Usa. Ancora spari in un campus

di C. Alessandro Mauceri

Ancora una conflitto a fuoco all’interno di una università negli Usa. E ancora morti. Mentre il tycoon Donald Trump pare stia facendo lenti passi indietro sulla propria politica circa la vendita delle armi all’interno del paese, tornando verso la posizione del suo predecessore Barak Obama (che dopo la sparatoria ha postato in un tweet: “Possa Dio dotarci tutti della saggezza di chiederci quali passi concreti possiamo fare per ridurre la violenza e le armi tra noi”), e introducendo norme più stringenti in materia, continua ad aumentare la lista dei morti a causa di conflitti a fuoco.
Ieri uno studente 19enne James Eric Davis jr. era stato accompagnato dai genitori all’ospedale perchè sospettato di aver assunto sostanze stupefacenti. Al ritorno nell’edificio “Campbell Hall” della Central Michigan University di Mount Pleasant, dove si trovano un dormitorio di sesso misto, ma anche spazi per le lezioni, una palestra, un minimarket e alcune sale studio, sarebbe nata una lite al termine della quale lo studente ha aperto il fuoco sui genitori uccidendoli.
Non appena è stata data notizia della sparatoria la polizia ha lanciato l’allarme e sono state attivate le procedure per attivare la “modalità sicura”. Il continuo ripetersi di casi analoghi ha fatto sì infatti che in tutti i luoghi pubblici come scuole, ospedali, centri commerciali e simili, esistono protocolli da adottare in caso di sparatorie: all’università studenti e personale universitario sono stati invitati a cercare riparo e all’ospedale McLaren Central Michigan è stata ordinata la chiusura di tutte le porte interne, le tende sono state tirate e non è stato consentito a nessuno di accedere agli edifici. Le autorità, inoltre, hanno diffuso una fotografia del giovane, chiedendo ai cittadini di segnalare ogni avvistamento. “Il sospetto è un 19enne nero, alto circa un metro e ottanta. Indossa jeans color senape e una felpa con cappuccio blu. Potrebbe averla tolta”, ha scritto su tweet la polizia di Mount Pleasant, dove si trova l’ateneo. Le telecamere di sicurezza hanno registrato immagini del ragazzo in fuga che è stato arrestato senza incidenti dopo poche ore di caccia all’uomo. Lo hanno riferito fonti dell’università.
Quello avvenuto in Michigan è Il 20esimo caso di sparatoria in un edificio scolastico o università dall’inizio dell’anno. Una serie di eventi che non può non richiamare l’attenzione dei media anche sul dibattito in corso. Una querelle che non riguarda solo il Congresso e I due partiti politici americani ma che comincia a interessare altri soggetti. Recentemente Delta Air Lines ha parlato dell’argomento e imprese che hanno un peso rilevante sull’economia americana (come il colosso assicurativo MetLife o la Walmart una delle maggiori imprese della grande distribuzione) hanno voluto dire la propria.
Il problema della vendita e circolazione delle armi negli USA non sembra, però, destinato a trovare una rapida conclusione: sui due piatti della bilancia pesano il volume d’affari multimiliardario a 11 zeri (vale a dire centinaia di miliardi di dollari legato alla produzione e vendita di armi da fuoco solo negli USA); sull’altro, persano le vittime dei conflitti a fuoco: oltre 38mila nel 2016 e in aumento nel 2017 (dati Centers for Desease Control and Prevention). “Il fatto che stiamo vedendo un aumento dopo un lungo periodo è preoccupante – ha detto, qualche settimana fa, Bob Anderson, capo della divisione statistica dei Cdc -. È una crescita importante per un solo anno”. Una quantità di armi che non può non avere conseguenze: nel confronto con gli altri Paesi OCSE ad alto reddito, negli USA la percentuale degli omicidi con arma da fuoco è 25 volte più alta, 49 volte più alta se parliamo di vittime al di sotto dei 24 anni (“I risultati sono stati statisticamente significativi”). A questo si aggiunge un tasso di suicidi con armi da fuoco 8 volte superiore (anche questo con trend crescente dal 2006). Secondo i ricercatori: “Circa 24 studi caso-controllo e ricerche dicono che nelle aree in cui c’è maggiore concentrazione di armi da fuoco ci sono più suicidi”. “Gli Stati Uniti, dicono i ricercatori dell’OCSE, “hanno più armi da fuoco in circolazione e leggi meno restrittive in materia rispetto agli altri Paesi avanzati e la media degli omicidi è più elevata”. E “le evidenze dicono che la disponibilità di fucili e pistole aumenta l’incidenza degli omicidi”.
Dati che, secondo alcuni, potrebbero far cambiare idea anche al presidente Donald Trump, che aveva fatto del libero commercio delle armi uno dei propri cavalli di battaglia durante la campagna elettorale, schierato apertamente a sostegno della lobby delle armi ( “Quando sarò presidente abolirò subito le gun free zone”).
Finora, pare che l’ago della bilancia non ne voglia sapere di pendere verso maggiori limitazioni sulla vendita delle armi da fuoco. Segno che il peso delle aziende produttrici di armi e armamenti conta di più della vita delle persone.