiev risposero in tempi relativamente ragionevoli ma, esattamente come successo con il caso Regeni in Egitto, ci furono fornite informazioni contraddittorie e addirittura si negò parte della realtà già appurata. Contro ogni evidenza, si cominciò col dire che l’esercito ucraino non possedeva mortai come quelli supposti di aver sparato, poi si citò la testimonianza dell’autista che, pur avendolo ammesso in un primo momento, negò in seguito che mai ci furono colpi di mortaio contro di loro e che si era semplicemente “sbagliato”. Infine, un possibile testimone come il quinto uomo presente sul luogo non è mai stato ritrovato, nonostante che in più fotografie scattate dal Rocchelli lo si veda chiaramente in viso. E’ evidente che né il Governo ucraino né la magistratura di quel Paese abbiano mai avuto la sincera intenzione di collaborare per capire cosa sia veramente successo al nostro Rocchelli e verrebbe spontaneo domandarsi il perché della loro reticenza. Il loro comportamento diventa però meno strano se si ricordano altri avvenimenti dove personaggi scomodi al regime divennero vittime designate.
Il caso più clamoroso fu l’omicidio del giornalista Georgi Gongadze nel 2000, all’epoca usato dall’opposizione guidata da Viktor Yushchenko, Yulia Tymoshenko e Petro Poroshenko per screditare l’allora presidente Leonid Kuchma. Una volta salito al potere, Yushenko giurò che avrebbe continuato le indagini sul misterioso omicidio di Gongadze fino a trovare i colpevoli. Ma bisognò attendere il successore, Yanukovich, perché si arrestasse uno dei presunti colpevoli: l’ex generale del ministero dell’Interno ucraino Oleksei Pukach. Al giorno d’oggi, tuttavia, nessuna informazione sui mandanti dell’omicidio.
Una nuova ondata di omicidi politici in Ucraina iniziò proprio dopo gli avvenimenti di Maidan, nel 2014, e le vittime furono spesso esponenti filorussi. Il 16 aprile 2015 davanti al portone della propria casa fu ucciso il famoso scrittore Oleg Buzina, un noto critico dell’operato dell’attuale presidente Poroshenko e del primo ministro Yatsenuk.
Nello svolgimento delle indagini non si tenne conto del fatto che, qualche giorno prima dell’omicidio, sul sito dei nazionalisti “Myrotvorets” (sito che rivela le informazioni personali sui “nemici dell’Ucraina”) era apparso l’indirizzo dello scrittore. Il sito Myrotvorets, come riporta l’opposizione, era stato creato dal ministero dell’Interno ucraino, in particolare dal consigliere Anton Gerashenko e dal consulente dell’ex vice ministro per le questioni riguardanti il Donbass, George Tukoy. Nelle liste di questo sito non sono riportati solo i nomi dei separatisti filorussi ma di tutti gli oppositori del presente potere ucraino. Nel giugno del 2015 grazie all’attenzione data dalla stampa internazionale all’omicidio di Buzina furono aperte le indagini e arrestate tre persone, tutti nazionalisti che avevano combattuto nel Donbass contro i filorussi. Uno di loro fu subito rilasciato, mentre gli altri due, Denis Polishyk e Andrey Medvedenko, furono liberati l’anno dopo. Nel presente le indagini sono in un vicolo cieco e, mentre gli unici sospettati sono liberi, nessun altro è indagato. Va ricordato che è proprio dal ministero dell’Interno di Kiev che dipendono (e vi prestano servizio) i gruppi neonazisti dei battaglioni “Azov” e “Donbass” della Guardia Nazionale.
L’omicidio di Buzina non è l’unico caso in cui “nessuno è colpevole”. Prima di lui fu assassinato un parlamentare del Partito delle Regioni vicino a Yanukovich, Oleg Kalashnikov. Il suo indirizzo, come nel caso di Buzina era stato reso noto pochi giorni prima sul sito di “Myrotvorets”. Altri colleghi dello stesso partito hanno fatto una tragica fine. Tra loro Mikhail Chechetov (si è apparentemente tolto la vita buttandosi dalla finestra del suo appartamento il 28 febbraio 2015). Stessi “suicidi” per l’ex-governatore della regione Zaporizhzhya, Alexander Peklushenko, che si tolse la vita con un colpo di pistola il 12 marzo 2015 e per Stanislav Melnik, ex membro del parlamento ucraino, “suicidatosi” il 9 marzo 2015.
Le indagini hanno parlato di una serie di misteriosi suicidi senza mai approfondire la questione. Lo stesso silenzio che ha coperto i responsabili del massacro di manifestanti filorussi che furono bruciati vivi nel palazzo dei sindacati di Odessa.
Anche nel 2016 si sono susseguiti altri omicidi politici: per primo è stato ucciso Yuri Grabovsky l’avvocato del cittadino russo Aleksandr Aleksandrov arrestato nella regione di Lugansk. Nello stesso anno è stata fatta esplodere l’auto del giornalista Pavel Sheremet. Non si hanno notizie dell’apertura d’indagini su questi due fatti.
La cosa che dovrebbe colpire l’attenzione di noi, cittadini italiani, è che contro l’Egitto, dopo l’assassinio di Regeni e vista la non collaborazione delle locali autorità, si è deciso di interrompere le normali relazioni diplomatiche e si è richiamato il nostro ambasciatore. Al contrario, con l’Ucraina il nostro governo sembra subire ogni “sgarbo” facendo finta di nulla e addirittura continuando a mettere in risalto i “buoni rapporti” con il governo di Kiev. Anche recentemente il loro ministro degli Esteri Klimkin è stato ricevuto con tutti gli onori dal nostro ministrino Alfano e, nonostante tutti si sappia dell’altissimo livello della corruzione in Ucraina, molto diffusa tra politici e pubblici ufficiali, continuiamo a dare la nostra parte nel versare contributi economici destinati a quel Paese. Così tanto sensibili (ufficialmente) ai diritti umani non rispettati da qualche altro governo, sembra non interessare né ai nostri ministri né a quell’Unione Europea che a Kiev dominino antisemiti, violenti e oligarchi senza scrupoli.
D’altra parte la solidarietà europea e la presunta real-politik vedono noi e Bruxelles troppo occupati a rinnovare sanzioni contro la Russia per accettare di guardare cosa succeda veramente in Ucraina. E a tutti i cittadini di quel Paese si è perfino concesso di poter venire in Europa senza nemmeno dover richiedere il visto d’ingresso. Con grande soddisfazione, tra gli altri, di corrotti, assassini e mandanti di entrambi.

Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.