Ue. Avviate le procedure di infrazione per i paesi che non hanno accettato i profughi

di Enrico Oliari

“Si tratta di un puro ricatto” e di “un atto antieuropeo” da parte della stessa Commissione. Così il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha commentato durante un suo intervento in Parlamento la decisione di Bruxelles di avviare per il suo paese, per la Polonia e per la Repubblica Ceca le procedure di infrazione per aver rifiutato il piano di ricollocamento dei profughi.
L’annuncio dell’avvio delle procedure è stato dato dal commissario Ue Dimitris Avramopoulos in occasione della presentazione della relazione di giugno sullo stato di attuazione dei ricollocamenti, dove ha spiegato che “Dispiace constatare che nonostante i ripetuti appelli, Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia” non abbiano fatto “nulla per oltre un anno, e l’Ungheria, non abbia mai fatto niente. La Polonia si è offerta di accogliere nel 2015 e poi non ha fatto altro. La Repubblica Ceca non ha più ricollocato dall’agosto 2016”.
Nel 2015, stando agli accordi presi, da Italia, Grecia e Ungheria sarebbero dovute essere ricollocate in altri Stati europei entro il settembre 2017 ben 98mila persone, ma la Commissione ha notato che ad oggi sono stati ricollocati poco più di 20mila migranti, zero in Ungheria, che avrebbe dovuto accoglierne 1.294, e zero in Polonia, a cui ne sarebbero spettati 6.182.
In gennaio il primo ministro ungherese, il nazionalista Viktor Orban, ha annunciato l’intenzione di non avallare il piano di ricollocamento stabilito dall’Ue, come pure la decisione del governo di porre in stato di detenzione chiunque fosse entrato nel paese irregolarmente, compresi i richiedenti asilo, aggiungendo che “È contro i trattati internazionali, ratificati anche da Budapest, ma lo faremo lo stesso”.
Dura anche la reazione del il ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski, che ha definito “illegale” la decisione della Commissione di avviare le procedure di infrazione, per quanto “Non siamo a rischio. Non reagiremo, non spiegheremo a loro (alla Commissione) che questo è illegale. Non si può collegare la ricollocazione, o la ricollocazione forzata, con qualsiasi tipo di politica europea”, anche perché “La maggioranza di queste persone non sono rifugiati, sono migranti, che sono arrivati in Europa illegalmente e non vogliono essere ricollocati in Polonia, dovrebbe essere fatto con la forza”.
Al momento da parte della Repubblica Ceca, che ha accolto solo 12 persone nell’ambito del programma, solo l’annuncio del ricorso contro la decisione della Commissione.
Avramopoulos, ricordando che il ricollocamento e quindi l’accoglienza di quote di migranti è un obbligo legale e non un’opzione dei paesi membri dell’Ue, ha detto di sperare che Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca ”possano riconsiderare la loro posizione e iniziare a “contribuire in un modo giusto”, un comportamento che porterebbe la Commissione ad un ripensamento sulle procedure di infrazione.
Ancor non è chiara la “multa” che verrà comminata ai tre paesi, il capo della Commissione Jean-Claude Juncker aveva minacciato a suo tempo addirittura 250mila euro per ogni migrante non accolto.
Da Avramopoulos è arrivata anche una sollecitazione all’Italia (dove sono arrivate dal primo gennaio al 31 maggio 60mila persone, 180mila nel 2016), in quanto “È cruciale che si accelerino gli sforzi per centralizzare le procedure di ricollocamento in pochi centri” e che “i profughi candidabili vengono distribuiti su tutto il territorio”.

Grafico Annex 3.