Usa. Chi vincerà la corsa per incriminare Trump: New York, Georgia o Washington?

di Domenico Maceri * –

SAN LUIS OBISPO (Usa). Il presidente Ulysses Grant fu arrestato nel 1872 per eccesso di velocità col suo calesse nelle strade di Washington D.C. Grant, 18mo presidente, era anche stato il generale che aveva condotto le forze armate dell’Unione alla vittoria nella Guerra Civile (1861-65). L’individuo che lo arrestò riconobbe di essere un semplice poliziotto, ma Grant aveva ripetutamente infranto le regole stradali della capitale. Nonostante la sua riverenza verso il presidente e eroe nella Guerra Civile, l’agente fu costretto ad ammanettarlo. Dovette pagare una cauzione, ma fu rilasciato. Richard Nixon non fu arrestato per lo scandalo del Watergate, ma nel mese di agosto del 1974 rassegnò le dimissioni evitando il probabile impeachment o forse anche l’incriminazione. Fu salvato completamente un mese dopo da Gerald Ford, il suo successore alla Casa Bianca, il quale gli concesse la grazia per qualunque possibile reato avesse commesso.
Donald Trump ha già fatto storia nel negativo, poiché ha subito due impeachment. Gli altri due presidenti che avevano subito tale provvedimento furono Andrew Jackson (1868) e Bill Clinton (1998). Nessuno dei tre fu condannato dal Senato, ma Jackson si avvicinò, salvato da un solo voto; Clinton da 5, e Trump da 3 voti. Trump però ha ancora buone possibilità di “primeggiare” fra i presidenti che sono stati beccati dalla legge. Quattro indagini potenzialmente criminali sono attualmente in corso per possibili reati commessi dal 45mo presidente. La prima a New York, guidata dal procuratore Alvin Bragg, la seconda in Georgia, sotto la guida di Fani Willis, e due a Washington, condotte dal procuratore speciale Jack Smith.
Trump aveva annunciato una decina di giorni fa che Bragg era pronto a incriminarlo senza nessuna ragione. Il procuratore di New York sta finendo le sue indagini sul pagamento di Trump alla pornostar Stormy Daniels nel 2016, quando il tycoon stava correndo per la presidenza. Trump avrebbe pagato 126mila dollari alla Daniels per mantenere il silenzio sui loro rapporti. I pagamenti furono effettuati da Michael Cohen, avvocato di Trump a quei tempi, il quale si è pentito e ha testimoniato contro il suo ex cliente. Cohen però è andato in carcere per avere commesso reati federali. Trump avrebbe tuttavia rimborsato a Cohen il denaro giustificandolo come nomali “spese legali”, ma l’ex avvocato ha già testimoniato che i rimborsi erano i soldi pagati a Daniels per mantenere il silenzio. Alcuni analisti hanno ipotizzato che delle 4 indagini in corso quella di Bragg sia la meno pericolosa per Trump. Bragg però aveva sospeso le indagini provocando le dimissioni di dei suoi avvocati che non erano d’accordo con quella decisione. Ciononostante Trump ha attaccato ferocemente il procuratore di New York, il quale ha subito una serie di intimidazioni incluso una lettera con polvere bianca e una minaccia di morte.
Il caso della Georgia sembrerebbe più facile da provare, poiché è basato in buona parte sulla registrazione di Trump del 2020 in cui l’allora presidente chiedeva a Brad Raffensperger, segretario di Stato della Georgia, di trovargli 11.780 voti per sconfiggere Joe Biden nel Peach State. Secondo le testimonianze e le informazioni presentate al Gran Giurì potrebbero essere incriminati diversi individui per interferenza alle elezioni in Georgia e potenzialmente per altri reati.
Uno dei due procedimenti in corso a Washington suggerisce un serio e ovvio pericolo per Trump. Smith, oltre ad investigare sugli incitamenti di Trump in occasione degli assalti al Campidoglio il 6 gennaio 2021, sta ultimando le indagini sui documenti top secret trovati a Mar-a-Lago, il resort in Florida dell’ex presidente. Sembra evidente che Trump avesse trasportato documenti riservati che avrebbe dovuto consegnare al National Archive. L’ex presidente invece aveva portato scatole e scatole di documenti nella sua villa considerandoli sua proprietà. Dopo molte negoziazioni i vertici del ministero di Giustizia sono stati costretti a inviare l’Fbi a perquisire la tenuta dell’ex presidente trovandovi documenti top secret, documenti di cui lui continuava ad essere in possesso nonostante avesse firmato la dichiarazione di aver consegnato tutto. In realtà le firme non furono sue, bensì di due dei suoi avvocati, i quali adesso si trovano inguaiati nella strana situazione di essersi convertiti in testimoni con possibili rischi legali.
L’altro caso guidato da Smith è molto complesso e potenzialmente più pericoloso perché include la possibile cospirazione per avere ostacolato il trasferimento del potere da un’amministrazione all’altra. Si sa che anche questo caso sta raggiungendo la conclusione, poiché un giudice ha da poco informato Mike Pence, ex vice di Trump, che dovrà testimoniare al Gran giurì.
Il cerchio sembra dunque chiudersi. I repubblicani però hanno fatto quadrato intorno a Trump difendendolo a spada tratta dalla possibile incriminazione. Lindsey Graham, senatore del North Carolina e grande sostenitore dell’ex presidente, ha stranamente dichiarato che l’incriminazione sarebbe manna dal cielo, perché garantirebbe la rielezione di Trump. Chris Christie, ex governatore del New Jersey ed ex sostenitore del 45mo presidente, ha però visto giusto asserendo che “un’incriminazione non aiuta mai nessuno”. Quale dei tre procuratori vincerà la corsa facendo storia con l’incriminazione di un ex presidente americano?.

* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.