Usa. Facebook: conta dei danni, per un gruppo che può perdere 100 miliardi ma non la faccia

di C. Alessandro Mauceri –

In attesa dell’audizione davanti alla Commissione dell’Energia e del Commercio della Camera Usa del Ceo di Facebook, è cominciata la conta dei danni subiti dal colosso dei social. E non solo i suoi.
L’11 aprile Zuckerberg dovrà chiarire il ruolo della società da lui creata e gestita nella vicenda dei dati di 50 milioni di utenti usati a scopi elettorali da Cambridge Analytica, che ha lavorato anche per la campagna elettorale di Trump. I parlamentari Greg Walden e Frank Pallone, rispettivamente presidente e membro della Commissione, hanno affermato in una dichiarazione che l’udienza “sarà un’occasione importante per far luce sulle critiche questioni sulla privacy dei dati dei consumatori e aiutare tutti gli americani a capire meglio cosa succede alle loro informazioni personali online”. Ad aggravare la sua posizione la dichiarazione con la quale il Ceo ha ammesso che per “risolvere i problemi di Facebook, ci vorranno un po’ di anni”, come ha dichiarato in un’intervista a Vox.
Zuckerberg, però, ha comunicato che non deporrà alla Commissione parlamentare britannica che indaga sul caso (pare manderà un delegato). Resta ancora da chiarire cosa risponderà all’Unione Europea che aveva concesso due settimane di tempo per chiarire alcuni dei punti oscuri della vicenda.
L’onda lunga dello scandalo ha colpito tutti i titoli tecnologici. Se era prevedibile il crollo in Borsa  dei titoli di Facebook, lo era meno quello di titoli come Twitter, che ha perso il 12,03 %, o Google che ha segnato un -4,47%, o Amazon (-3,78%). Anche alcuni colossi dell’hardware e del software hanno subito il colpo Microsoft ha perso il 4,6% e Apple il 2,56%. A Wall Street il Nasdaq ha segnato un pesante -2,9% a 7.008,65 punti e perfino il Dow Jones ha perso l’1,4%.
Il vero problema però non sono i titoli in borsa, ormai è chiaro a tutti che il valore di certi titoli può salire e scendere come su montagne russe disegnate da esperti speculatori di borsa. E nemmeno la multa che il Congresso potrebbe comminare a Zuckerberg, si parla di 14,6 milioni di dollari all’anno che moltiplicato per 51 milioni di utenti significa 744 milioni di dollari per un totale di quasi 3 miliardi di dollari: bruscolini per un’azienda che ha avuto un utile di circa 7 miliardi nell’ultimo trimestre e 15 miliardi all’anno.
La parziale ammissione di colpa di Zuckerberg, che sulla propria pagina Facebook ha dichiarato “Abbiamo fatto degli errori. C’è stata una violazione del rapporto di fiducia tra Facebook e le persone che condividono i loro dati con noi e si aspettano che noi li proteggiamo. Dobbiamo recuperare questa fiducia”, forse servirà più che altro a rabbonire i clienti ed evitare class action a catena: nella corte distrettuale di San José, in California, è arrivata la prima class action contro la società di Zuckerberg. Un effetto a catena che potrebbe avere conseguenze imprevedibili.
Ma il danno maggiore potrebbe venire dalla perdita di fiducia da parte degli iscritti a Facebook, che hanno raggiunto il numero impressionante di 2 miliardi di profili. Un danno su cui contano i concorrenti e, soprattutto, chi vorrebbe un cambio al vertice della società. Brian Acton, cofondatore di WhatsApp (comprato da Facebook nel 2014) ha detto che “È giunto il momento di andarsene” parlando di Zuckerberg. Anche Scott Stringer, che a Wall Street vanta una partecipazione in Facebook da un miliardo di dollari, la vede brutta per il futuro del Ceo: secondo lui, il consiglio di amministrazione di Facebook dovrebbe sostituire Mark Zuckerberg con un nuovo presidente per far ritrovare fiducia agli utenti. E agli azionisti. “È l’ottava azienda più grande del mondo. Hanno due miliardi di utenti. Si trovano in acque incerte e non si sono comportati in modo tale da far sentire la gente a proprio agio su Facebook” ha detto Stringer in una intervista alla Cnbc.
È questo il punto: Facebook può permettersi di perdere 100 miliardi di dollari (da quando è scoppiato lo scandalo le azioni hanno perso il 16% circa), ma non può rischiare di perdere la propria immagine. Tanto più che fino ad ora il Cda del colosso di Menlo Park, composto da uomini molto vicini a Zuckerberg, ha sempre fatto fronte comune. Ma nelle stanze del potere comincia a serpeggiare la paura che il Ceo possa fare la fine di Travis Kalanick. Non è passato molto tempo da quando Travis Kalanick, Ceo e fondatore di Uber, ha dovuto presentare le proprie dimissioni a seguito di uno scandalo che ha colpito la sua azienda.
Forse è ancora presto per capire cosa deciderà Zuckerberg e soprattutto cosa accadrà dopo la sua deposizione alla Commissione del Congresso. Ma, di sicuro, dopo questo scandalo è venuta meno la sicurezza (anche in Borsa) che aveva dato la presenza di un uomo solo al comando: Zuckerberg non è solo presidente e Ceo di Facebook ma anche azionista di controllo.