Usa. Russiagate: Mueller vuole vedere chiaro sulle transazioni del genero di Trump, Jared Kushner

di Enrico Oliari –

Al centro dell’attenzione del procuratore speciale Robert Mueller c’è ancora una volta il genero di Donald Trump, Jared Kushner, il quale è anche consigliere del presidente.
Fino ad oggi Mueller aveva indagato sui contatti di Kushner con l’ex consigliere Michael Flynn, da subito silurato per aver promesso (in cambio di cosa?) all’ambasciatore russo a Washington Sergey I. Kislyak l’eliminazione delle sanzioni al suo paese, ma oggi il procuratore speciale ha voluto vederci chiaro sugli affari del genero di Trump, ovvero sui capitali attratti dalla sua azienda immobiliare, la Kushner Companies, provenienti dalla Russia e dalla Cina. Lo ha riportato la Cnn, parlando tuttavia di circostanze ancora non chiare.
Tutto ruota sul Russiagate, ovvero sul fatto che hacker russi avevano improvvisamente divulgato in piena campagna elettorale oltre 20mila email del partito democratico che avevano portato alla luce un’operazione del comitato centrale, che avrebbe dovuto essere neutrale, volta a screditare il candidato alle primarie Bernie Sanders a vantaggio dell’ex segretario di Stato.
Cosa ebbero in cambio o cosa fu promesso ai russi in cambio del loro intervento? Quali contatti ebbero gli uomini del presidente prima e dopo la sua elezione alla Casa Bianca?
Solo pochi giorni fa il ministero americano della Giustizia ha accusato tredici cittadini russi e tre imprese d’ingerenza nella campagna presidenziale del 2016, ma le indagini, che ad extremis potrebbero portare all’impeachment di Trump, continuano e sul presidente continua a pendere la spada di Damocle.
Oltre a Kushner e Flynn, che ha confessato al procuratore speciale Robert Mueller di aver ricevuto dal genero di Donald Trump l’ordine di prendere contatto con i russi, gli altri nomi sono quelli

– del ministro della Giustizia Jeff Sessions, il quale anche in gennaio è stato riascoltato dalla stessa commissione senatoriale dove ancora una volta ha negato sotto giuramento di avere avuto rapporti con i russi durante la campagna elettorale, mentre l’Fbi continua a dirsi certa di avere le prove di almeno tre incontri dell’Attorney General con l’ambasciatore russo Kislyak;

– del consigliere politico del presidente e figura di primissimo piano alla Casa Bianca Stephen Miller, il quale è stato interrogato da Mueller in merito al siluramento del 9 maggio 2017 del capo dell’Fbi James Comey, che stava indagando proprio sulla collaborazione dello staff del presidente con i russi;

– di Paul Manafort, ex manager della campagna elettorale di Donald Trump ma risultato essere stato sul libro paga del partito filorusso dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich (consulenze per 12,7 milioni di dollari) e per un affare da 18 milioni di dollari inerente la vendita di partecipazioni della tv via cavo ucraina a una società creata in partnership tra lo stesso Manafort e un oligarca russo, Oleg Deripaska, vicino al presidente russo Vladimir Putin;

– di Rick Gates, uomo d’affari vicinissimo a Trump ma che ha svolto attività in Ucraina e Russia depositando i proventi in conti offshore; Manafort è stato ufficialmente accusato di cospirazione contro gli Stati Uniti, oltre che per altri 11 reati tra cui il riciclaggio ed evasione.

– dell’ex capo stratega della Casa Bianca, Steve Bannon, il quale ha definito in una dichiarazione sul nuovo libro di Michael Wolff “sovversivo” e “antipatriottico” l’incontro tra il figlio di Trump, Donald jr., e un gruppo di russi avvenuto durante la campagna elettorale del 2016 alla Trump Tower;

– di Donald Trump Jr., il quale avrebbe ha incontrato il 9 giugno 2016 l’avvocata russa Natalia Veselnitskaya, considerata vicina al Cremlino, per ottenere informazioni utili a screditare in campagna elettorale la concorrente Clinton. Erano addirittura “avidi” di informazioni, ha detto Veselnitskaya in un’intervista alla Nbc.

Di mezzo ci stanno congetture e fatti, illazioni e misfatti, un nodo difficile da sciogliere per Mueller, con Trump senior che vorrebbe sostituirlo, se non fosse questa un’implicita ammissione di colpevolezza.
Intanto Clinton sta aspettando che le cose siano chiare e sta affilando gli artigli, tanto che in settembre ha dichiarato che “Non escludo l’ipotesi di contestare la legittimità della vittoria di Trump nel 2016”.